Salvatore racconta dei disagi, logistici, emotivi e fisici, sobbarcati per ben 38 giorni: «Ci si rassegna e si aspetta l'ora di andare al cimitero». La speranza è che aprano un reparto nelle strutture della Piana
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Per una persona affetta da cancro, il percorso di cura può essere già un percorso difficile e doloroso. Quando, però, i servizi sanitari più vicini non sono disponibili, questa sfida si complica ulteriormente, portando a difficoltà logistiche, emotive e fisiche.
Un uomo di Gioia Tauro, Salvatore, di 76 anni, malato oncologico, lamenta i disagi che deve affrontare quotidianamente, per spostarsi da casa fino a raggiungere l’ospedale Riuniti di Reggio Calabria, per sottoporsi a radioterapia. Un viaggio di 55 km, in condizioni di stanchezza e stress.
Uno spostamento che va organizzato ogni giorno, con spese costose e che può comportare anche ulteriori rischi per la salute, aggravando la condizione già fragile di una persona costretta a lasciarsi alle spalle comfort e il supporto della famiglia e degli amici. L’ansia per il progredire della malattia e le difficoltà logistiche si uniscono in un quadro di grande logorio emotivo e fisico. Ciò accade in un territorio, come la Piana di Gioia Tauro, con una popolazione di circa 170mila abitanti, dove molte famiglie, purtroppo, sono attanagliate da questo maledetto male e devono affrontare cure oncologiche.
«Ho un tumore alla prostata e devo andare obbligatoriamente a Reggio Calabria perché qui vicino, nella Piana di Gioia Tauro, non ci sono le strutture – testimonia Salvatore -. Tutte le volte, devo andare lì. Lo devo fare per 38 giorni, per sottopormi a sedute di radioterapia. Se non ci fosse mia figlia ad accompagnarmi, se io non avessi il modo per raggiungere l'ospedale, sarei lasciato morire. Ci si rassegna e si aspetta l'ora di andare al cimitero. Siamo in tantissimi che da qui, tutti i giorni, ci rechiamo fin lì. Quando siamo in ospedale, ci riconosciamo tutti. Per una terapia che dura 10 minuti, è più il disagio per andare a venire, poiché ci vuole un'ora e mezza. E lo si deve fare ugualmente sia con il maltempo, con pioggia e temporali, sia in estate con il caldo soffocante. Questo si aggiunge ai problemi della malattia e agli effetti delle medicine. Quando una persona non sta bene, sono problemi enormi. Speriamo che anche qui in zona faranno qualche reparto. Alleggerirebbe di troppi pesi, e aggiungo anche che semplificherebbe il lavoro dei dottori che, seppur bravissimi, devono gestire turni sfiancanti».


