Nella provincia vibonese il maggior numero di calabresi sottoposti a dialisi rispetto alla popolazione. Pasquale Scarmozzino illustra gli esiti del confronto con il commissario Tomao e il direttore sanitario Lazzaro: «Ecco cosa abbiamo chiesto»
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«È stato un confronto aperto e costruttivo che ci ha consentito di mettere in luce mette in luce criticità profonde verso la soluzione delle quali l’Asp di Vibo ha assicurato il suo impegno». È soddisfatto Pasquale Scarmozzino, coordinatore per la prevenzione dell’Associazione nazionale emodializzati (Aned) e delegato della Regione Calabria per i trapianti, che insieme alla segretaria regionale dell’associazione, Maria Larosa, ha incontrato ieri il commissario straordinario dell’Asp di Vibo Valentia, Gianfranco Tomao, e il direttore sanitario Ilario Lazzaro.
Scopo dell’incontro era quello di fare il punto sulla situazione della dialisi nel Vibonese e individuare soluzioni concrete alle problematiche che da anni penalizzano pazienti e operatori.
Le tre priorità da affrontare
«Le problematiche principali sono tre – spiega Scarmozzino a Il Vibonese –: il trasporto dei pazienti, la carenza di personale nei centri dialisi e la totale assenza di segnalazioni per i trapianti da parte dello Spoke di Vibo».
Sul fronte trasporti, Aned denuncia che un’unica associazione di volontariato non può garantire in modo efficiente un territorio complesso come quello vibonese, caratterizzato da pianure, zone montane e aree costiere.
Il secondo punto riguarda la grave carenza di personale medico e infermieristico e l’assenza di un vero coordinamento tra i quattro centri dialisi del Vibonese – Vibo Valentia, Serra San Bruno, Tropea e Nicotera – una lacuna che si trascina, spiega Scarmozzino, «da quando nel 2015 è andato via il precedente direttore».
Infine, il terzo nodo critico è l’assenza di segnalazioni per la donazione di organi. «È un’anomalia che a Vibo, e in generale in Calabria, non vengano segnalati potenziali donatori – sottolinea il rappresentante Aned –. Non è solo una questione culturale, ma anche organizzativa: serve un coordinamento ospedaliero efficiente. La donazione di organi è l’unica vera medicina per chi vive in dialisi».
«A Serra serve un nefrologo fisso. E a Tropea si rischia un vuoto con i pensionamenti»
La riunione ha consentito di mettere a fuoco anche le problematiche che riguardano nello specifico Serra San Bruno (dove recentemente i pazienti in dialisi hanno protestato con un sit-in davanti all’ospedale) e Tropea.
«A Serra San Bruno – evidenzia Scarmozzino – serve un nefrologo fisso. Non è accettabile che i malati vedano alternarsi ogni giorno un medico diverso: questo disorienta e mina l’aderenza alle cure».
A Tropea, invece, la situazione rischia di peggiorare con i prossimi pensionamenti che potrebbero determinare anche il fermo della struttura semplice di dialisi presente. Un’ipotesi che il rappresentante dell’Aned non vuole neppure prendere in considerazione. «No, no. Non si chiuderà nulla. Se solo venisse ventilata un’ipotesi simile andiamo con i carrarmati. Ma occorre intervenire subito per evitare vuoti di organico».
Scarmozzino ricorda, inoltre, che i centri dialisi non sono tutti uguali: «A Nicotera dove non c’è l’ospedale, il centro dialisi ha funzioni limitate e può accogliere solo pazienti con patologia renale semplice. Mentre Vibo, Tropea e Serra gestiscono anche malati complessi, con insufficienze cardiache o respiratorie. È necessario mettere ordine e definire le competenze di ciascun centro».
«In Calabria Vibo ha il rapporto peggiore tra dializzati e popolazione»
Il rappresentante Aned fotografa una realtà allarmante: «Nel Vibonese si registra il peggior rapporto della Calabria tra dializzati e popolazione: un malato ogni 1.050 abitanti, contro una media regionale di 1 ogni 1.500. Questo dato riflette anni di disorganizzazione e mancanza di prevenzione».
I rappresentanti dell’associazione, come accennato, hanno comunque apprezzato la disponibilità dei vertici sanitari: «Il commissario e il direttore sanitario hanno dimostrato sensibilità e consapevolezza dell’urgenza di intervenire. Ora spetta a loro trovare le soluzioni per reperire personale e rafforzare i servizi.
«Oggi - conclude - servono soluzioni strutturali, non emergenziali. Non possiamo continuare a vivere di supplenze, contratti a tempo determinato e medici che cambiano di giorno in giorno».


