La dottoressa Meriann Belcastro racconta l’andamento della campagna vaccinale e l’importanza di non trascurare certi sintomi. E lancia un appello alla responsabilità per la serenità di tutti
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La campagna vaccinale, il ruolo dei medici di famiglia, la burocrazia. Ne parliamo con Meriann Belcastro, medico di famiglia a San Giovanni in Fiore.
Dottoressa, come sta andando quest’anno la campagna di vaccinazione antinfluenzale? Si registra una buona adesione da parte dei pazienti?
«La campagna vaccinale contro l’influenza stagionale è iniziata da pochi giorni e l’adesione è, al momento, parificabile a quella degli anni scorsi, anche se, come ogni anno, i pazienti preferiscono eseguirla da novembre nella speranza di prolungare l’effetto protettivo del vaccino per tutta la stagione invernale».
E per quanto riguarda il vaccino contro il Covid, dopo il calo di attenzione degli ultimi mesi, c’è ancora interesse oppure prevale la stanchezza e la diffidenza?
«Riguardo alla vaccinazione contro il Covid, l’interesse è decisamente calato. La smania di essere vaccinati per proteggersi e difendersi da questo virus ha lasciato ora spazio alla diffidenza e, in molti, anche alla paura che alcune manifestazioni patologiche potessero costituire l’esito della vaccinazione stessa, pur non essendoci prove scientifiche in merito».
Si parla di un’influenza particolarmente aggressiva quest’anno. Quali sono le caratteristiche del virus e quali categorie di persone devono prestare maggiore attenzione?
«Allo stato attuale non ci sono dati certi che attestino una maggiore aggressività dell’influenza in arrivo per questa stagione invernale. Ovviamente l’aggressività è sempre correlata allo stato clinico del paziente. I soggetti fragili sono sempre maggiormente esposti non solo al rischio di contagio ma anche alle complicanze ad esso correlate. Si consideri che, dopo il prolungato uso delle mascherine e il relativo isolamento sociale, il sistema immunitario ha subito un importante declino delle capacità difensive in tutti e, a maggior ragione, nei soggetti fragili. Pertanto è importante che soprattutto questi vengano sottoposti alla vaccinazione antinfluenzale, così come tutti coloro che, per lavoro o vita sociale, siano maggiormente esposti al contagio. Le caratteristiche di questa influenza corrispondono allo standard dei virus influenzali: tosse, febbre, dolori osteoarticolari e rinite. Le complicanze, quali bronchiti e polmoniti, sono soprattutto legate alla tempestività e all’efficacia della cura e, ripeto, alla fragilità del soggetto.»
C’è il rischio concreto che i pronto soccorso si intasino nei mesi invernali per i casi di influenza e di Covid? Come si può evitare che ciò accada?
«Come ogni anno, il rischio è che i pronto soccorso si intasino soprattutto durante il picco dell’influenza, non perché questa o la precedente siano molto diverse dalle altre, ma perché spesso i sintomi vengono trascurati all’inizio e curati con il “fai da te”, senza consultare il proprio medico. Nella maggior parte dei casi, e questo capita soprattutto ai giovani, si esce con la febbre o si fa sport con la tosse. Questi atteggiamenti di noncuranza possono purtroppo provocare complicanze, a volte gravi. Il mio invito è di rivolgersi all’ospedale solo in casi di reale pericolosità, la cui entità consiglio di discutere prima con il proprio medico che, dopo un’accurata visita, valuterà se è realmente necessario l’invio in ospedale. Consiglio quindi, già dai primi sintomi, di consultare il proprio medico, seguirne con diligenza le indicazioni terapeutiche e stare sereni, possibilmente al caldo di casa. Niente panico, ma serena razionalità».
Quali consigli pratici dà ai suoi pazienti per prevenire complicazioni o per gestire a casa i sintomi influenzali senza allarmarsi inutilmente?
«Ai miei pazienti consiglio ciò che ho appena descritto: di chiamarmi già dai primi sintomi, di venire in studio per essere visitati e di seguire la terapia indicata. Suggerisco di seguire un’alimentazione corretta, così da arrivare alla stagione invernale con il sistema immunitario pronto ad affrontarla. Sconsiglio il “fai da te” e, soprattutto, l’uso improprio degli antibiotici: è importante ricordare che l’influenza è causata da un virus e non necessita di antibiotici, se non in caso di reali complicanze, che devono essere valutate solo dal medico. L’uso eccessivo e superficiale di antibiotici è un problema serio: negli ultimi anni si è registrato un preoccupante aumento dell’antibiotico-resistenza, soprattutto nei bambini, proprio perché a ogni minimo disturbo simil-influenzale, o per una semplice puntura d’insetto, si ricorre subito all’antibiotico. Questa superficialità e l’inutile allarmismo hanno spesso conseguenze gravissime».
Parliamo del ruolo del medico di famiglia. Oggi molti cittadini lamentano una certa distanza: si dice che i medici non visitano più, che si limitano a prescrivere esami o inviare in pronto soccorso. Cosa risponde a queste critiche?
«Personalmente non sento assolutamente mia questa critica. Svolgo da sempre questa professione come una missione, e i miei pazienti sono per me familiari da amare, accudire e proteggere. Il giuramento che facciamo è sacro e ho con loro un rapporto che definirei reciprocamente speciale, fatto di affetto, stima e comprensione. Posso però confermare che questa critica non possa essere rivolta nemmeno alla maggioranza dei miei colleghi e, mi creda, non lo dico per difendere la categoria alla quale mi onoro di appartenere».
Non è facile fare il medico di famiglia.
«La nostra è una missione difficile da svolgere, soprattutto in alcuni contesti dove il medico di famiglia diventa il riferimento unico della sanità e dove, mi creda, restare sempre lucidi e sorridenti diventa davvero faticoso. Siamo esseri umani anche noi: questo spesso lo si dimentica, e a volte veniamo considerati come macchine a resistenza illimitata, dotate di pulsanti da premere a comando, senza limiti di orario o di tempo. Ora siamo sottoposti a doveri burocratici infiniti, note ministeriali, limiti prescrittivi e molto altro. Tutto ciò può mettere a dura prova il reale intento e il ruolo del medico di famiglia. Spesso veniamo considerati “omnia”, e dare la risposta giusta è dovuto e obbligato: questo purtroppo può portare a disguidi e, soprattutto, a un sovraccarico di ansia da prestazione che in alcuni colleghi provoca seri disagi fisici e psicologici. Così come, purtroppo, anche i pazienti, spesso gravati da carichi psicologici o familiari, perdono lucidità e serenità, e vorrebbero – giustamente – trovare il medico sempre pronto e sorridente».
Molte volte, però, il medico è a sua volta schiacciato dal sovraccarico burocratico e dai ritmi pressanti, non avendo spesso l’energia per sorridere.
«Io ritengo da sempre che, se ci si mettesse ognuno nei panni degli altri, se davvero applicassimo il principio del “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”, vivremmo tutti più serenamente. Consideri che per il medico di famiglia non sono previste ferie né permessi per malattia, a meno che il medico stesso non trovi da sé un sostituto, cosa che in alcuni contesti è quasi impossibile. Personalmente vivo in una realtà ben strutturata da questo punto di vista: a San Giovanni in Fiore esiste una struttura, l’Aggregazione Funzionale Territoriale (AFT) dei medici di medicina generale, in cui i medici di famiglia, con prestazioni aggiuntive rispetto al loro normale orario di studio, garantiscono la presenza per cinque giorni alla settimana, con turni dalle 8 alle 20, per il trattamento dei codici bianchi».
Quanto incide la burocrazia sul tempo che può dedicare realmente alla cura e all’ascolto dei suoi assistiti?
«Come ho appena detto, il carico burocratico è davvero enorme e aumenta sempre di più; con esso crescono anche le responsabilità e lo stress da prestazione. Ma la cosa più complicata non è solo la gestione di questo carico, bensì far comprendere ai pazienti — spesso ignari — che l’impossibilità di accontentarli non dipende dai medici ma dalle normative vigenti, sempre più restrittive, alle quali siamo sottoposti. Mi creda, a volte è davvero difficile. Tutto questo toglie energie e tempo prezioso che potremmo e dovremmo dedicare esclusivamente all’ascolto e alla cura. Io, personalmente, cerco di dedicare più tempo possibile alla visita e all’ascolto, rinviando alla fine della giornata lavorativa in studio le questioni burocratiche, sacrificando così il tempo destinato ad altre attività della vita».
Qual è, secondo lei, il ruolo che il medico di famiglia dovrebbe tornare ad avere nel sistema sanitario italiano?
«Il ruolo del medico di famiglia dovrebbe essere essenzialmente quello di ascoltare, visitare, curare e rassicurare, evitando così che il paziente sia costretto a recarsi in ospedale anche per una semplice tosse. Il medico di famiglia dovrebbe tornare ad avere il tempo per dedicarsi ai pazienti, come facevano i medici di un tempo».
In conclusione, che appello farebbe ai cittadini in vista dell’inverno che si preannuncia complesso per la salute pubblica?
«Invito i cittadini a non andare nel panico, a nutrirsi e coprirsi adeguatamente, a non trascurare i primi sintomi e, soprattutto, a non affidarsi al “fai da te” o al sentito dire, ma a fidarsi dei propri medici di famiglia. È inutile correre in ospedale per un giorno di febbre in più o per un colpo di tosse più forte. Ricordate che il tempo sottratto a un medico del pronto soccorso per auscultare un colpo di tosse è tempo tolto a una reale urgenza».

