Ore concitate per la formazione del nuovo esecutivo regionale. Tra rivalità interne e pressioni politiche, il rischio è un governo nato dai compromessi. Un film già visto in cui competenza e visione rischiano di essere sacrificate sull’altare degli equilibri interni
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Ultime ore per la formazione della nuova giunta regionale della Calabria. Ore concitate, convulse, cariche di tensione, ma tutto come sempre, quando si tratta di distribuire il potere. I telefoni sono bollenti, i rappresentanti dei partiti si chiudono in riunioni fiume, le pressioni arrivano da Roma e dai territori. Ma soprattutto cresce il nervosismo del presidente Roberto Occhiuto, che si trova a gestire una delle fasi più delicate del suo secondo mandato. E che probabilmente ha fatto un primo grave errore: cedere alle trattative infinite. Avrebbe potuto e dovuto scegliere immediatamente e da solo, come la legge prevede. Invece non l’ha fatto e ora si trova impantanato in estenuanti, lunghissime, bollenti riunioni.
La composizione della giunta, in Calabria come altrove, non è mai un’operazione semplice. È il frutto di trattative lunghe, faticose, logoranti: un equilibrio fragile tra partiti e correnti interne, tra territori e sensibilità politiche. Ma questa volta la tensione è salita oltre i livelli di guardia. I nomi entrano ed escono, si alternano, vengono bruciati e ripescati in un giro vorticoso. Ogni scelta pesa, ogni esclusione lascia ferite. E, come spesso accade, la competenza, quella parola dimenticata, resta sullo sfondo, lontana dal cuore delle decisioni.
Perché il nodo vero è il potere. Da un assessorato dipendono fondi, nomine, incarichi, strategie politiche e territoriali. Gestire un dipartimento regionale significa orientare milioni di euro, decidere su infrastrutture, sanità, ambiente, sviluppo. E per questo la battaglia si fa feroce.
Occhiuto, raccontano fonti vicine alla maggioranza, è irritato e preoccupato. Ritiene che le trattative si siano trascinate troppo, che avrebbe dovuto chiudere la partita subito dopo la proclamazione degli eletti e che per rispetto dei partiti non lo ha fatto. “Più passano i giorni, più le pressioni aumentano e tutto si complica”, avrebbe confidato a chi lo ha sentito. Non è escluso che, alla fine, possa decidere di fare di testa sua, varando una squadra del tutto “personale”, assumendosi interamente la responsabilità politica delle scelte.
Le tensioni maggiori attraversano Forza Italia, il partito del presidente, diviso tra vecchi equilibri e nuove ambizioni. Ma non è da meno Fratelli d’Italia, dove le anime interne faticano a convergere e a ritrovarsi sulle scelte. La Lega chiede spazio e riconoscimenti per la sua presenza territoriale, mentre Noi Moderati rivendica il proprio peso politico nella coalizione. E poi c’è la lista del presidente, con i suoi fedelissimi da ricompensare.
Sullo sfondo, altre partite decisive: la Presidenza del Consiglio regionale, le vicepresidenze, le presidenze delle commissioni. E ancora le quote rosa da rispettare e il fragile equilibrio territoriale tra le province da garantire. Tutti tasselli di un puzzle che, a oggi, sembra impossibile da completare.
La verità è che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la Calabria sta assistendo all’ennesimo copione già visto. Una lunga, estenuante guerra di posizione in cui l’interesse collettivo si dissolve tra rivalità, personalismi e giochi di potere.
Scegliere un assessore dovrebbe significare scegliere competenza, visione, capacità di governo. Ma, come spesso accade, le logiche politiche e di corrente vengono prima di tutto.
E così, anche stavolta, la nuova giunta rischia di nascere figlia delle convenienze e dei compromessi, più che di un progetto di governo per una regione che avrebbe bisogno, invece, di un salto di qualità vero.
Un film già visto. Ma che, purtroppo, continua a essere sempre lo stesso.



