Il segretario della Uil commenta gli ultimi dati resi noti da Agenas. «I piani di fabbisogno 2025 sono fermi in attesa di approvazione, senza una assistenza territoriale adeguata il sistema è destinato a fallire»
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«Il recente report Agenas per quanto concerne i servizi di emergenza-urgenza, evidenzia che in 41 aziende sanitarie locali italiane i tempi medi di arrivo delle ambulanze superano i 20 minuti». A dirlo è il segretario generale dalla Uilfpl Calabria, Walter Bloise.
«Una dato diffuso che riguarda non solo le grandi città, ma anche aree interne e territori periferici. Il quadro d'analisi si incrocia con quello dei pronto soccorso sovraffollati, con attese dei pazienti in molti casi di diverse ore prima delle cure. Le ambulanze arrivano in ospedale, ma restano ferme per molto tempo perché non ci sono posti letto disponibili nei reparti. Il personale del mezzo non può liberarsi e tornare operativo, e l’intero sistema a volte va in sofferenza.
Secondo i dati di Agenas il sistema dell’emergenza-urgenza italiano è in sofferenza strutturale. Non è solo un problema calabrese. Spesso non si tratta di episodi in singole regioni ma di un problema sistemico. Ci chiediamo - sottolinea il segretario generale della UilFpl Calabria – se lo Stato e le Regioni siamo ancora in grado garantire con efficienza il diritto alla salute attraverso l’accesso tempestivo alle cure».
In particolare, in Calabria a parere del segretario generale della UilFpl Walter Bloise una parte del sovraffollamento dei pronto soccorso «deriva dal fatto che la medicina territoriale non riesce ad assorbire la domanda di assistenza. Pochi i passi in avanti. Pochi medici di famiglia spesso sovraccarichi, continuità assistenziale insufficiente, guardie mediche in crisi, difficoltà di accesso agli ambulatori spingono i cittadini a rivolgersi direttamente all’emergenza.
Il risultato è che i pronto soccorso vengono utilizzati anche per problemi che potrebbero essere gestiti sul territorio, aumentando la pressione sul sistema. Negli ultimi anni sono stati annunciati diversi interventi:
• Potenziamento della medicina territoriale con le case di comunità;
• Assunzioni straordinarie di personale;
• Costruzione dei nuovi ospedali.
Tuttavia, i tempi di realizzazione sono lenti, troppo lenti, mentre le criticità sono immediate. Molte strutture operano in condizioni di emergenza permanente e la spesa dei fondi Pnrr in sanità continua ad andare a rilento. A questo si aggiungono la crescente difficoltà a reperire infermieri e medici; carichi di lavoro elevatissimi e retribuzioni spesso non adeguate che rendono la professione poco attrattiva; un rinnovo contrattuale 2022-2024 che con le prime buste paghe ha già mostrato la velleità degli aumenti e degli arretrati con una continua e crescente insoddisfazione degli operatori e una crisi motivazionale diffusa del personale che abbandona il servizio sanitario nazionale.
In Calabria non basta che la seconda tranche di assunzioni nel 2024 in sanità ha complessivamente autorizzato il reclutamento di 861 unità di personale e che dal 2022 al 2025 la sola Asp di Reggio Calabria ha assunto 1.334 dipendenti, con un saldo positivo di 554 professionisti e l’ingresso di 36 specialisti ambulatoriali. Per il 2025 tutti piani di fabbisogno presentati sono fermi in attesa di approvazione con le aziende bloccate dal punto di vista assunzionale in continuo affanno.
Se non si struttura una assistenza territoriale adeguata il sistema è destinato a fallire e gli sforzi immani dei validi operatori del 118 resteranno vani. Ridiamo il giusto ruolo – continua il segretario generale Uil Fpl Calabria Bloise – al medico di base per i disturbi non urgenti, investiamo nelle guardie mediche, lavoriamo con caparbietà ad un programma straordinario di assunzioni.
I livelli essenziali di assistenza (LEA), indicatore che misura la capacità di garantire prestazioni sanitarie uniformi sul territorio nazionale, in Calabria raggiungono la sufficienza in due aree su tre, quella ospedaliera e quella della prevenzione, ma sono abbondantemente sotto soglia per quanto riguarda l’assistenza distrettuale.
Parallelamente, i 20 ospedali di comunità previsti dal Pnrr restano fermi, mentre delle 61 case di comunità solo poche risultano operative - conclude Bloise – è giunto il tempo di un cambio di rotta. Lo richiedono le persone, la salute non può più aspettare».

