L’intervista

Il regista Gagliardi torna su Sky con la seconda stagione de “Il Re” e si prepara a dirigere in Calabria un doc su De Seta

Si riaccendono i riflettori sul carcere San Michele per un nuovo atto del fortunato prison drama che vede dietro la macchina da presa il filmmaker cosentino 

di Alessia Principe
11 aprile 2024
20:00

Un re senza più un trono, le pareti di un carcere che diventano sempre più strette, ombre che si allungano sulle vite di chi ha perso la libertà quando credeva di avere un potere inossidabile tra le mani. La seconda stagione della fortunata serie Sky “Il Re” è pronta al debutto. La prima puntata andrà in onda domani sera (12 aprile), a distanza di due anni da quel colpo di scena che ha lasciato gli appassionati col fiato sospeso. Bruno Testori (Luca Zingaretti) da sovrano incontrastato del carcere San Michele, è diventato prigioniero. Una sorta di legge del contrappasso a cui l'ex direttore del carcere, tenterà di opporsi. 

Alla macchina da presa troviamo ancora una volta il regista calabrese, originario di Saracena, Giuseppe Gagliardi, che torna sul luogo dei delitti e delle pene, per raccontare attraverso il suo occhio una storia che è arrivata lontano, in ben settanta Paesi, cosa assai rara per una produzione italiana. La sceneggiatura porta la firma di Stefano Bises, Peppe Fiore, Bernardo Pellegrini, Davide Serino, Alessandro Fabbri, Federico Gnesini mentre la produzione è di Sky Studios con Lorenzo Mieli per The Apartment e con Wildside, entrambe società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Zocotoco. Nel cast (che vede anche Peppe Voltarelli nel ruolo di una guardia) vedremo anche Fabrizio Ferracane, Thomas Trabacchi, Caterina Shulha e Stefano Dionisi. 


Gagliardi, come dicono gli americani quando riannodano i fili: previously...
«Al San Michele ora c'è un trono vuoto e un re “dimezzato”. Naturalmente Testori non è un tipo che si lascia mettere da parte facilmente e in questa seconda stagione lotterà per riprendere il posto che crede di meritare».

Testori ha sempre camminato sul bordo della legalità. Fronteggiare un nuovo avversario lo porterà verso il lato oscuro della forza definitivamente o, al contrario, trasformerà le sue ombre in luci?
«Lui è sempre stato fedele a una sua idea di giustizia: non è un cattivo, ma di certo non è un angelo. Ora deve tirarsi fuori dai guai e avrà a che fare con un ambiguo rappresentante dei servizi segreti che lo libererà in cambio di un favore».

Il confine tra bene e male continua a essere molto sfumato.
«Abbiamo giocato sull’ambiguità. Non è detto che un personaggio che all’apparenza sembra un villain lo sia davvero. Credo sia una strada narrativa molto interessante perché mira a insinuare nello spettatore il tarlo del dubbio continuamente».

Queste nuove dinamiche, a quanto pare, si ripercuotono anche sul visual della serie che diventa ancora più cupo.
«Sì, le atmosfere saranno ancora più claustrofobiche perché ci addentreremo nei meandri più nascosti del San Michele, in un mondo di sotto che rappresenta, anche esteticamente, l'ambivalenza dei personaggi che si muovono nella semioscurità. Questo è stato possibile grazie al gran lavoro del grande direttore della fotografia, Carlo Rinaldi, che è riuscito a esasperare a meraviglia i chiaroscuri per tratteggiare un’immagine dei personaggi che riflettesse il loro turbamento interiore. Tutto è funzionale alla storia, non si tratta solo di una scelta squisitamente estetica o fine a sé stessa».

Insomma ha sviluppato una passione per i toni dark.
«Beh, il "genere" per un regista è sempre divertente da realizzare. Non nascondo che dopo tanto buio ora mi piacerebbe realizzare qualcosa di luminoso (ride n.d.r)».

Magari in Calabria…
«Tornerò in Calabria molto presto. La Film Commission mi ha coinvolto in un progetto molto bello: un documentario dedicato a Vittorio De Seta in cui non vedo l'ora di tuffarmi».

Passare dal testo alle immagini è un lavoro d’artigianato, quasi mai definitivo.
«C’è una rara intervista in cui Kubrick dice: “Trascorro anni a scrivere una sceneggiatura, poi quando arrivo sul set e sento le battute che ho scritto, vorrei suicidarmi”».

Per citare una massima del poker, ma riferita alla sceneggiatura: mai innamorarsi delle proprie carte. Una battuta efficace sulla carta, può non esserlo dal vivo.
«Lavorare con il comparto scrittura è fondamentale per la resa efficace sullo schermo. Devo dire che Sky ci concede sempre grande fiducia, libertà creativa e attenzione, e questo è davvero importante. In un momento in cui c’è una bulimia di produzioni in tutto il mondo, dare la giusta cura alla parte autoriale premia. Premia sempre».

 

Giornalista
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