A 92 anni la maggior parte delle persone si limita a una passeggiata lenta, magari appoggiandosi a un bastone. Emma Mazzenga no. Lei prende la pista, si mette ai blocchi di partenza e scatta. È un fulmine grigio che lascia tutti a bocca aperta. E non solo gli spettatori delle gare di atletica master, ma anche gli scienziati, che da tempo hanno deciso di studiarla come un caso unico al mondo.

Emma Mazzenga, padovana, ha scritto pagine memorabili dello sport over 80 e oltre. Il suo palmarès parla chiaro: undici titoli mondiali, 31 europei e 115 italiani. Numeri che potrebbero già bastare per inserirla nella leggenda, ma la vera notizia è un’altra: il suo corpo sfida la biologia. I medici che l’hanno analizzata raccontano che le sue fibre muscolari ricordano quelle di una settantenne in perfetta salute, mentre il suo flusso sanguigno è paragonabile a quello di una ventenne.

Il Washington Post le ha dedicato un ampio servizio, spiegando che Emma rappresenta una speranza per chi studia l’invecchiamento. Per Marta Colosio, ricercatrice della Marquette University di Milwaukee, la funzione mitocondriale della campionessa «è eccezionalmente ben conservata» e suggerisce una resistenza all’età che sembra quasi un superpotere. «La sua comunicazione tra cervello, nervi e muscoli è quella che normalmente si osserva in persone molto più giovani», conferma Chris Sundberg, tra gli scienziati che stanno seguendo il caso.

Ma da dove arriva questa energia inesauribile? La risposta sta in una combinazione di fattori: genetica, certo, ma soprattutto stile di vita. Emma ha iniziato a correre da ragazza, a 19 anni, poi ha messo da parte l’atletica per laurearsi in chimica e lavorare come insegnante. Ma non ha mai smesso di muoversi. La svolta è arrivata a 53 anni, quando ha deciso di tornare in pista. Da allora non si è più fermata: allenamenti costanti, gare internazionali e, soprattutto, un approccio alla vita che non conosce sedentarietà.

Negli ultimi anni ha infranto record su record. Nella sua categoria di età detiene quattro primati mondiali e ha migliorato due volte il record dei 200 metri in poche stagioni. Risultati che per un’atleta giovane sarebbero eccezionali, per una donna di 92 anni sono semplicemente incredibili.

Il segreto, racconta lei stessa, è semplice: «Non bisogna mai passare un giorno senza muoversi». Il movimento come regola di vita, non come eccezione. E a tavola nessuna alchimia da laboratorio, solo alimenti genuini: pasta, riso, pesce, carne e verdure. «E un mezzo bicchiere di vino, che non guasta mai», aggiunge con un sorriso.

La sua filosofia è che l’attività fisica non debba essere per forza agonistica: basta non arrendersi alla sedentarietà. «Non tutti devono fare sport a livello competitivo – spiega – ma ognuno deve trovare un modo per tenere il corpo in movimento». È questo l’insegnamento che Emma porta nelle scuole, nelle interviste e persino negli studi medici, dove oggi il suo organismo è diventato materiale prezioso di ricerca.

Gli studiosi vogliono capire perché Emma resista così bene all’invecchiamento muscolare. Analizzano i suoi mitocondri, osservano come i nervi comunicano con i muscoli, cercano indizi genetici. Quello che emerge è che l’attività fisica costante, se protratta per decenni, può rallentare davvero il declino. Emma è la dimostrazione vivente che l’età non è una condanna, ma una sfida.

La sua storia affascina anche perché non è quella di una professionista che ha dedicato tutta la vita allo sport, ma di una donna che ha lavorato, insegnato, cresciuto una famiglia e poi, a metà del cammino, ha ritrovato la pista. Una “seconda giovinezza” che le ha regalato gloria e record.

Emma corre leggera, ma lascia tracce profonde. Perché dietro ogni suo sprint c’è un messaggio universale: non esistono limiti invalicabili. L’età è un numero, i confini sono quelli che ci imponiamo. E lei, a 92 anni, continua a cancellarli uno a uno, trasformando la sua corsa in un inno alla vita e alla speranza.