C’è una frase bellissima, erroneamente attribuita a Pasolini, ma scritta in realtà dalla maestra elementare Rosaria Gasparro, che dice: «Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All'umanità che ne scaturisce». È in questa lezione di vita che si specchia oggi Jannik Sinner. La notte di New York gli ha tolto un titolo, ma non la sua dignità. Anzi, lo ha reso ancora più grande.

La forza di Sinner non è solo nei colpi vincenti, ma nel modo in cui vive le sconfitte: senza rancore, senza scuse, con la serenità di chi sa che ogni caduta è un passo in avanti. Trasforma il dolore in crescita, la delusione in nuova energia. E lo fa con un sorriso che disarma, con un’umiltà che lo rende unico.

La sua è una lezione che vale per tutti: non si vince sempre, nello sport come nella vita. Ma la vera vittoria è rialzarsi e ripartire, più forti di prima.

In due anni è diventato il numero uno del mondo, una Coppa Davis storica, uno Slam che sembrava impossibile. Eppure non si è mai lasciato travolgere dalla gloria. È rimasto un ragazzo semplice, capace di commuovere per la sua umanità prima ancora che per i suoi trionfi.

Per questo Sinner non è soltanto un campione. È un uomo che ci mostra la bellezza della fragilità, e la grandezza di chi sa trasformarla in forza. Tornerà. E sarà ancora più grande.