Il numero uno del tennis mondiale parla a New York tra amori, rivalità e ossessioni. «La sera costruisco auto con i Lego per rilassarmi»
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Andrew Schwartz/SIPA / ipa-agency.net
Vestito Gucci, al polso un Rolex scintillante, Sinner si presenta a New York con l’aria di chi ormai ha imparato a reggere i riflettori. Alla vigilia degli US Open si concede a un piccolo gruppo di giornalisti internazionali, e tra una risposta diplomatica e l’altra lascia intravedere la sua parte più privata.
Ed è proprio qui che arriva la rivelazione che tutti aspettavano. «Sono innamorato, ma della mia vita privata non voglio parlare», dice senza esitazioni. Poche parole, sufficienti a confermare quello che già si mormorava: la sua relazione con Laila Hasanovic, modella danese ed ex fidanzata di Mick Schumacher. Nessun dettaglio, solo l’ammissione. Il resto resta blindato: «Non entro nei particolari».
Il campione si muove sempre sul filo dell’equilibrio. Anche quando il tema è scivoloso come quello delle critiche per la sua assenza alle Olimpiadi. La risposta è un colpo secco, da giocatore che non vuole sprecare energie: «Non ho mai risposto e non voglio neanche rispondere». Fine della discussione.
Se sul piano personale chiude le porte, su quello sportivo si apre. La rivalità con Carlos Alcaraz lo stuzzica, ma non lo ossessiona: «Non è detto che io e Carlos siamo quelli lì. Da quasi due anni giochiamo i Grandi Slam, ma le cose possono cambiare. Se uno non si migliora, altri arrivano. Tra due anni vedremo chi si è stabilito, chi è migliorato, chi è peggiorato». È la visione lucida di chi sa che la gloria non è eterna.
E infatti la parola chiave resta “migliorarsi”. «Il servizio e il gioco a rete: sono queste le parti che voglio perfezionare». Un’ammissione che mostra la sua consapevolezza, ma anche la fame che lo tiene in cima. «Non essere paziente, voler fare subito tutto in uno: questo era il mio difetto. Ho imparato a lavorare sui dettagli. Mettere insieme i pezzi del puzzle è la strada giusta».
Proprio il puzzle torna in un altro aspetto sorprendente del suo racconto: il modo in cui si rilassa. Non serate folli o notti brave, ma Lego. «Mi sono appassionato moltissimo. Di sera costruisco, ascolto musica e penso ad altro», racconta al Corriere. E si lascia andare a un aneddoto: «A New York sono andato in un negozio vicino all’hotel e ho comprato una Porsche. L’ho finita in cinque ore. Allora ho pensato: me ne serve una più grande. Forse l’ultima che ho preso è troppo grande, ma mi piace. Ti tiene la mente occupata e libera allo stesso tempo».
La forza mentale che ha mostrato a Wimbledon, dopo la batosta del Roland Garros, non è un dono naturale, ma il frutto di un lavoro costante. «Non è nulla di naturale, c’è tanto lavoro dietro. All’inizio pensavo di essere forte, invece non lo ero. Con Riccardo Ceccarelli ci lavoriamo da anni. Mi ha aiutato ad accettare i difetti, poi la differenza la deve fare l’atleta».
Umiltà che riaffiora anche sullo status di numero uno: «Non mi piace dire “sono il numero uno al mondo”. Posso dire che sono un giocatore forte, ma numero uno lo diventi anche fuori dal campo, per come gestisci le cose e per come ti comporti. Il tennis è la mia vita, ma non è tutto. A 35 o 40 anni finisce, e poi devi decidere cos’altro fare».
Tra le pieghe dell’intervista emergono i tratti di un ragazzo rimasto fedele a sé stesso. Racconta i sacrifici dei 13 anni, quando lasciò casa per allenarsi: «All’inizio è stato difficile, ma ho avuto fortuna. Una famiglia croata mi ha accolto, mi sono sentito come un fratello maggiore per i loro figli. Avevano anche un cane: a casa mia c’erano solo gatti, quindi giocare con lui mi ha aiutato molto».
La vita quotidiana resta ancorata alla semplicità: «A casa parlavamo tedesco, ma un dialetto sudtirolese, un po’ simile all’austriaco». Niente playlist fisse, niente social usati direttamente («c’è chi li gestisce per me»), e un approccio alla politica che resta distante: «Seguo le cose importanti, ma non entro nei dettagli. Ne capisco poco».
È questo Sinner oggi: numero uno al mondo, ma con i piedi saldi, pronto a raccontare i suoi Lego più che le sue notti d’amore, capace di chiudere con un sorriso e di lasciare comunque la sensazione che il bello, per lui, debba ancora arrivare.