L’ex generale Gdf Rapetto rivela: «L’encomio nelle forze dell’ordine non premia i più meritevoli»

Secondo l’ex ufficiale l'encomio semplice o solenne dovrebbe essere rilasciato previa verifica del risultato effettivamente raggiunto. Tuttavia ormai farebbero parte delle scorciatoie poste in essere da alcune gerarchie militari per agevolare la carriera di qualche dipendente (ASCOLTA L'AUDIO)

di Pasquale Motta
1 luglio 2022
19:13

La presa di posizione di un ex generale della Guardia di Finanza, riportato sulla rivista giuridica online Filodiritto, ha stimolato la nostra curiosità sull’istituto dell’encomio all’interno delle forze dell’ordine. Gli encomi all’interno delle gerarchie militari nascono con una finalità nobile ben precisa, premiare chi si è distinto in servizio o anche fuori dal servizio, per avere salvato delle vite umane o per aver partecipato ad importanti operazioni di polizia e/o di intelligence, che hanno consentito il sequestro di ingenti quantità di droga, di armi oppure l’arresto di pericolosi latitanti. E, tuttavia, come spesso avviene nel nostro bel paese, la finalità, seppur nobili, sbandano verso prassi molto discutibili. Tali derive si incrociano anche con la funzionalità di certe premialità, spesso legate ad operazioni giudiziarie che falliscono al vaglio delle valutazioni dei tribunali. La deriva e gli errori dell’Ag spesso si incrociano con queste dinamiche all’interno delle forze dell’ordine che costituiscono la Pg utilizzata dalla Magistratura.

“La corsa all'arresto quanti errori giudiziari genera?” Un interrogativo che Filodiritto ripropone al dibattito, attraverso le riflessioni di un ex generale della Gdf che, sul tema, ha assunto spesso posizioni molto critiche, come Umberto Rapetto, suggerendo ai vertici delle forze dell'ordine di procedere ad una semplice verifica dei risultati processuali conseguiti a seguito delle "premiate" operazioni. L'encomio semplice o solenne che sia dovrebbe essere rilasciato previa verifica del risultato effettivamente raggiunto.


Chi è il generale Rapetto?

L’ex generale delle Fiamme gialle è stato il protagonista di indagini che sono passate alla storia. Un precursore delle indagini telematiche, al punto che gli venne appioppato l’appellativo di “sceriffo del web”. È stato il fondatore e per undici anni il comandante del Gat Nucleo Speciale Frodi Telematiche, nel 2001 “catturò” gli hacker penetrati nei sistemi informatici del Pentagono e della Nasa. Ma il suo nome rimane legato indissolubilmente alle indagini, con le quali ha fatto infliggere una mega multa da 98 miliardi a dieci società concessionarie del gioco d’azzardo di Stato, poi ridotta dalla Corte dei conti alla cifra comunque consistente di 2,5 miliardi. E, tuttavia, pare che proprio le conseguenze di quella indagine (o le rappresaglie?) che a maggio del 2012, lo indussero alle dimissioni dalla GdF dopo 37 anni di onorato servizio. L’annuncio di quelle dimissioni fu comunicato via Twitter la mattina del 29 maggio 2012: “Chiedo scusa a tutti quelli che mi hanno dato fiducia, ma qualche minuto fa sono stato costretto a dare le dimissioni dalla GdF. Qualche modulo e una dozzina di firme sono bastati per cancellare 37 anni di sacrifici e di soddisfazioni e i tanti sogni al Gat GdF”.

Al nome del generale sono legate numerose inchieste condotte con successo: dall’operazione “Macchianera” che portò alla luce centinaia di frodi nei confronti dell’Inps, alle indagini che avevano portarono all’arresto di criminali informatici in grado di penetrare nel sistema di sicurezza del Pentagono. I fili dell’alta tensione però il generale sembra averli pestati con l’indagine sulle slot machine non collegate alla rete telematica dello Stato. Invece, di riconoscimenti, all’ex generale, allora colonnello, i vertici della GdF gli notificano la bocciatura della sua nomina a generale, e la rimozione dal Gat. Risibile la giustificazione dei vertici delle Fiamme Gialle: “le sue indagini hanno frequentemente attirato l’attenzione dell’opinione pubblica soprattutto da un punto di vista mediatico e il suo allontanamento dal Gat non era “certamente una rimozione ma, al contrario, rientrava nella normalità delle vicende che interessano tutti gli ufficiali della Guardia di finanza”.

Fermare la “fabbrica dell’encomio facile”? Semplice a dirsi

Torniamo agli encomi facili nelle forze dell’ordine. Secondo l’x gen. Rapetto, la pratica dell’encomio facile ha preso una piega tale da sfociare nel grottesco, almeno, secondo alcune vicende evidenziate.

Tra l’altro, sul malcostume dell’encomio facile, è presente un’ampia pubblicistica sulla rete. Secondo questa pubblicistica presente anche su i siti dedicati alle problematiche interne delle forze di polizia, elogi, encomi semplici e solenni, fanno ormai parte delle scorciatoie poste in essere da talune gerarchie militari per agevolare alcuni dipendenti nell’ambito della loro carriera.

Sia gli elogi sia gli encomi semplici – ed a maggior ragione quelli solenni – vengono concessi per iscritto, l’interessato riceve una sorta di pergamena, ovvero di attestato cartaceo, che poi viene registrato agli atti, sul cosiddetto “foglio matricolare” (una sorta di memoria storica che accompagna il dipendente delle Forze di Polizia sin dal primo giorno di arruolamento e per tutta la carriera).

Il problema è datato. Scriveva Stefano Sansonetti su il Giornale nel giugno del 2014 riferito alla Guardia di Finanza: «Sembra che per i massimi vertici della Fiamme Gialle sia impossibile tenere a bada la fantasia quando si tratta di scegliere le ragioni per le quali assegnare encomi a esponenti del Corpo. E così si accede a una cuccagna di premi per le ragioni più disparate, dall’organizzazione di eventi presso il salone d’onore del Comando generale alla promozione mediatica del calendario storico del corpo, dall’attività lobbistica svolta in parlamento per spuntare norme più favorevoli alle Fiamme Gialle fino ad arrivare all’organizzazione della parata militare in occasione delle cerimonie istituzionali. E le operazioni sul campo di contrasto alla criminalità economica? Quando si tratta di assegnare premi sono praticamente assenti.

Sempre Rapetto su Infosec News, a gennaio di quest’anno racconta un altro episodio curioso, utile a distribuire encomi, e non nascondendo una sottile ironia, l’ex gen. riferisce che il Comandante del “Retla”, ha ritenuto di dover tributare un “encomio semplice” a ben 32 persone che avrebbero mostrato audacia e valore dicendosi vicendevolmente “mi raccomando, mascherina sul viso e un metro uno dall’altro…”. La cerimonia si era svolta il 9 luglio 2021 a Ostia, all’interno della Caserma Italia. Sostanzialmente si trattava di una normale cerimonia di “alza bandiera”, ma in tempo di Covid-19. “Organizzare un “alzabandiera” non sembra richiedere doti straordinarie né sacrifici estremi anche se c’è giustamente da pretendere che si rispettino gli obblighi di protezione e distanziamento,” aggiunge con ironia, Rapetto.

In sostanza per quella manciata di secondi in cui la bandiera sale e comincia a sventolare i trentadue intrepidi premiati avrebbero fornito un “determinante apporto personale nella pianificazione e attuazione del dispositivo organizzativo predisposto, nel pieno rispetto delle stringenti disposizioni volte a ridurre il rischio epidemiologico da Covid-19, in occasione della cerimonia di “alzabandiera” svoltasi all’interno del comprensorio della Caserma Italia”. Siamo su scherzi a parte vi chiederete? Assolutamente no. È la prassi in uso nella Guardia di Finanza, nella Benemerita e nella Polizia di Stato.

E di casi che oltrepassano il grottesco ce ne sono molti. Curioso, per esempio, la vicenda di un encomio concesso ad un maresciallo aiutante dal suo comandante regionale, si tratta di un “encomio semplice”. Ecco le motivazioni dell’encomio: «Ispettore in servizio presso il Gruppo tutela economica di un nucleo di polizia economico-finanziaria evidenziando anche in settori extraprofessionali ed esemplare attaccamento all’istituzione, eseguiva, con entusiasta partecipazione, raffinati pezzi musicali che conferivano assoluto pregio ed originalità alla cerimonia del precetto natalizio organizzata dal Comando provinciale presso la Basilica Santuario di Maria Santissima di Tindari. Il non comune spirito di iniziativa – continua il generale di divisione – ed il generoso impegno consentivano il perfetto svolgimento dell’evento riscuotendo l’unanime vivo apprezzamento da parte delle autorità intervenute, accrescendo l’immagine ed il prestigio del Corpo. – Patti (Messina), dicembre 2017». Insomma, dall’alzabandiera, all’esecuzione musicale, fino all’organizzazione della distribuzione del calendario storico del corpo, tutto fa brodo per beccarsi un bell’encomio.

Il gen. Rapetto spiega che esistono tre tipi di riconoscimenti, rilasciati da Comandi ad autorità crescente: “elogio” (“lode” per la Polizia di Stato), “encomio semplice” ed “encomio solenne”.

Scrive Filodiritto: “L’iter per la concessione dell’encomio prevede una serie di passaggi: la pratica parte dal reparto protagonista del servizio meritevole di riconoscimento e arriva all’organo preposto alla valutazione e all’eventuale rilascio. I superiori, nel trasmettere la pratica a chi sopra di loro decide, non di rado chiedono che si consideri il proprio determinante ruolo in mancanza del quale il risultato non sarebbe stato mai conseguito. È capitato che soggetti distanti chilometri e spesso assenti vengano premiati grazie all’onda positiva su tutta la catena gerarchica, persino quando quegli stessi superiori hanno ostacolato lo svolgimento di una certa attività. Per l’interessato si dà luogo alla “trascrizione a matricola” della motivazione del rilascio dell’encomio, ed aiutano quando si tratterà di decidere per eventuali avanzamenti. Il generale Rapetto ha tolto il velo su una prassi distorta che mortifica i meritevoli e genera una corsa all'encomio con risvolti nefasti. Riflettiamo sulla prassi della classifica, degli arresti eseguiti, che ogni mese "interessa" le caserme territoriali dei carabinieri.”

Insomma un circolo vizioso, lontano da valutazioni meritocratiche. “Estensione creativa” dello spirito della legge. Prassi consolidate e difese da meccanismi di potere all’interno dei corpi. Incrostazioni conservatrici che resistono nonostante alcune attenzioni mediatiche (non molte per la verità). E con il rischio evidente che questa corsa all’encomio facile, possa innescare fenomeni deleteri sul piano della tenuta dello stato di diritto. L’Italia è anche questa. Non solo malcostume politico. Non solo derive giudiziarie. Ma anche la fabbrica dell’encomio nelle forze dell’ordine. Un encomio, forse, non si nega a nessuno.

Giornalista
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