Video | Esperienze, testimonianze e proposte concrete all’iniziativa “L’età è solo un gioco”. Riflettori accesi sulla condizione degli over 65
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Il passare degli anni può comportare cambiamenti profondi: l’uscita dal lavoro, la scomparsa di affetti, la riduzione dei contatti con l’esterno. Eventi che spesso si intrecciano e portano a una progressiva chiusura, con ricadute importanti sul piano emotivo e relazionale. La solitudine nella terza età è una realtà diffusa, spesso silenziosa, ma tutt’altro che marginale. In assenza di relazioni stabili e ambienti favorevoli, si rischia il ritiro sociale, con conseguenze che possono sfociare in stati depressivi, ansia, fino a comportamenti a rischio come l’abuso di sostanze alcoliche o il gioco d’azzardo. Fenomeni in crescita anche tra gli over 65.
Su questi temi si è concentrato l’incontro “L’età è solo un gioco. L’importanza del gioco e il valore della socialità nella terza età”, promosso dall’associazione Auser Corigliano in collaborazione con gli Amici del Bosco Urbano. Un’occasione pubblica per riflettere sulle condizioni psicologiche, sociali e ambientali che interessano le persone anziane e sui possibili percorsi di prevenzione e supporto.
Proposte semplici per una terza età attiva
All’evento sono intervenuti Nicola Caravetta, referente del gruppo “Amici del Bosco Urbano”, Anna Di Noia, dirigente medico e specialista in tossicologia, e Francesco Godino, psicologo. Tre figure con esperienze differenti, ma unite da una comune attenzione verso il benessere delle fasce più mature della popolazione. Il punto di partenza è chiaro: favorire la presenza attiva degli anziani nella comunità attraverso strumenti semplici e quotidiani. Il gioco, in questa prospettiva, non è solo intrattenimento, ma un mezzo per stimolare memoria, concentrazione, empatia. Iniziative leggere – come una passeggiata, una partita a carte, un’attività di gruppo – contribuiscono a mantenere vive le capacità cognitive, migliorare l’umore e generare connessioni positive. Il contesto naturale gioca un ruolo determinante. Spazi verdi, ambienti aperti, luoghi accessibili diventano il teatro ideale per promuovere socialità e movimento. Esperienze come quelle del Bosco Urbano dimostrano quanto sia possibile creare percorsi inclusivi, senza barriere e senza gerarchie.
La fragilità nasce dalla solitudine, il legame è la cura
L’assenza di relazioni, al contrario, alimenta la fragilità. Le abitazioni, spesso vissute in solitudine, diventano confini chiusi. In presenza di lutti, difficoltà di salute o impegni di cura verso familiari disabili, l’isolamento si accentua. E da lì può nascere un malessere più profondo. Da più parti si sottolinea l’urgenza di riconoscere questo problema non come questione individuale, ma come responsabilità collettiva. La prevenzione deve passare da politiche di prossimità, ma anche da iniziative spontanee, promosse da realtà del territorio, reti informali, volontariato e cittadinanza attiva. Il gioco, se inserito in contesti stimolanti e relazionali, può fare molto. Non richiede grandi investimenti o strutture complesse. Basta uno spazio sicuro, persone disposte a condividere il tempo e un clima sereno. Il beneficio è duplice: ridurre il rischio di isolamento e riattivare competenze spesso messe da parte con il passare degli anni.
Dagli orti condivisi ai laboratori creativi
Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le esperienze che puntano su queste forme di socialità diffusa: orti condivisi, laboratori creativi, piccole attività intergenerazionali. Si tratta di percorsi semplici, ma efficaci, per restituire senso di appartenenza e autostima a chi si sente ai margini. L’incontro di Corigliano ha messo in luce un messaggio preciso: gli anziani non sono un peso, ma una risorsa. Valorizzare la loro presenza, ascoltare le loro esigenze, costruire occasioni di partecipazione è un impegno che riguarda tutti. Non servono grandi progetti, ma piccoli gesti continui, capaci di creare legami e abbattere la distanza. In un’epoca in cui l’individualismo sembra prevalere, riscoprire la dimensione del “noi” è il primo passo per costruire una comunità più coesa e consapevole. La terza età non va protetta, ma coinvolta. E il gioco può essere il primo passo.