Alle Eolie si lotta ancora per salvare Furia, il capodoglio indomito: il video

Da oltre due giorni ambientalisti, biologi e sommozzatori della Guardia costiera tentano di liberare il cetaceo da una grossa rete che rischia di ucciderlo. Ecco cosa succede sott’acqua

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di Redazione
20 luglio 2020
22:35

L’hanno ribattezzato Furia, perché non accenna a calmarsi e rende molto complicate le operazioni di salvataggio. C’è grande mobilitazione al largo delle Eolie per salvare un giovane esemplare femmina di capodoglio, la cui coda è intrappolata da circa 48 ore in una rete spadara, utilizzata per la pesca illegale del tonno e pesce spada. Nonostante il rischioso lavoro della Guardia costiera, di ambientalisti e biologi – riporta l’Agi -, non si è riusciti a liberare Furia che non ha smesso mai di dimenarsi con forza e che, dopo profonde immersioni, è stato per ore perso di vista. Un grande lavoro di squadra che ha visto in prima linea gli uomini della Guardia costiera. «Un coraggio incredibile», dichiara all’Agenzia giornalistica Italia il biologo marino, Carmelo Isgrò, impegnato anche lui in questa difficile operazione.
«Vi assicuro - aggiunge - che intervenire con dei coltelli su un animale di 10 metri che si dimena come un pazzo per il dolore e che ha la forza per spostare agilmente le 15 tonnellate del suo peso non è una cosa da poco».

Parametri vitali monitorati

Gli esperti di Filicudi Wildlife Conservation spiegano: «Abbiamo misurato il suo pattern di respirazione in continuo, prima e durante l'intervento di rimozione, e registrato le sue vocalizzazioni acustiche con l'idrofono per valutare il suo stato di salute e misurare comportamento e livelli di stress». Durante questo tempo Furia si è spinta verso nord a circa 15 miglia dalla costa eoliana e, nonostante la matassa di rete che le rimane attorcigliata sulla coda, il suo spirito vivace e una grande voglia di vivere le hanno fatto compiere apnee prolungate di addirittura 40 minuti.


Sommozzatori al lavoro

Ripetuti i tentativi da parte dei sommozzatori della Guardia costiera per rimuovere completamente la rete dalla coda. Ma non si arrendono. Non si ferma, così, questo grande lavoro di squadra per amore del mare, che resta più forte dei suoi nemici.

L'appello del Wwf

«Lanciamo un appello a chiunque si trovi in navigazione nel tratto di mare eoliano e avvisti il capodoglio in difficoltà a segnalarlo immediatamente al numero 1530 della Guardia Costiera. Il fattore tempo, ora, èfondamentale per salvarlo», dice la presidente del Wwwf Italia, Donatella Bianchi. Dopo Spike, il capodoglio delle Eolie liberato dalle reti a fine giugno grazie al prezioso intervento della Guardia Costiera, Furia è la nuova vittima delle reti illegali.

Il più grande predatore del Mediterraneo

I capodogli, i più grandi predatori del Mare Nostrum, nuotano regolarmente nelle acque profonde del Canale di Sicilia e dell'arcipelago Eoliano, dove riescono a trovare in prossimità delle scarpate abbondanza di cefalopodi (seppie e calamari), le loro principali prede. Sono animali incredibili e indiscussi campioni di immersioni: possono arrivare oltre i 1000 metri di profondità e restare in apnea per oltre 90 minuti.

Nonostante la loro grande mole (gli esemplari maschi possono arrivare fino ai 18 m di lunghezza e alle 50 tonnellate di peso), sono dei giganti fragili. L'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) considera la specie in pericolo di estinzione nelle acque del Mediterraneo e le minacce che minano il suo stato di conservazione sono principalmente di origine antropica: plastica, collisioni con le grandi imbarcazioni, rumore sottomarino e bycatch. E Furia, la giovane femmina di capodoglio, è proprio vittima di quest'ultimo: intrappolata in una grossa rete che costringe e limita i movimenti della pinna caudale, non riesce a nuotare liberamente e potrebbe avere dei problemi nell'immergersi per alimentarsi.

Una strage continua

Uomini e cetacei utilizzano il mare per procurarsi il cibo e possono entrare in competizione con effetti negativi sia per l'economia ittica che per gli animali; alcune specie come il tursiope, la stenella, il grampo, il capodoglio e il delfino comune, si avvicinano occasionalmente alle attrezzature da pesca, interagendo più spesso con alcune, sottraendo il pesce dalle reti, causando buchi e strappi e, in alcuni casi, possono rimanerne intrappolati. L'attrezzo più pericoloso da questo punto di vista è la rete pelagica derivante, la spadara, messa al bando in tutto il mondo sin dai primi anni novanta dalle Nazioni Unite e vietata dalla Commissione Europea dal 2002 e dal 2005 in tutto il Mediterraneo, ma ancora utilizzata illegalmente.

Altre interazioni possono avvenire con le reti da posta fisse, più raramente con le reti a strascico, con quelle a circuizione, con le lenze e i palangari. Si stima che ogni anno muoiono nelle reti da pesca mondiali circa 300.000 esemplari di Cetacei, ben 1.000 al giorno. Nonostante il divieto dell'Ue, la Guardia costiera italiana continua a sequestrare ogni anno chilometri di spadare: nel 2005 ha sequestrato ben 800 km di reti di questo genere seguiti dai 600 Km del 2006, ma i sequestri continuano anche oggi con numerosi casi di cronaca nel 2019 e nel 2020. Nel Mediterraneo effettuare stime è difficile a causa della scarsità di dati scientifici e di controlli puntuali, tuttavia non risulta difficile credere che siano migliaia i cetacei che rimangono vittime del bycatch.

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