C’è un Natale che a Reggio Calabria non arriva per tutti allo stesso modo. È quello di chi non può scendere e di chi scende solo per poco, il tempo necessario a stringere abbracci e poi ripartire. Un Natale fatto di scelte obbligate, di biglietti aerei troppo costosi, di ferie contate. Un Natale che si vive altrove, ma con la testa e il cuore spesso rimasti qui.

Domenico oggi vive a San Francisco per lavoro. Un altro continente, un altro fuso orario, una vita costruita lontano, passo dopo passo. Lì ha messo su la sua famiglia, lì ha trovato una stabilità. Eppure Reggio non è mai diventata un ricordo sbiadito. È presente nei racconti, nei gesti, nelle tradizioni adattate a una tavola diversa. Il Natale lo festeggia dall’altra parte del mondo, ma le radici non si sono mai spostate davvero. Sono rimaste dove sono nate.

Federica, invece, a Reggio non scende più a Natale. Milano è diventata casa, insieme al lavoro e alla sua famiglia. «Scendere a fare a Reggio? Ormai se ne parla d’estate», dice, senza amarezza. È una constatazione lucida, che racconta un cambiamento profondo. Il Natale si festeggia dove si vive, dove si cresce, dove si costruisce il presente. Reggio resta, ma sullo sfondo, custodita come un luogo che continua a contare, anche se non fa più parte delle festività.

Roberta vive ad Amsterdam. Per lei il Natale a Reggio dura tre giorni appena. Tre giorni intensi, vissuti di corsa. Abbracci che sembrano non finire mai, saluti ripetuti, una fuga al mare anche d’inverno, perché quello non si può saltare. Poi la valigia di nuovo pronta, l’aeroporto, la ripartenza. È un Natale breve, concentrato, che lascia addosso la stanchezza e quella sensazione di tempo insufficiente che accompagna ogni ritorno.

Le loro storie non sono eccezioni. Sono le storie di tanti altri, ragazzi giovani e meno giovani, che vivono la vita così: tra una città che li ha visti crescere e un’altra che li ha costretti a restare. Persone che hanno imparato a fare i conti con la distanza, a spostare il Natale, a ridurlo, a reinventarlo. Vite che vanno avanti altrove, mentre Reggio continua a restare un punto fermo, anche quando non è possibile tornarci davvero.

Questo è il Natale dei reggini lontani. Di chi resta fuori e di chi torna solo per un saluto. Un Natale senza grandi rituali, spesso senza tavolate lunghe, ma carico di una distanza che pesa più in questi giorni che in qualsiasi altro momento dell’anno. Un Natale che racconta partenze, adattamenti, vite costruite altrove, senza mai recidere del tutto il legame con casa.

Reggio, intanto, resta. Accoglie chi torna per poco e chi non riesce a tornare affatto. È una città che convive con le sue assenze, con le storie di chi è partito e ha imparato a festeggiare il Natale lontano. Ma che continua a essere casa, anche quando a Natale la si può raggiungere solo per qualche giorno. O solo con il pensiero.