La decisione per arginare la crisi di salute mentale per contrastare ansia e dipendenza digitale: “divieto assoluto” sotto i 15 e “accesso condizionato” da 13 a 14 anni solo con consenso genitoriale. La Premier Frederiksen: "I social rubano l'infanzia."
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Certamente farà storia, la Danimarca è diventata il primo Paese in Europa a introdurre una legislazione che impone un divieto di accesso ai social network per i minori di 15 anni, un atto per ridefinire il rapporto tra infanzia e tecnologia per una diretta risposta a una crescente crisi di salute mentale che affligge le giovani generazioni. Un parellelo sulla decisione arriva anche dall’Australia dove il parlamento ha approvato il primo divieto al mondo contro i social media usati dai minori, fissando l’età minima a 16 anni. Il divieto entrerà in vigore il 10 dicembre 2025. Il piano australiano prevede che piattaforme come TikTok, Facebook, Snapchat, Reddit, Kick, X, Instagram e YouTube possano essere sanzionate con multe fino a 50 milioni di dollari australiani (28,3 milioni di euro) per carenze sistemiche nel prevenire l’apertura di account da parte di minori di 16 anni. Tornando in Europa, la nuova legge danese (forse ispirata proprio dall’Australia) mira a fungere da argine contro l'aumento di ansia, depressione e la preoccupante dipendenza digitale tra i bambini con la Premier danese Mette Frederiksen che non ha usato filtri per dire che "I cellulari e i social network rubano l'infanzia ai nostri figli".
L'iniziativa partorisce da dati allarmanti, oltre l'80% dei giovani in Europa utilizza quotidianamente i social media e, secondo l'OMS Europa, l'11% dei giovani in Europa ne fa un uso problematico. Da comprendere e posizionare, però, nei vari contesti cosa si intenda per “uso problematico”. In Danimarca, la situazione è stata aggravata da un crescente isolamento sociale e una diminuzione delle capacità di concentrazione. I dati locali hanno mostrato che il 94% dei bambini in settima elementare (equivalente a circa 13 anni) possiede già un profilo social, nonostante il limite d'età ufficiale sia fissato a 13 anni e il 60% dei ragazzi danesi, con un'età compresa tra gli 11 e i 19 anni, preferisce restare a casa piuttosto che uscire con gli amici nel tempo libero, tradotto potrebbe concentrarsi in “il virtuale vince sul reale”. La nuova normativa stabilisce un principio di protezione totale per l'infanzia ma contestualmente riconosce una possibile necessità di accesso per gli adolescenti più grandi, sotto una stretta supervisione. In sintesi, la norma di distingue in “divieto assoluto” per i bambini sotto i 15 anni ai quali è formalmente vietato l’accesso alle piattaforme social (non è stato specificato direttamente il nome), oppure un “accesso condizionato”, una deroga che consente a loro l’iscrizione e l’uso dei social ma solo con il consenso esplicito, scritto e verificabile dei loro genitori o tutori legali. Chiaramente, la legge danese ha immediatamente innescato un ampio dibattito che trascende i confini nazionali, mettendo in discussione l'equilibrio tra protezione e libertà individuale, una linea di confine mai stata marcata e concepita.
Da una parte, i sostenitori della misura (molti genitori e organizzazioni per la salute mentale) la celebrano come un atto necessario di coraggio politico e come un passo fondamentale verso la costruzione di un'infanzia più protetta e mentalmente sana. Forti anche della preoccupazione espressa dal Ministero per la Digitalizzazione che ha dichiarato che "I bambini e i giovani vedono il loro sonno interrotto, perdono la pace e la concentrazione e subiscono una crescente pressione dalle relazioni digitali in cui gli adulti non sono sempre presenti."
Sul secondo piatto della bilancia, non mancano i critici, quelli che puntano il dito contro la decisione e sollevano preoccupazioni sostanziali sulla "limitazione della libertà digitale". In Danimarca, alcuni partiti politici di sinistra hanno criticato la clausola sul consenso parentale, definendola un "limite di fatto a 13 anni" piuttosto che un vero divieto. Tra loro, alcuni professionisti della salute mentale avvertono che vietare del tutto i social network potrebbe avere effetti collaterali indesiderati, come l'isolamento di bambini “vulnerabili” che utilizzano queste piattaforme per trovare cruciali reti di supporto.
Quel che è certo è che l'iniziativa della Danimarca rappresenta un punto di svolta normativo. Le aziende tecnologiche, gli educatori, e i legislatori di tutta l'Unione Europea e oltre stanno monitorando attentamente l'efficacia e le conseguenze di questa legge. Quante volte incrociamo un nutrito gruppo di bambini, se non adolescenti, che camminando o condividendo una panchina, sono distanti anni luce tra loro e immersi nel mondo dello schermo del proprio smartphone? Ammettiamolo, senza pudore, sentiamoci colpevoli noi genitori, siamo noi che li accompagniamo a scegliere “il giocattolo del secolo” e siamo sempre noi che facciamo la ricarica per avere giga per la connessione dati. Però oggi ci lamentiamo. Ecco perché l'azione di Copenaghen potrebbe fungere da catalizzatore, ispirando altri Paesi a seguire la stessa strada, segnando l'inizio di una nuova era di regolamentazione digitale a tutela della salute mentale dei minori, è tempo di bilanciare innovazione tecnologica e benessere psicofisico, normalizzare la “necessità” di viziare, una sfida cruciale per la società contemporanea.

