Sono state oltre 200 le persone, tra ospiti ed operatori delle 15 strutture sparse in tutta la Calabria, che hanno preso parte al Giubileo delle comunità terapeutiche, celebrato nella con-cattedrale Santa Maria Assunta di Squillace dal cardinale Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli e da monsignor Claudio Maniago, arcivescovo di Catanzaro-Squillace. 

La forza di ricominciare

«Le comunità sono proprio questo – ha detto a margine della Santa Messa monsignor Battaglia, nato poco distante (Satriano) e cresciuto in questa arcidiocesi – cioè il luogo dove tu sperimenti davvero questa forza di poter ricominciare. Allora diventano per tutto il territorio un segno di speranza, per dire che cambiare è possibile se ci crediamo».

Mons. Domenico Battaglia cardinale ed arcivescovo di Napoli

«E questo è il senso della speranza. La speranza non ha nulla a che fare con la rassegnazione, ma è l'ostinata volontà di cercare il bene anche lì dove c'è il male. E oggi – ha aggiunto “don Mimmo” – noi celebriamo la forza e alla bellezza di questa speranza, di un Dio che continuamente si china su di noi, ci prende per mano, ci rialza e ci dice con coraggio, andate avanti perché la speranza non delude». 

Ma qual è il rapporto di questi ragazzi che entrano in comunità con la religione, con la fede? «Non tutti sono vicini a Dio – ci ha risposto la presidente del Crea Calabria, il Coordinamento regionale delle comunità di recupero accreditate Vittoria Scarpino –  anzi molti arrivano arrabbiati. Piano piano scoprono il valore di quello che è la spiritualità. Non tutti poi hanno questa vicinanza a Dio, però devo dire che poi in comunità noi per esempio tutti i sabati celebriamo la Santa Messa insieme agli ospiti, quindi questa è una quotidianità che ci ha lasciato don Mimmo».

La liturgia pregna di raccoglimento ed emozione è stata sublimata dalle profonde parole di Battaglia, già fondatore del circuito delle comunità calabresi assieme ad altri sacerdoti nel 1998, cui ha fatto seguito il messaggio a lui stesso rivolto da monsignor Maniago. 

Ora però le comunità terapeutiche non vogliono lasciate sole.

«Speriamo che questo giubileo non sia un momento di arrivo – ha concluso la Scarpino – ma di partenza e che tutti continuino a starci vicino».