Batteva per l'emozione anche un cuore calabrese ieri a Roma nella sala Clementina. Tra gli oltre 160 rappresentanti del mondo della settima arte provenienti da tutto il mondo, anche l'attore reggino originario di Archi, cresciuto nella parrocchia della chiesa del Carmine
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Ieri (e nel cuore sempre) la chiesa del Carmine di Archi a Reggio Calabria, oggi la chiesa dell'Immacolata nel quartiere di San Lorenzo a Roma. La Fede dell'attore Marcello Fonte, nata nel difficile quartiere periferico della città dello Stretto, adesso lo accompagna anche nella Capitale dove vive ormai da 25 anni.
Per questa sua profonda devozione, l'incontro con papa Leone XIV ieri in Vaticano in occasione del Giubileo del Cinema e dell'udienza con i rappresentanti del mondo del Cinema provenienti da tutto il mondo, è stata innanzitutto vissuta come una intensa esperienza di Fede. «Un’emozione forte di un percorso con Gesù nel cuore che è iniziato a Reggio, ad Archi con don Mangeruca e con il gruppo Scout RC 9», ha raccontato, ricordando, l’attore reggino.
Il silenzio e poi le parole di papa Leone XIV
«È stato un momento davvero molto sentito. Le parole di papa Leone XIV sono state davvero incoraggianti. E quel silenzio prima che tutto avesse inizio è stato bellissimo. Come quando si riceve l'Eucarestia. Eravamo lì tutti senza ruoli. Solo noi stessi, nella sala Clementina dove gli affreschi e le opere d’arte traboccano di storia e bellezza. Devo ripetermi, bellissimo».
Con queste le parole, l'attore reggino Marcello Fonte, ha continuato a raccontare l'esperienza vissuta ieri nel palazzo Apostolico Vaticano dove ha portato Calabria tra i grandi come Marco Bellocchio, Monica Bellucci, Wang Bing, Cate Blanchett, Sergio Castellitto, Liliana Cavani, Spike Lee, Ferzan Özpetek, Stefania Sandrelli, Giuseppe Tornatore e Gus Van Sant e tanti altri. Lì, in mezzo agli altri, batteva anche il suo cuore reggino.
Una bella attenzione alle persone
«È stato bello ritrovare tanti amici, colleghi e registi con cui ha lavorato. Matteo Garrone, Francesco Amato, Leonardo Di Costanzo e anche Maria Grazia Cucinotta che recitò con me in Asino Vola, nel 2015, proprio nel mio quartiere di origine, Archi. Un'emozione molto forte nutrita dalle parole del Papa che ha richiamato le origini del cinema e la necessità ogni contributo, di ogni persona senza lasciare in ombra o indietro nessuno. Tutti ugualmente importanti. Tutti meritevoli di attenzione», ha voluto sottolineare ancora Marcello Fonte.
E infatti ecco alcuni passaggi del discorso di papa Leone XIV che con senso di gratitudine si è rivolto a registi, attori e maestranze.
«Il cinema è un’arte giovane, sognatrice e un pò irrequieta, anche se ormai centenaria. Proprio in questi giorni - ha ricordato il Pontefice - compie centotrent’anni, a far conto da quella prima proiezione pubblica, realizzata dai fratelli Lumière il 28 dicembre 1895 a Parigi. Inizialmente, il cinema appariva come un gioco di luci e di ombre, per divertire e impressionare. Ma ben presto, quegli effetti visivi hanno saputo manifestare realtà ben più profonde, fino a diventare espressione della volontà di contemplare e di comprendere la vita, di raccontarne la grandezza e la fragilità, d’interpretarne la nostalgia d’infinito.
La realizzazione di un film è un atto comunitario, un’opera corale in cui nessuno basta a sé stesso. Tutti conoscono e apprezzano la maestria del regista e la genialità degli attori, ma un’opera sarebbe impossibile senza la dedizione silenziosa di centinaia di altri professionisti: assistenti, runner, trovarobe, elettricisti, fonici, attrezzisti, truccatori, acconciatori, costumisti, location manager, casting director, direttori della fotografia e delle musiche, sceneggiatori, montatori, addetti agli effetti, produttori, etc. Spero di non lasciare fuori nessuno – ha ribadito il Pontefice – ma sono tanti! Ogni voce, ogni gesto, ogni competenza contribuisce a un’opera che può esistere solo nell’insieme».
Immagini e rispetto della dignità e della verità
Il cinema, dunque, quale strumento di contemplazione e di comprensione dell'infinito in cui siamo immersi e al quale siamo chiamati. Un cammino corale e condiviso da tutte le maestranze, la creazione dell'opera di arte che è ciascun film. Chiaro anche il messaggio di responsabilità insito anche nella settima d'arte.
«Il Papa ha rivolto a noi tutti un discorso davvero significativo in ogni sua parte. Curato con amore e passione, necessari in ogni cosa si faccia, anche nella nostra professione. Ha posto un accento forte sull'importanza dell'immagine e sul dovere di trattarla con consapevolezza, responsabilità e verità», ha raccontato Marcello Fonte.
«Mi conforta pensare – ha detto papa Leone XIV - che il cinema non è soltanto moving pictures: è mettere in movimento la speranza! Voi potete essere, con la vostra arte, essere testimoni di speranza, di bellezza, di verità di cui la nostra epoca ha bisogno. Il cinema è un’arte popolare nel senso più nobile, che nasce per tutti e parla a tutti.
Recuperare l’autenticità dell’immagine per salvaguardare e promuovere la dignità umana è nel potere del buon cinema e di chi ne è autore e protagonista. Non abbiate paura del confronto con le ferite del mondo. La violenza, la povertà, l’esilio, la solitudine, le dipendenze, le guerre dimenticate sono ferite che chiedono di essere viste e raccontate. Il grande cinema non sfrutta il dolore: lo accompagna, lo indaga.
Questo hanno fatto tutti i grandi registi. Dare voce ai sentimenti complessi, contraddittori, talvolta oscuri che abitano il cuore dell’essere umano è un atto d’amore. L’arte non deve fuggire il mistero della fragilità: deve ascoltarlo, deve saper sostare davanti ad esso», ha detto il Pontefice non sottrattosi anche al momento di grande trasformazione in atto che espone anche la settima arte e la sua funzione all'interno delle comunità molto a rischio.
L’appello di papa Leone XIV a tutela del Cinema
«Strutture culturali come i cinema e i teatri sono dei cuori pulsanti dei nostri territori, perché contribuiscono alla loro umanizzazione. Se una città è viva è anche grazie ai suoi spazi culturali: dobbiamo abitarli, costruirci relazioni, giorno dopo giorno. Ma le sale cinematografiche vivono una preoccupante erosione che le sta sottraendo a città e quartieri. E non sono in pochi a dire che l’arte del cinema e l’esperienza cinematografica sono in pericolo. Invito - ha proseguito papa Leone XIV - le istituzioni a non rassegnarsi e a cooperare per affermare il valore sociale e culturale di questa attività».
Una trasformazione sociale profonda dettata anche dall'avventi inarrestabile della dimensione digitale.
«La logica dell’algoritmo tende a ripetere ciò che “funziona”, ma l’arte apre a ciò che è possibile. Non tutto dev’essere immediato o prevedibile: difendete la lentezza quando serve, il silenzio quando parla, la differenza quando provoca. La bellezza non è solo evasione, ma soprattutto invocazione. Il cinema, quando è autentico, non consola soltanto: interpella. Chiama per nome le domande che abitano in noi e, talvolta, anche le lacrime che non sapevamo di dover esprimere», ha sottolineato ancora il pontefice.
Il lavoro come vocazione
Parole che, raggiungendo il cuore, invitano al dovere di lavorare con coscienza e con senso di responsabilità. Un lavoro che per Marcello Fonte è letteralmente una vocazione, vista la centralità della Fede nella sua vita. Fede che, anche se ancora nulla può svelarci, è adesso particolarmente al centro del suo lavoro. «Presto vedrete», ha detto l'attore.
«Sono stato particolarmente emozionato di questo momento di Fede che naturalmente porto ogni giorni anche nel mio lavoro. E sono stato fiero che con me, la mia Calabria fosse qui in Vaticano in mezzo ai grandi del cinema di tutto il mondo. Anche se ormai vivo a Roma da 25 anni e ho un figlio nato qui, le due città sono per me indissolubilmente legate. Nel mio cuore, come mia nella vita – ha spiegato l’attore reggino Marcello Fonte – tutto e tutti si incontrano e restano vicini. Lo stesso papa ieri ha concluso il discorso parlando di cinema come incontro e casa».
«Che il vostro cinema - ha concluso papa Leone XIV - resti sempre un luogo d’incontro, una casa per chi cerca senso, un linguaggio di pace. Che non perda mai la capacità di stupire, continuando a mostrarci anche un solo frammento del mistero di Dio».


