A Reggio Calabria la commemorazione dei defunti assume anche un forte valore di solidarietà. Sulle colline di Armo una degna sepoltura è stata garantita anche a chi è annegato nel mar Mediterraneo, mentre inseguiva la speranza di una vita dignitosa.

La memoria non ha confini né potrà mai averne come l’aspirazione alla libertà. Un tempio di memoria, in cui ogni preghiera è possibile, si trova a Reggio Calabria, nella frazione collinare di Armo dove il cielo appare più vicino e la terra più lieve. Qui riposa anche chi non è sopravvissuto alla traversata del Mediterraneo.

C'è chi ha un nome e chi, pur avendo una identità, ancora non lo ha. Chi ancora non è stato trovato. Chi è stato raggiunto da un proprio caro, affranto e costretto, dal costo troppo alto del trasferimento della salma, a non riportarlo con sè in patria e a lasciarlo così lontano da casa.

Oggi la Chiesa celebra la commemorazione dei defunti che, come di consueto, anche a Reggio Calabria chiama i fedeli a momenti di raccoglimento e preghiera in memoria dei cari scomparsi.

La Commemorazione dei Defunti

Alle ore 11 al Cimitero monumentale di Condera, presso il sagrato dell’Ossario, la solenne celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Reggio-Bova, monsignor Fortunato Morrone.

Quindi la deposizione delle corone di alloro presso il Sacrario dei Caduti, il monumento alle Vittime del terremoto del 1908 e il Mausoleo dei Vigili Urbani e presso il monumento al Milite Ignoto nel Cimitero comunale di Archi.

«Siamo la sostanza di quello che abbiamo ricevuto. Proprio perché noi crediamo nella risurrezione, viviamo già adesso con la certezza che dopo ci sarà la pienezza in Dio. L'invito è, dunque, quello di fare sempre meglio di chi ha già messo nel nostro cuore il seme del bene, di chi ci ha educato pur con tutti i limiti, i loro e i nostri, cercando di farci vivere al meglio la nostra vita», ha sottolineato l’arcivescovo Morrone in occasione della commemorazione dei Defunti dello scorso anno.

Vicino da lontano

Per i cari dei migranti sepolti sulle colline di Armo il distacco, che al di là di ogni sentire religioso resta universalmente doloroso, ha anche il peso di una distanza che solo la solidarietà e l’amore possono tentare di colmare.

«Sono le mani che accolgono e si lasciano accogliere in un abbraccio di amore che illumina e custodisce le differenze», si legge su una delle opere in marmo presenti nel cimitero. Parole circondate dai simboli delle varie religioni e dal disegno di due mani con in mezzo la colonna sovrastata da una fiamma, quella di San Paolo, l'apostolo delle Genti.

In questo luogo che custodisce le differenze, in cui cattolici e musulmani sono semplicemente fratelli e sorelle, dal 2016 riposano anche le anime dei migranti che non sopravvissuti alla traversata verso l’Europa approdarono senza vita al porto di Reggio Calabria. L’arrivo di 45 salme quell’anno smosse le coscienze e animò la preziosa alleanza subito stretta tra la Caritas e il comune di Reggio Calabria. Un’alleanza che portò all’individuazione di un luogo in cui dare degna sepoltura a quei corpi. Di quel luogo, la Caritas italiana grazie anche alle donazioni raccolte, dal 2022 ha fatto un’opera segno di universale richiamo all’accoglienza e all’umanità al di là di ogni religione e di ogni cultura.

Dallo scorso anno riposano anche le salme di 21 delle 56 vittime del naufragio negato consumatosi al largo di Roccella Ionica, nel reggino durante la notte tra il 16 e il 17 giugno 2024. Solo 11 furono i superstiti. Alcune di queste salme sono state identificate e dallo scorso aprile, su impulso di Prefettura e Comune reggini, il nome è stato sovrapposto al numero. Un altro gesto doveroso di chi resta, riconoscere in quel nome una storia vissuta, una speranza infranta.

41 anni aveva Poorya e veniva dall'Iran come il piccolo R. che di anni ne aveva soltanto tre. 36 erano gli anni che avevano Soma e Hussein che viaggiavano dall'Iran e dalla Francia. Con loro in quel naufragio hanno perso la vita anche cinque giovanissimi provenienti da Iran e Iraq. Solo alcune delle 21 salme accolte nel cimitero di Armo hanno oggi un nome. La restituzione dell'identità è un dovere e l'attività, per quanto complessa non si ferma mai.

«Dallo scorso 16 aprile alcune di quelle salme hanno un nome. Il matching del dna è una procedura complicatissima che non ha una fine. Il nostro lavoro continuerà fino all'ultima salma da identificare e tutte le volte che arriveranno nuovi elementi ricomincerà. È un atto doveroso», ha sottolineato la prefetta di Reggio Calabria, Clara Vaccaro, in occasione della commemorazione delle vittime delle Migrazioni svoltasi al porto lo scorso giugno. 

Nel primo anniversario del naufragio di Roccella Jonica, nel giugno dello scorso, la rete 26 febbraio è tornata al cimitero di Armo per rendere omaggio alle vittime.

Il richiamo alle coscienze

Meta di preghiera ma anche di impegno civile di tanti volontari e scout arrivati da tutta Italia e anche oltre in questi anni, di tanti giornalisti, soprattutto stranieri, arrivati anche d’oltre oceano per sostare in questo luogo e raccontarne il senso e le storie, il cimitero dei migranti e dei poveri di Armo a Reggio Calabria rappresenta un forte richiamo alle coscienze sulle morti silenziose vicine e lontane. Negli angoli bui delle strade, nella solitudine di una stanza, negli abissi del Mediterraneo.

Due naufragi, di cui si abbia avuto notizia, al largo della Tunisia e della Libia nelle ultime settimane. 472 persone morte e 479 disperse dall'inizio dell'anno secondo quanto riportato dall'Oim, organizzazione internazionale delle Migrazioni.

Una tragedia senza fine, che prosegue pure lontano dall’attenzione mediatica. Eppure nel baratro della disperazione, accorciano distanze siderali, tracciando una speranza, il gesto civile di dare degna sepoltura e quello umano di pregare, oggi e sempre, in tutte le lingue che il cuore conosce e riconosce.