Nei centri dell’entroterra, la messa di mezzanotte e i presepi fatti a mano raccontano festività vissute come presenza, condivisione e cura degli altri
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In Calabria il Natale non è soltanto una ricorrenza liturgica. È un tempo che riporta al centro la comunità, soprattutto nei paesi dell’entroterra dove lo spopolamento ha svuotato le strade ma non del tutto le coscienze. Qui i riti religiosi resistono non per tradizione folcloristica, ma perché continuano a rispondere a un bisogno reale: stare insieme.
La messa di mezzanotte resta uno degli appuntamenti più partecipati dell’anno. Le chiese, spesso poco frequentate nei mesi ordinari, si riempiono. Non solo di fedeli abituali, ma anche di chi durante l’anno si è allontanato, fisicamente o spiritualmente. È un ritorno silenzioso, senza proclami, che racconta più di molte statistiche sulla secolarizzazione.
I presepi, spesso realizzati a mano, diventano il simbolo di una fede concreta. Non grandi allestimenti scenografici, ma piccole opere che parlano il linguaggio dei luoghi: sughero, muschio, pietra, mestieri antichi. In molti centri calabresi il presepe non è un oggetto da esposizione, ma un racconto collettivo che coinvolge intere famiglie e parrocchie.
Il ruolo dei sacerdoti, in questo contesto, va oltre la funzione religiosa. In molte realtà sono presidi sociali, punti di riferimento per anziani soli, famiglie in difficoltà, giovani in cerca di ascolto. Il Natale diventa l’occasione per rafforzare legami già fragili, per intercettare bisogni che il resto dell’anno restano nascosti.
Le novene, i canti tradizionali, le processioni sobrie ma partecipate restituiscono l’immagine di una religiosità che non cerca visibilità, ma relazione. Una fede che si esprime più nei gesti che nelle parole, più nella presenza che nella predicazione.
In una Calabria segnata da partenze continue, il Natale religioso assume così un valore ulteriore. Non promette soluzioni miracolose, ma offre un tempo di sospensione, di ascolto, di riconoscimento reciproco. È la dimostrazione che, nonostante tutto, esiste ancora un tessuto umano che tiene.
Per molti, varcare la porta di una chiesa a Natale non è un atto di devozione formale, ma un modo per sentirsi parte di qualcosa che resiste. E forse, in questa resistenza silenziosa, c’è una delle chiavi per comprendere il senso più profondo del Natale in Calabria.

