La lettura della sentenza sul disastro ferroviario aiuta a capire qual è il ragionamento dei giudici che escludono carenze di sicurezza attribuibili a Rfi. Restano dubbi e amarezza tra familiari e collettività
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Che sensazione dà leggere questo titolo sui giornali e sui social “Disastro di Pioltello, Nessuna prova di carenze nella sicurezza”? Il Tribunale di Milano ha depositato il giorno 25 agosto u.s. le motivazioni della sentenza di assoluzione dei vertici di Rfi: è cosi esclusa la responsabilità dell’ex ad M.G e della società. Condannato a 5 anni e 3 mesi solo l’ex capo dell’Unità manutentiva.
Per i giudici di Milano non vi sono prove di condotte commissive o omissive da parte dei soggetti rinviati a giudizio… «Il processo non ha consentito di accertare, al di là di ogni dubbio ragionevole, le ipotizzate carenze nel sistema di gestione della sicurezza ferroviaria imputate»: ecco la sintesi di 340 pagine di motivazione depositate. Ci si chiede se i togati abbiano applicato la teoria economica di parsimonia meglio nota come la teoria del rasoio di Occam.
La magistratura ha davvero scelto la soluzione più semplice tra più soluzioni egualmente valide del problema? Possono gli incidenti sul lavoro restare senza tutti i colpevoli? Si può ancora sempre morire a causa del lavoro e in occasione del lavoro? Si può essere sicuri nella vita reale salendo su un treno che finisce per deragliare a causa della negligenza di qualcuno? Si cercano davvero i veri colpevoli oppure basta trovare” l’agnello sacrificale”? Si può sostenere che la “colpa” e “la responsabilità” sia solo dell’ultimo anello (nella fattispecie dell’operaio in qualità capo manutentore-preposto) di una azienda così forte come RFI? I parenti delle vittime di questo incidente, la collettività intera può ancora credere che giustizia completa sia resa?
Competenti a definire l’istruttoria probatoria in caso di evento infortunistico sono anche gli ispettori del lavoro e spesso questi si mettono in discussione quando sopraggiungono sui luoghi degli infortuni e degli incidenti sul lavoro; spesso le risposte non si trovano subito ma la ricerca delle prove è si lunga, come non semplice è la ricostruzione della dinamica con la conseguente imputazione di responsabilità ed individuazione della reità in capo ai soggetti che non hanno impedito l’evento o quantomeno ridotto i rischi. Difficile è costruire l’assetto probatorio che i PM andranno a sostenere sulla base del rinvio a giudizio, difficile è per gli investigatori trovare le prove (e gli indizi) per sostenere una ipotesi delittuosa munita di un forte nesso di causalità che porti alla definitiva incriminazione ed allo sconto della pena giusta.
Nel caso di Pioltello, sconterà la sua responsabilità – ad oggi, stante la possibilità di appello ancora della Procura alla sentenza in esame - solo il preposto, figura che sul posto di lavoro deve vigilare per conto del datore di lavoro stesso sul corretto adempimento di alcuni obblighi in materia di sicurezza sul lavoro.
Le figure più importanti per la gestione della sicurezza rivestono posizioni di garanzia che servono a dare certezza nel corretto adempimento degli obblighi di legge, e fra questi, in termini esperienziali, non è esente mai il datore di lavoro, che ha l’obbligo primario di valutazione di tutti i rischi presenti e futuri in ordine alla attività da svolgere per eliminare o ridurre il pericolo e che comunque deve sempre sovraintendere alle situazioni( escluso il caso specifico della esistenza di una formale delega di funzioni, come disciplinata dal T.U. 81/08).
Andiamo con ordine e cerchiamo invece di capire meglio il ragionamento dei togati milanesi e soprattutto a comprenderne la logica, nelle 340 pagine della motivazione, con il massimo rispetto per i ricordi indelebili di morti e feriti a causa di un deragliamento dovuto “esclusivamente dalla rottura” di un giunto “ammalorato” nel cosiddetto “punto zero”.
Maledetto ammaloramento, maledetto punto zero.
A memoria il frate Francescano Guglielmo da Occam ha enfatizzato la condotta umana che riguarda l'alternativa fra teorie che abbiano lo stesso potere esplicativo, accordando la preferenza a quella col minor numero di presupposti, ma già Aristotele scriveva cosi "Possiamo presumere la superiorità della dimostrazione che deriva da un minor numero di postulati o ipotesi (a parità di altre condizioni)". Ed anche Tolomeo affermava in merito: "Riteniamo un buon principio spiegare i fenomeni con l'ipotesi più semplice possibile".
Quindi la difettosità del giunto che era “stata tempestivamente rilevata dagli operatori della manutenzione”. può risultare “irrilevante” tale da confermare l’impunità del datore di lavoro ai fini della sicurezza, non potendogli essere attribuite responsabilità dirette? Questa è la domanda su cui ci si deve soffermare.
Per i magistrati manca “un nesso eziologico”, cioè manca un rapporto causa-conseguenza, “fra l’omissione delle cautele individuate nell’imputazione a carico del datore di lavoro e l’evento da cui discende l’esistenza del reato di disastro ferroviario”, l’usura di un giunto. Ma di chi è il compito di garantire il corretto funzionamento dei macchinari, degli impianti e degli utensili? È si compito degli addetti (tecnici qualificati o personale interno con competenze adeguate - bene è stato il riconoscimento della prova in capo al capo manutentore) ma è compito degli stessi comunicare tempestivamente (perché si possa intervenire prontamente a riparare l’anomalia o sostituire i macchinari o utensili) al datore di lavoro eventuali malfunzionamenti, manomissioni o altre anomalie (quali l’usura). Ma dopo la comunicazione? L’intervento di ripristino deve essere immediato perché è il datore di lavoro che deve garantire la sicurezza degli operatori ( e della collettività in senso civilistico) e prevenire incidenti sul lavoro (art 71 t.U. 81/08).
Premesso che il nesso causale, o nesso eziologico, è il collegamento tra una determinata condotta (azione od omissione) e l’evento dannoso che ne consegue (in altri termini, si stabilisce se esista una relazione di causa-effetto tra il comportamento del soggetto e il danno verificatosi), la questione in esame, che qui dibattiamo, riguarda in particolare il grado di responsabilità dei soggetti ( compreso quella del datore di lavoro, oltre ai preposti ed al lavoratore) in ordine agli aspetti manutentivi della struttura e delle attrezzature di lavoro utilizzate. Il legislatore obbliga il datore di lavoro a predisporre un regime di verifiche e controlli, anche particolari. Nel tempo l’attività di manutenzione si è evoluta dall’essere una mera “riparazione quando si verifica un guasto” ad una “attività assai più complessa” che merita attenzione sempre maggiore. La manutenzione per la sicurezza sul lavoro è essa stessa sicurezza sul lavoro.
Nell’ambito della disciplina del nesso eziologico, lo studio dei decorsi causali atipici è uno dei temi più ostici e al contempo più interessanti, in quanto costringe gli operatori del diritto a misurarsi con situazioni e circostanze al di fuori dall’ordinaria consecutio degli eventi e la cui interpretazione richiede una conoscenza approfondita non solo delle norme giuridiche che regolano l’indagine causalistica ma anche di leggi di diversa natura (ad es. leggi scientifiche, statistiche, probabilistiche, massime d’esperienza, etc.) che necessariamente devono essere prese in considerazione per assicurare il rispetto delle garanzie dell’imputato e la ragionevolezza della pena. Del resto, anche molte recenti statuizioni in tema di rapporto causale che riguardano i reati in materia antinfortunistica hanno dimostrato come la “multifattorialità” caratterizzante gli eventi letali sia un aspetto che ancora oggi, nonostante la molteplicità dei dati statistici e delle conoscenze disponibili, continui a mettere in dubbio la certezza del collegamento eziologico e la riconducibilità delle morti al lavoro come rischio (Risk sharing). Forse proprio questo momento è il punto di caduta del giudizio sul caso Pioltello, proprio su questo si auspica invece una inversione di tendenza a supporto dell’appello da parte della Procura, laddove invece sulla scorta dei documenti giudiziari il nesso eziologico è già nella immediata comunicazione della anomalia (usura) e nella mancata immediatezza della reazione nella sostituzione del giunto.. senza indugiare nella ricostruzione e nella importanza del punto zero.
L’accertamento del collegamento tra condotta ed evento avviene in sede di “tipicità” in quanto il compito dell’interprete in quella fase è valutare, innanzitutto, se il fatto configurante un reato sia oggettivamente attribuibile al soggetto autore di un determinato comportamento (sia esso commissivo o omissivo). Naturalmente, l’indagine sulla sussistenza del nesso eziologico tiene conto del solo dato obiettivo e non anche del nesso psichico che eventualmente colleghi la condotta al suo autore: questo accertamento, infatti, benché attenga comunque alla categoria giuridica della tipicità, non riguarda il collegamento tra condotta ed evento ma è finalizzato ad “identificare” il fatto di reato sulla scorta dell’elemento psicologico che abbia mosso l’agente. Si parlare di soddisfacimento della causalità tipica nella sola conoscenza del giunto ammalorato? E cosa è successo dopo? Chi avrebbe potuto fare qualcosa dopo la conoscenza del malfunzionamento? Chi avrebbe dovuto vigilare e reagire alla comunicazione della notizia? Ahimè il datore di lavoro, secondo una posizione personale dell’ispettore del lavoro che riflette su questa sentenza
In un contesto globale caratterizzato da continui cambiamenti tecnologici in cui impera l’AI, normativi e organizzativi, la gestione efficace dei rischi associati ai cicli ed agli ambienti di lavoro è fondamentale per garantire condizioni lavorative sane, sicure e dignitose. Il monitoraggio e la sorveglianza degli eventi patologici e dannosi, sviluppati con approcci multidisciplinari e rafforzati dalla condivisione tra sistema pubblico e sistema imprese di strumenti e metodi per il miglioramento della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, supportano l’efficienza e la tempestività degli interventi di prevenzione.
Il diritto di tornare a casa dal lavoro sani non è negoziabile! Bisogna cooperare tutti affinché la prevenzione degli infortuni e degli incidenti sia reale e non rimanga irretita nelle sole carte che stazionano sulle scrivanie. Bisogna essere attori capaci e informati per poter denunciare situazioni pericolose. Passerà del tempo per alfabetizzare correttamente tutti gli attori, protagonisti e non, della scena sicurezza sul lavoro. Tutti siamo lavoratori e tutti abbiamo il diritto sacrosanto alla salute;è un bisogno essenziale.
*Ispettorato del lavoro