I penalisti cosentini: «Il “Monaco” reo, soltanto, di quel senso di umanità che, più, non ci appartiene»
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Difficile ricordare Padre Fedele Bisceglia senza che il pensiero precipiti immediatamente nella tragedia del perseguitato Enzo Tortora.
Unanimemente uomini per bene, sino a quando giustizia ingiusta e tribunale della folla abilmente aizzato ne hanno sfregiato, con un solo morso, presunzione di innocenza e libertà.
Solo oggi che non c’è più – dopo che la sentenza assolutoria per insussistenza del fatto ha posto fine ai latrati di quella folla - Padre Fedele è ricordato come il “patrocinatore degli “invisibili”, i dimenticati dalla società, e la “sua” Oasi Francescana” la Casa dei diritti di quegli “ultimi” che ancora danno un senso alla nostra Costituzione.
Ma, sulle spoglie del “frate ultrà” – divenute, purtroppo solo in queste ore, prerogative della politica - restano vive le stimmate dell’uomo morto da innocente, reo, soltanto, di quel senso di umanità che, più, non ci appartiene.
Queste stimmate devono diventare ferite perennemente sanguinanti nel Palazzo di giustizia in cui fu chiesta e sentenziata la ingiusta condanna di Padre Fedele.
E così come l’ingresso del Tribunale di Cosenza ricorda il martire Enzo Tortora, l’aula dello stesso Palazzo, in cui venne ingiustamente distrutta la vita della Persona Fedele Bisceglia, a lui, al suo sacrificio potrà essere titolata: perché non accada mai più !