La Calabria è terra generosa, fiera delle sue radici e dei talenti che ha consegnato alla storia. Non solo filosofi, santi, pensatori, matematici e giuristi: questa regione ha saputo lasciare un segno anche in ambiti inattesi. Lo ricorda l’incipit del volume “Il primato mondiale calabrese nel gioco degli scacchi”, curato da Giuseppe Paletta, che si apre evocando figure come Alcmeone e Milone di Crotone, Zaleuco di Locri, Cassiodoro di Squillace, Gioacchino da Fiore, Barlaam di Seminara, San Francesco di Paola, Bernardino Telesio, Luigi Lilio, Tommaso Campanella, fino al geniale Gioacchino Greco di Celico, considerato un campione degli scacchi ante litteram. Un pantheon che racconta l’ampiezza e la profondità dell’eredità culturale calabrese.

La prefazione di Pierluigi Passerotti chiarisce subito il cuore del libro: “Credo sia importante conoscere questa centralità della Calabria nella storia degli scacchi: è una parte della nostra storia”. Una storia che, tra Cinque e Seicento, vide la Calabria al centro dello sviluppo della strategia e della tattica di questo antico gioco.

Abbiamo incontrato l’autore, Giuseppe Paletta, calabrese, grande studioso e appassionato di scacchi.

Da dove nasce l’idea di raccontare il “primato calabrese” nel gioco degli scacchi e cosa l’ha spinta a riscoprire questa storia?

«L’idea nasce dall’impegno assunto, in occasione della “Prima giornata scacchistica silana” del 7 dicembre 1993 con lo storico Gustavo Valente, e dall’esigenza di restituire dignità e visibilità a una pagina affascinante ma spesso trascurata della storia calabrese. La Calabria, tra Cinque e Seicento, produsse due tra i più grandi maestri mai esistiti: Leonardo di Bona e Gioacchino Greco. Da studioso e appassionato di tradizioni regionali sono stato spinto dalla scoperta di manoscritti e testi antichi che evidenziavano non solo le doti tecniche, ma uno stile libero e creativo, capace di influenzare lo scacchismo europeo. Raccontare questa storia significa valorizzare un patrimonio di ingegno calabrese».

Qual è, secondo lei, il tratto comune che lega il genio calabrese di allora, da Leonardo di Bona a Gioacchino Greco, ai talenti di oggi?

«Il tratto comune è l’originalità nell’approccio e la capacità di pensare “fuori dagli schemi”. I grandi calabresi dello scacchismo storico hanno testimoniato una mentalità aperta, non esclusivamente tecnica, ma visionaria. Anche nei giovani talenti odierni cogliamo una tendenza a innovare, a sorprendere e a superare i confini della tradizione: il genio creativo resta il dna comune, capace di rispondere alle sfide e di promuovere un’identità orgogliosa ma cosmopolita».

In che modo gli scacchi possono ancora essere, come lei scrive, una “palestra del pensiero libero”?

«Gli scacchi allenano il rigore, la logica e l’immaginazione. A differenza di molte discipline, qui la libertà di pensiero si traduce in creatività strategica e coraggio nel rischio. Nella società contemporanea, dominata da automatismi e conformismo, gli scacchi restano uno spazio in cui esercitare la critica, l’indipendenza di giudizio e la riflessione: una palestra ideale per educare menti libere, capaci di immaginare alternative e soluzioni non scontate».

Che rapporto ha avuto con studiosi e maestri del calibro di Gustavo Valente e Pierluigi Passerotti?

«Ho avuto la fortuna di collaborare direttamente con Gustavo Valente, condividendo ricerche e pubblicazioni, e ho maturato grande ammirazione per la sua rigorosa dedizione filologica. Con Pierluigi Passerotti, invece, ho avuto occasione di confrontarmi su temi di didattica, beneficiando del suo approccio innovativo. Entrambi mi hanno arricchito: Valente per il valore storico, Passerotti per il suo sguardo pedagogico».

Quali sono le iniziative o i progetti futuri per valorizzare il patrimonio scacchistico e culturale calabrese nel mondo?

«Sono in corso progetti di digitalizzazione dei manoscritti dei grandi maestri, la creazione di archivi online e video-corsi rivolti sia a giovani che ad appassionati. Si sta lavorando per istituire festival internazionali e collaborazioni con musei, promuovendo mostre itineranti. L’obiettivo è rendere la storia degli scacchi calabresi accessibile, contemporanea e sempre più riconosciuta a livello globale».

Se dovesse sintetizzare in una sola mossa di scacchi lo spirito della Calabria, quale sarebbe e perché?

«Se dovessi scegliere una sola mossa: il “gambetto”, ovvero il sacrificio consapevole del pedone per lanciare un attacco creativo. Il gambetto incarna perfettamente la Calabria: audacia, rischio, visione e capacità di sorprendere, anche dopo momenti difficili. La forza non sta solo nelle risorse materiali, ma nel coraggio di inventare e di cambiare la partita».

Il libro di Paletta non è solo un omaggio ai grandi scacchisti calabresi del passato, ma un invito a riscoprire un patrimonio culturale che appartiene alla storia europea e, allo stesso tempo, all’identità profonda di una terra capace di sorprendere.