In un’epoca di urla e rancori, la libertà è un atto silenzioso ma potente: capire invece di odiare, informare senza piegarsi, raccontare con onestà. E se dà fastidio, è perché funziona
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Essere liberi oggi non è una bandiera da sventolare, ma una postura interiore, un dovere morale. La libertà vera – quella di informare, di raccontare, di far conoscere – non è mai sguaiata. Non ha bisogno di urla, né di insulti. Non rincorre i like, non si piega ai poteri, non si fa comprare né intimidire. E, proprio per questo, dà fastidio.
Dà fastidio a chi vive di rancore e di rabbia. Dà fastidio anche a quanti, presi dalla guerra contro qualcosa o qualcuno, dimenticano che il nostro mestiere non è odiare, ma capire. La libertà autentica è silenziosa ma ostinata. È fatta di verità dette senza paura, anche quando costano.
Essere liberi non significa sentirsi migliori, ma è l’unico modo serio di fare giornalismo. Un giornalismo che non impone, che non urla, che non giudica, ma che illumina.
Informare da uomini liberi, oggi, è un atto politico nel senso più alto: è difendere la democrazia e la libertà, ogni giorno, con il lavoro, con l’onestà, con la schiena dritta. È scegliere la verità, sempre. Anche quando è scomoda. Soprattutto quando è scomoda.
E se questo dà fastidio, vuol dire che siamo sulla strada giusta.