Saliti a bordo, troviamo un calendario i cui giorni vanno contati solo al rovescio. E la voglia di andare indietro nel tempo diventa inarrestabile. Ecco che basta una sola parola e finiamo per essere catapultati in un determinato periodo del passato. Nel nostro caso, la parola è "Estate".

Fermata “Il borgo”

Vallefiorita è un borghetto catanzarese in cui l’aura della storia passata permane. Nel percorrerlo, si scorge il valore delle antiche strutture del paese che lo hanno portato a far parte del Cammino Basiliano lo scorso 29 giugno. Ma ogni angolo è intriso di storia.

Ci troviamo al crepuscolo, verso la campagna. Le cicale stanno ancora cantando, e così anche il fiume che scorre inesorabile, mentre gli alberi dettano il ritmo di questa melodia applaudendo, mossi dal quiete vento estivo che porta serenità. Di fronte, una panchina, luogo di ritrovo di Tota, Rosina, Concetta, Teresa, Maria, Rosa, e di tanto in tanto anche Bettina e Caterina.

Fermata “Memorie di campagna”

Adesso si godono l’estate nella tranquillità del riposo. Ma come era la loro estate un tempo? «Andavamo nei campi di grano di notte. C’era chi mieteva, chi fasciava le spighe, chi curava “a timogna” (un grosso mazzo composto da più fasci di grano). Per noi quello era divertimento. Poi una persona iniziava a intonare uno stornello e le altre si accodavano tutte. Erano canti riguardanti più che altro l’amore. Però si lasciava spazio anche a qualche stornello divertente. Un esempio:

Arzira cu ‘a lucia de la luna

vitti na fhicareda a malangiana.

Nu sianzu mi dicìa “pigghjianda una”

e natru sianzu mi dicìa “guarda cu’ vena”.

Ala ‘nchijanata, ‘nchanai sicuru ma pigghjiu,

ma ala scinduta si ruppiu ‘na rama.

Non ciangiu nè lu fhicu né lu patruna;

ciangiu ca si ruppìu a miagghjiu rama.

“Ieri sera con la luce della luna

ho visto un albero di fico melanzana.

Un presentimento mi diceva di prenderne uno

e un altro mi diceva “attento a chi viene!” [il padrone].

Sono riuscito a salire a prenderlo,

ma poi mentre scendevo si è rotto un ramo.

Non mi dispiace né per il padrone che avrebbe potuto scoprirmi

né per il fico che non ho potuto prendere,

ma perché ho rotto il ramo che produceva i frutti migliori”.

Questo stornello ci faceva tanto ridere, sdrammatizzando le disavventure che capitavano quotidianamente. Si soffriva abbastanza la fame. Il nostro “Pane e Nutella” era una fetta di pane con “i frittuli” o “i zunzulìadi” (la pelle e il grasso del maiale). Oltre al pane, ogni tanto le mamme facevano i “vecchjiariadi” (frittelle fatte solo con acqua, farina e sale).

Il grano veniva “scucuzzatu” (battuto) e messo in grandi ceste che le donne poggiavano in perfetto equilibrio sul capo per portarlo al mulino per farne pane o pitta. “U calatura” (qualcosa per accompagnare il pane) scarseggiava. Quando si ammazzava il porco si appendevano le salsicce in cantina. Ma andavano razionate perché servivano per le grandi occasioni religiose come la Pasqua o San Rocco ad agosto. Eppure, c’era sempre il furbetto della famiglia che andava di nascosto a rubarle».

Mentre ridono, mi permetto di nominare il mare, ma mi mettono subito in guardia: «Non si usava andare al mare. Non c’erano i mezzi di trasporto. Ma poi il mare è traditore! Ti “‘nghjiutta” (ti inghiotte, ti fa annegare). Però andavamo a portare le pecore. A piedi».

Fermata “Memorie di mare”

Con loro manca un’altra Rosina, che in periodo di Pasqua si è già aperta a noi ricordandone le tradizioni di un tempo. Nell’incontrarla, ci conferma quanto detto dalle amiche e aggiunge: «Ricordo un inverno in particolare in cui fece molto freddo. Le pecore si ammalarono e alcune divennero zoppe. Mio padre decise, così, di portarle al mare in estate per farle stare nel fresco dell’acqua, nella speranza che guarissero. Lui ne prendeva una e la metteva in acqua. Le altre le andavano dietro e facevano una sorta di danza, tutte insieme. Roteavano un po’ in acqua prima di tornare a riva».

Ciò che colpisce è che queste trasferte si facessero camminando. Il mare più vicino distava quasi 15 km, percorsi a piedi, su strade sterrate e lungo il fiume. Il paesaggio era incontaminato: niente asfalto, niente villette al mare, niente auto. Solo fiumi, alberi che popolavano la spiaggia e il mare. E qualche pecora portata da lontano.

La nostra prima tappa nelle Memorie d’Estate finisce qui, ma vi aspettiamo per il prossimo emozionante viaggio indietro nel tempo!