Emozione e commozione sono i sentimenti che hanno dominato il conferimento della cittadinanza onoraria a Gianni Infantino, numero uno della Fifa, da parte dell’amministrazione comunale di Reggio Calabria. Per ben due volte il presidente del governo mondiale del calcio, giunto a palazzo San Giorgio alla stregua di un capo di Stato, con un mini corteo di tre auto, si è dovuto fermare durante il suo intervento senza riuscire a trattenere l’emozione che gli ha fatto venir meno la voce. Il sindaco Giuseppe Falcomatà dal canto suo, accogliendolo con tutti gli onori dovuti alle personalità di spicco, non ha nascosto l’orgoglio per una cerimonia che affonda le radici nel tempo, almeno un anno fa, quando questa opportunità si è resa fattibile.

«Dobbiamo partire dall'inizio – ha esordito il primo cittadino - dobbiamo partire dalle origini di questa storia, da quando il papà dell'avvocato Infantino, Gianni Infantino, è partito dalla nostra città per andare in Svizzera a provare a creare il proprio futuro. È importante partire da qui perché la storia della famiglia Infantino è un po' la storia del nostro Paese, è la storia del Mezzogiorno di questo Paese, è la storia del Sud, è la storia della Calabria, di milioni di donne, uomini, che a un certo punto della loro vita si sono trovati di fronte a un bivio, alla scelta cioè se rimanere nella città con tutte le difficoltà del caso o andare via e scrivere il proprio futuro lontano da casa, ed è una storia della quale tutti ci possiamo identificare perché ognuno di noi ha nella propria famiglia qualcuno che in passato, magari addirittura oggi, è ancora costretto, è ancora obbligato a questa scelta».

Infantino: «Mi emoziono perché è la città di mio padre»

Parole che hanno fatto breccia nel cuore di Gianni Infantino che non tradisce mai le sue origini. «Mi emoziono perché è la città di mio padre – con un nodo in gola - e se oggi sono chi sono, Presidente della FIFA, e se due settimane fa ero alla Casa Bianca, con il Presidente Trump, la settimana scorsa a città del Messico con la Presidente del Messico, l'emozione che provo oggi non è paragonabile. Però se sono riuscito a fare quello ho fatto e che farò è grazie a questa terra, a questa città, a questi valori, questa voglia di fare, di sognare e di provarci. Poi quando ci riesci, devi fare sempre un po' di più».

Parole dette col cuore, che seguono quelle del sindaco Falcomatà che ha spiegato il senso di una onorificenza che il Consiglio comunale appena due giorni fa ha votato all’unanimità: «Il presidente Infantino con la voglia di arrivare, con il sacrificio, con l'impegno, con il lavoro, con tutto quello che è il bagaglio del nostro essere calabresi, è riuscito ad arrivare nelle istituzioni dello sport ed è ancora di più la dimostrazione che non è vero che noi siamo nati qua, nell'angolo sbagliato del mondo, non esiste la scusa per arrendersi di fronte al contesto territoriale nel quale si è nati, intanto perché non è vero ma soprattutto perché questo ci fa recuperare ancora di più la dimensione di orgoglio dell'essere nati in questa terra».

Falcomatà: «Ha capito che il calcio è un linguaggio universale»

Falcomatà ha quindi ricordato che la cittadinanza onoraria è il frutto non soltanto degli straordinari risultati raggiunti da Infantino e di quanto lo stesso sia rappresentativo della città e dell'immagine positiva della città, ma anche per il modo in cui ha svolto, e sta svolgendo, il suo ruolo di Presidente: «Ha compreso quanto lo sport e il calcio in particolare siano un linguaggio universale, siano un linguaggio diretto, abbiano una potenza mediatica che probabilmente noi non conosciamo fino in fondo, perché è attraverso lo sport che si può non soltanto parlare di alcuni problemi ma assumere su di sé un pezzettino di responsabilità nella risoluzione di quei problemi, penso al contrasto al razzismo, penso al contrasto alla povertà, anche all'educazione alimentare, penso alle battaglie sui diritti civili, ma penso anche a quanto è cresciuto il movimento femminile nel mondo del calcio in questi anni e questo significa assumere su di sé la responsabilità di veicolare messaggi positivi e di non fare finta di non vedere ciò che succede intorno a noi attraverso quel ruolo che si ricopre».

Il presidente Infantino alla fine della cerimonia si è concesso ai giornalisti con l’unica condizione di non toccare altri temi. «Questa è la città dove abitavo da piccolo, molti ricordi, molte emozioni – ha detto ritirando la pergamena -. I più bei ricordi sono poi anche quelli che continueremo a scrivere, noi, i nostri figli, regalandogli queste radici e ovviamente anche le ali per girare il mondo, per avere un impatto nel mondo, noi cerchiamo alla FIFA di avere un impatto nel mondo, di dare speranze, di dare possibilità, di dare una chance a molte bambine, molti bambini nel mondo intero, c'è anche gente che non ha la fortuna di nascere o crescere in ambienti agiati e moderni, però se riusciamo a dare una speranza, un sorriso, siamo già riusciti a fare moltissimo e effettivamente partendo da qui, dal profondo sud, da Reggio».

Infantino: «A Reggio e al Sud serve una squadra in Serie A»

Tra i ricordi sportivi di Infantino c’è sicuramente lo stadio e la Reggina, quando «si andava e con due biglietti – dice ridendo – entravamo in venti, però facevamo tifo». A proposito, questa sera Infantino proverà ad indossare anche una divisa per partecipare alla partita di “operazione nostalgia” che ha portato al “Granillo” due squadre di campioni pronte a dare spettacolo.

Il discorso scivola inevitabilmente proprio sulla squadra amaranto che si accinge ad iniziare la sua terza stagione in serie D: «tanti ricordi di infanzia, e questo colore amaranto che abbiamo stampato nel cuore e che dà tanta gioia a tante persone e adesso effettivamente ne abbiamo parlato, vedere la Reggina non in serie A, non va bene. Bisogna fare qualcosa, pensiamoci un po', perché la città, la Calabria e il sud, l'Italia, merita di avere una squadra di calcio forte che militi nella massima serie. Dobbiamo lavorare tutti insieme, mi ci metterò anch'io insieme a voi a vedere cosa possiamo fare, perché come dicevo il calcio è speranza, il calcio è passione, il calcio è gioia e lo si vede nel mondo intero, ovunque vai, che ha un impatto sociale che non si può paragonare a nient’altro. Incide sulla popolazione, sul modo di vivere, sull'orgoglio, sull'essere fieri delle proprie radici. Ecco, questo, questa voglia di fare, di dare sempre qualcosa in più degli altri, è qualcosa che porto dietro sicuramente da questa terra, dai calabresi che non si arrendono mai».