Il nuovo anno scolastico 2025-2026: tutte le novità in arrivo. Dal calendario alle regole in classe, dai voti di condotta alle riforme per i docenti. Ecco una guida chiara per capire cosa cambia dal prossimo settembre.

Le date del calendario scolastico

Le date di inizio dell’anno scolastico variano da regione a regione:

  • 8 settembre: Provincia autonoma di Bolzano
  • 10 settembre: Piemonte, Trentino, Veneto, Valle d’Aosta
  • 16 settembre: Calabria

Le lezioni termineranno tra il 6 e il 16 giugno 2026, mentre per la scuola dell’infanzia si proseguirà fino al 30 giugno.

Le novità principali

Cellulari vietati a scuola

Il divieto di smartphone si estende ora anche alle scuole superiori. I telefoni dovranno rimanere spenti o consegnati ai docenti, salvo autorizzazioni specifiche per attività didattiche. Sono previste sanzioni per chi non rispetta la regola.

Più peso al comportamento nella valutazione

La valutazione sarà continua durante tutto l’anno. Atteggiamenti violenti o scorretti potranno comportare sospensioni o la non ammissione all’anno successivo. Chi riceverà un “6” in condotta dovrà presentare un elaborato sul tema della cittadinanza attiva

Le riforme in arrivo

  • Istituti tecnici: già avviata la riforma del percorso 4+2, che ridurrà a 4 anni gli studi, seguiti da due anni di formazione professionalizzante
  • Assunzioni docenti: nuovi criteri per il reclutamento e graduatorie più ampie
  • Scuole paritarie: controlli più rigidi e stop ai cosiddetti “diplomifici”
  • Carta docente: ampliata la possibilità di utilizzo anche per acquisti audiovisivi
  • Asili e welfare: i fondi PNRR sono destinati a nidi e scuole dell’infanzia

Una scuola più inclusiva e digitale

Le nuove linee guida puntano a una maggiore autonomia scolastica, potenziamento delle competenze digitali, didattica innovativa, inclusione e benessere psicologico

Il 2025-2026 sarà un anno di importanti cambiamenti, dicono dal ministero.

Ma qualcosa non torna

La scuola italiana ha bisogno di una vera riforma dei programmi e del suo modello educativo.

Le novità del calendario e delle regole di condotta, pur importanti, non bastano a risolvere il vero nodo della scuola italiana: il suo modello educativo è fermo da decenni.

Gli studenti vivono immersi in un mondo digitale, rapido e interconnesso, ma troppo spesso le aule rimangono ancorate a un sistema rigido, basato su programmi vecchi, su una didattica frontale e su strumenti che non parlano più il linguaggio dei ragazzi. La distanza tra scuola e realtà continua ad allargarsi.

Occorre ripensare i programmi, alleggerendoli dall’eccesso nozionistico e aprendo più spazio a competenze trasversali, capacità critiche, uso consapevole della tecnologia, educazione civica e digitale. In una società che cambia, la scuola non può limitarsi a trasmettere contenuti: deve formare cittadini responsabili e preparati ad affrontare sfide nuove, dal lavoro all’ambiente, dall’intelligenza artificiale alla cittadinanza globale.

Il nodo insegnanti

C’è poi il tema degli insegnanti: l’età media supera i 50 anni e il ricambio generazionale procede con estrema lentezza. Non è un problema di anagrafe, ma di strumenti.

Un corpo docente troppo distante dal linguaggio digitale e dalle dinamiche sociali rischia di non essere riconosciuto come punto di riferimento. La formazione continua deve diventare una priorità: non corsi formali e burocratici, ma veri percorsi di aggiornamento didattico, digitale e relazionale.

La scuola deve ritrovare anche il suo lato umano. Il rapporto tra insegnante e studente non può essere solo valutazione e disciplina, ma dialogo, ascolto, orientamento. I ragazzi chiedono figure che sappiano guidarli, comprendere le difficoltà, stimolare curiosità e responsabilità.

La scuola italiana ha un patrimonio enorme di professionalità, tradizione e cultura.

Ma senza una riforma profonda dei programmi e del modello educativo rischia di rimanere indietro, con conseguenze pesanti non solo per gli studenti, ma per l’intero Paese.

Perché una nazione che non investe davvero nella sua scuola è una nazione che rinuncia al proprio futuro.