«In questo locale è vietato offrire». Lo si legge su un cartello esibito in bella vista sul bancone di un noto bar pasticceria di Mileto. Ma non è un caso isolato. Sono tanti i bar nel Vibonese dove avvisi dello stesso tenore accolgono i clienti, con grande perplessità e qualche sorriso d’imbarazzo per chi non è di queste parti e non si spiega perché in un locale pubblico sia vietato ciò che in teoria dovrebbe essere assolutamente lecito. Anzi, quale esercente sano di mente rinuncerebbe a qualche incasso in più?

La questione è più complessa. Il “divieto” è a tutela di chi si sente costretto a pagare la consumazione di amici o semplici conoscenti presenti nel locale, per rispettare un’usanza che nel corso degli anni è degenerata, passando da un semplice gesto di cortesia e talvolta di “rispetto”, a una sorta di obbligo mal sopportato.

Sui banconi dei bar vibonesi spuntano i cartelli contro “l’obbligo” di pagare il caffè agli altri


Un gesto che, al netto della fastidiosa imposizione implicita, non tutti possono permettersi. Più facile per qualcuno rinunciare al caffè. Così, per evitare di perdere clienti, molti baristi, soprattutto quelli dei centri più piccoli e periferici, decretano il “vietato offrire”.

Nel bar di Mileto la “legge” vale da sempre: «Qualcuno fa resistenza ma noi siamo intransigenti», spiega Roberto Raffaele, fratello del titolare del bar pasticceria “Golose tentazioni”. «Nei piccoli paesini ci conosciamo tutti – dice Roberto – e per una semplice colazione un singolo cliente invece di spendere 2.50 per cappuccino e cornetto, può arrivare a sborsare anche 12 euro. Ecco perché abbiamo deciso di applicare questa regola, così tutti possono entrare serenamente, consumare il loro caffè o acquistare dolci e andare via senza l’obbligo di dovere offrire o dovere ringraziare qualcuno per la colazione pagata».
E se insistono? «Niente da fare. Qualche cliente ci ha provato, ma noi siamo stati inflessibili e i clienti si sono adattati. Altri colleghi hanno provato a far applicare la regola, ma alla fine hanno desistito».
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