C’è un fantasma che sta attraversando la nostra società. Il fantasma di una vera e propria crisi culturale, profonda e radicata. È un attacco sistematico alla scienza, al pensiero razionale, ai fatti documentati. Senza alcun dubbio possiamo definirla un’ondata di ignoranza che, sotto le mentite spoglie della “libertà di pensiero”, sta minando le basi stesse del sapere.

Per cui se si parla di un grande caldo, ecco che ti senti rispondere: «Per forza, è estate, è normale». Si stanno rapidamente sciogliendo i ghiacciai? «Ma no. È il solito allarmismo mediatico». Le pandemie? «Costruite in laboratorio». La Terra? «Ma è piatta, basta guardarla bene». E le alluvioni? «Ma non leggete la Bibbia? Ci sono state alluvioni di 40 giorni e 40 notti». E dei vaccini ne vogliamo parlare? «Ma sono un mezzo per controllare le masse, ormai lo sanno tutti».

Sembrano battute, ma sono pensieri reali, spesso rilanciati da personaggi politici, influencer, pseudo-giornalisti. La cosa grave è che queste tesi così assurde non sono più relegate ai margini della società, non sono nemmeno paragonabili a chiacchiere da osteria in stile anni ‘60. La verità è che si stanno trasformando in una nuova, preoccupante normalità. Sono diventate come un fatto scontato a cui credere, proprio perché viene dal basso, non dallo scienziato o dal professore. Ed è assurdo, perché più è basso il livello più la bufala viene ritenuta verità scientificamente indiscutibile.
Si tratta di una deriva pericolosa che insinua il dubbio sistematico, delegittima gli esperti e spinge milioni di persone a fidarsi più di un video su TikTok che di una pubblicazione scientifica.

Il negazionismo climatico, ad esempio, non si limita più a qualche commento sui social: è diventato un freno culturale e politico alla transizione ecologica. Si banalizza l’emergenza ambientale con frasi come «fa caldo perché è estate», ignorando decenni di dati che indicano un cambiamento rapido e drammatico delle condizioni globali.

Ma anche in questo caso c’è qualcosa di più grave e più profondo considerato che a sostenere queste tesi assurde, sono molto spesso capi di governo, personalità del mondo politico e e addirittura di interi partiti. Soprattutto in Occidente, dall’Europa agli Stati Uniti, dove sono stati smantellati anni di ricerche scientifiche, accordi fra paesi per fermare in qualche modo le conseguenze della devastante crisi climatica.

Per cui oggi, mentre le temperature fanno registrare record impressionanti e i morti cominciano a contarsi a migliaia, assistiamo a ritardi nelle politiche ambientali, a forti opposizioni alle energie rinnovabili, all’apatia di fronte alla siccità, agli incendi, all’innalzamento dei mari.

Lo stesso vale per i movimenti no-vax: hanno trasformato un fondamentale strumento di salute pubblica in un terreno di scontro ideologico. Hanno alimentato sfiducia, paura e complottismo, portando alla risorgenza di malattie che credevamo sconfitte e creando tensioni sociali laceranti.

E poi ci sono i terrapiattisti, i complottisti delle scie chimiche, i negazionisti dell’evoluzione. Sembrano marginali, ma fanno parte di uno stesso ecosistema culturale tossico.

La cosa più grave è che tutto questo non fa più scandalo. In tanti parlano di pensiero alternativo, dandogli quindi comunque una valenza e una certa attendibilità. Ma quello che non si vuole capire è che non ci troviamo davanti ad opinioni diverse, ma siamo alla deformazione sistematica della realtà.

E così l’ignoranza si fa sistema. Si diffonde tra giovani e adulti, in ambienti colti e in contesti popolari, sostenuta da algoritmi che privilegiano ciò che è virale a scapito di ciò che è vero. Si insinua nelle istituzioni, nella politica, persino nell’informazione, spesso incapace o non disposta a distinguere tra fatti e opinioni.

L’atto finale di questo processo è che la scienza viene calpestata, derisa, anche nei dibattiti televisivi dove sempre più spesso trovano spazio le tesi allucinanti di sedicenti esperti. Mentre chi difende le tesi scientificamente provate, viene accusato di essere servo del potere, o parte di un complotto ordito dal misterioso governo occulto del mondo.

E non siamo davanti a derive folkloristiche. Siamo davanti a una emergenza culturale, che rischia di compromettere la nostra capacità di affrontare le sfide cruciali del nostro tempo: la crisi climatica, le pandemie, l’innovazione tecnologica, l’educazione delle nuove generazioni.

Una società che rifiuta la scienza, che deride gli esperti e che costruisce le proprie convinzioni su tesi assurde, non ha futuro.

La grande sfida che abbiamo davanti è quella di riconnettere l’opinione pubblica con la scienza, per rimettere al centro il sapere. In sostanza, non possiamo più accettare che la verità possa essere sepolta sotto una valanga di sciocchezze. Perché di questo passo tornare all’epoca delle caverne è veramente un rischio che abbiamo già cominciato a correre.

Senza nemmeno rendercene conto.