Non si trattava di singoli viaggi disperati, ma di una macchina ben oliata, capace di pianificare rotte, addestrare scafisti e incassare denaro in maniera strutturata, quasi aziendale. A confermarlo sono le indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giuseppe Lombardo insieme al Servizio centrale operativo della Polizia e alla Squadra mobile reggina, che ha portato stamattina a 25 arresti mentre altre 43 persone sono indagate a piede libero.

Quattro le “frange” individuate nell’inchiesta avviata nel 2019, ciascuna con una funzione chiave nel traffico di migranti attraverso la rotta del Mediterraneo orientale. Dalla Georgia partivano ordini e soldi: era lì che si formavano gli scafisti, istruiti alla navigazione, e dove operavano gli intermediari finanziari. Sempre dalla Georgia – secondo le carte dell’inchiesta – passavano i flussi di denaro verso parenti e complici.

La Moldavia e l’Ucraina fornivano invece la “manodopera” per le traversate: giovani uomini reclutati per governare le imbarcazioni, prevalentemente barche a vela di 12-15 metri, caricate fino all’estremo pur di massimizzare il guadagno. Il prezzo per salire a bordo? Tra i 4.000 e i 12.000 dollari a persona.

La Turchia era il punto di partenza fisico del viaggio. Le coste nei pressi di Bodrum, Izmir e Marmaris venivano utilizzate come piattaforme di lancio verso l’Italia, con la complicità di gruppi locali che gestivano imbarchi e contatti diretti con i migranti e le loro famiglie. Un’organizzazione vera e propria, con base anche a Istanbul, dove si perfezionavano gli accordi.

A dare il via all’operazione, è stato un mandato emesso dal giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria. Ma la portata dell’inchiesta è tutt’altro che locale: tra i 43 indagati in stato di libertà ci sono infatti cittadini residenti tra Italia, Georgia, Ucraina, Moldavia, Turchia e Grecia.

Alla base di tutto centinaia di intercettazioni, analizzate con l’aiuto di decine di interpreti, incrociate con le testimonianze dei migranti sbarcati in Italia e con una mole imponente di flussi finanziari sospetti. I pagamenti, tracciati tramite circuiti come MoneyGram e Western Union, portavano spesso a destinatari in Georgia o Moldavia: parenti degli scafisti o finanziatori coinvolti nella gestione del traffico.

L’operazione – che ha richiesto il coordinamento internazionale di Europol, Eurojust e il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia – ha anche permesso il sequestro di oltre 3,3 milioni di euro, ritenuti provento diretto dell’attività criminale.

Occhiuto: «La rotta del Mediterraneo orientale rischiosa e sottovalutata»

«Un sincero ringraziamento alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giuseppe Lombardo, e agli uomini della Polizia di Stato del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile per la brillante operazione che ha smantellato un vasto traffico di migranti tra la Turchia e la Calabria». A scriverlo è il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto.
«Grazie a un’indagine approfondita – prosegue – è emerso un sistema criminale spregiudicato che, tra il 2017 e il 2022, ha organizzato oltre 30 sbarchi, facendo arrivare sulle nostre coste circa duemila migranti stipati su barche a vela, per un giro d’affari milionario».

«Questa operazione – aggiunge – conferma la pericolosità della rotta del Mediterraneo orientale e le sue articolazioni internazionali. Dopo il tragico naufragio di Cutro del febbraio 2023, la Calabria ha più volte richiamato l’attenzione sui rischi crescenti di questa tratta, troppo spesso sottovalutata».

«Sono certo – conclude Occhiuto – che il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine aiuterà lo Stato a rafforzare il contrasto a queste reti criminali, che lucrano sulla disperazione di chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà».