L’inchiesta

«Aieta può reiterare i reati»: ecco perché l’ex consigliere regionale deve stare lontano dalla Calabria

Le motivazioni del gip Mesiti che, rigettando la richiesta di misura cautelare in carcere, ha concesso invece il divieto di dimora nella nostra regione. Gli indagati: «Siamo intercettati…»

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di Antonio Alizzi
19 gennaio 2023
11:20
Giuseppe Aiete
Giuseppe Aiete

Giuseppe Aieta non può più inquinare le prove, ma può reiterare il reato. Così il gip del tribunale di Paola Rosamaria Mesiti nelle motivazioni che hanno portato l'ex consigliere regionale della Calabria a stare lontano dalla propria terra d'origine, a seguito della misura cautelare del divieto di dimora in Calabria, applicata dal giudice cautelare di primo grado, nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla procura di Paola in ordine ai presunti reati di corruzione, tentata estorsione, truffa e falso.

Premesso che il gip Mesiti ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza per tutti i capi d'imputazione, nel caso di Aieta ha fatto un ragionamento diverso circa le esigenze cautelari. Per il gip di Paola è corretta la qualificazione giuridica dei fatti contestati ai capi A, D, E, F e G, ovvero quelli che riguardano la gestione delle Terme Luigiane, l'assunzione del sindaco di Acri Pino Capalbo nella struttura regionale speciale di Aieta, la promessa di assumere nella stessa il figlio del sindaco di Longobucco Giovanni Pirlllo, i rapporti intercorsi con Emilio Morelli, che la procura ritiene sia in realtà il «falso autista di Aieta», e infine le sollecitazioni mosse ai dirigenti del Dipartimento Salute della Regione Calabria e ai vertici dell'Asp di Cosenza circa l'accreditamento di una struttura sanitaria di proprietà dell'imprenditore di Corigliano Rossano Giuseppe Chiaradia.


Per Aieta non c'è il pericolo di inquinamento probatorio

Secondo il gip Mesiti, non sussiste, ad oggi, il pericolo di inquinamento probatorio da parte di Aieta e sul punto ritiene non sufficiente la valenza indicativa riportata nelle conversazioni in cui l'ex consigliere regionale parla delle cimici che potrebbero essere state installate nella sua auto. La procura infatti aveva evidenziato il colloquio tra Dante Ferrari e Giuseppe Tucci, nel corso del quale il primo diceva al secondo che «ho incontrato l'altro giorno ad Aieta che mi ha raccontato un po' di dettagli ed è sicuro che al 100% che siamo intercettati... ahi capì per non fare sentire i cazzi nostri».

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Il gip Mesiti scrive: «Dette esternazioni - e in particolare il contenuto della frase di Ferrari - sebbene ove estrapolate dal contesto storico delle indagini si prestino a far sorgere il sospetto che gli indagati - e in particolare Aieta - abbiano avuto accesso a informazioni attinente alle indagini e coperte da segreto, ove contestualizzate e lette alla luce di quello che, al momento delle conversazioni», quella del 3 settembre 2021, «era l'ormai avanzato stato delle indagini». Per il gip le conversazioni captate sarebbero frutto di «deduzioni derivanti dalle cognizioni avute direttamente o indirettamente dall'indagato in virtù delle attività del procedimento che lo avevano già visto coinvolto».

La reiterazione di reati

Quanto al secondo aspetto giuridico, ritenuto necessario per applicare una misura cautelare, il gip Mesiti ritiene che «sussista invece il concreto e attuale pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede». Sottolineato il fatto che Aieta è comunque una persona incensurata, «detto pericolo è desumibile dalle concrete modalità dei fatti per cui si procede, che denotano una spiccata attitudine - nonché concrete possibilità e capacità - dell'indagato nel piegare il munus pubblico all'interesse privato, e nello specifico a quello particolare dei privati corruttori, a loro volta impegnati a (e in grado di) procacciare voti in favore del predetto mediante un uso distorto dei poteri d'ingerenza di fatto acquisiti in virtù delle attività svolte nel tessuto economico e sociale del territorio calabrese».

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Secondo il gip «il numero, l'estensione temporale e la consistenza degli atti e comportamenti venuti in rilievo nelle vicende in esame - denotando sostanziale indifferenza verso interessi pubblici e collettivi di altissimo rilievo, fanno ritenere che le condotte per cui si procede, lungi dal rappresentare episodi sporadici ed occasionali, siano invero espressione di un vero modus operandi dell'indagato nei contesti pubblici e sociali di riferimento». Il gip contesta quindi ad Aieta di aver messo a disposizione la funzione pubblica di consigliere regionale per soddisfare «predeterminati interessi particolari di privati corruttori, interferendo altresì a tal fine - in taluni casi - anche con l'operato di altri pubblici funzionari».

Perché Aieta lontano dalla Calabria e non in carcere

Infine, l'ultimo aspetto trattato dal gip Mesiti, in relazione alla misura cautelare da applicare all'ex consigliere regionale del Partito democratico, è quello del mancato accoglimento della custodia in carcere. Il divieto di dimora in Calabria infatti, secondo il gip, è la misura più idonea allo stato attuale, tenuto in considerazione dell’incensuratezza dell'indagato, della fisiologica attenuazione del grado e dell'intensità del pericolo come tale «desumibile dal non breve tempo trascorso tanto dall'epoca dei fatti quanto dalle ultime emergenze relative alle elezioni regionali del 3-4 ottobre 2021 e in considerazione del diverso e più ristretto ambito operativo diretto del ruolo pubblico rivestito dall'indagato a partire dal 9 ottobre 2020», ovvero quello di consigliere comunale di Cetraro. In conclusione, per il gip Mesiti, il divieto di dimora in Calabria, che il 24 gennaio 2023 sarà valutato anche dal Tribunale del Riesame di Catanzaro, appare la misura più proporzionata «alla gravità dei fatti e alla pena che si ritiene potrà essere applicata all'esito dell'eventuale giudizio».

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