Lotta alle mafie, la nuova lotta nel solco di Giovanni Falcone. È stato questo il tema dell’approfondimento “Dentro la notizia”, condotto da Pier Paolo Cambareri, andato in onda oggi su LaC Tv (qui per rivedere la puntata).
Ospite della trasmissione, il docente Unical di Pedagogia dell’antimafia, Giancarlo Costabile, da anni impegnato nella diffusione di una cultura della legalità e della memoria attiva.


L’ordinario ha invitato a riflettere su cosa significa oggi fare antimafia, opporsi alla criminalità organizzata, al di là delle celebrazioni, e quali strumenti – culturali, educativi, politici – siano necessari per colpire il potere mafioso e ricostruire legami sociali fondati sulla giustizia. Tutto questo a 33 anni dalla strage di Capaci.

«Basta con la retorica delle liturgie del pianto – ha attaccato subito Costabile – perché il contrasto alla criminalità organizzata si costruisce insieme, con la Chiesa e le istituzioni. La lotta alle mafie non può essere opera di navigatori solitari, questa è una battaglia di democrazia e libertà. Il contrasto alla criminalità organizzata è un affare sociale, un problema di tutti e tutti siamo chiamati a esercitare un ruolo attivo, da protagonisti».
Citando un intervento di mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Ionio intervenuto ad un evento Unical sul tema, il prof. Costabile ha sottolineato come la lotta alle mafie debba essere portata avanti con «fraternità», ovvero «ci scopriamo fratelli contro il male, per costruire un nuovo percorso di umanizzazione».

«Contrastare la cultura della sudditanza»

«In Calabria e in Italia – ha sottolineato Costabile – dobbiamo formare gli anticorpi sociali per contrastare la cultura mafiosa, la cultura della prevaricazione, della violenza, la cultura della sudditanza. Le mafie sono quel potere che si esercita riducendo i cittadini in sudditi, diversamente siamo noi i primi a tradire i valori tramandati dalla nostra Costituzione. Siamo cittadini, tentiamo di esserne degni».
Per contrastare le mafie, ancora, secondo Giancarlo Costabile, la giurisprudenza di contrasto in materia di antimafia non va toccata, «perché nasce dal sangue. Significa che le leggi di contrasto sono state battezzate e quindi ricavate in sede politica, attraverso il martirio dei protagonisti. Non si toccano il 41 bis, il carcere duro per i mafiosi e le altre misure che hanno consentito di colpire i centri di potere della criminalità, che oggi si è evoluta in criminalità economica, sempre più alla ricerca di produzione di ricchezza su scala globale». E per questo è necessario colpire il «patrimonio delle mafie».

«L’evoluzione tecnologica è l’ultima frontiera: usiamo l’IA prima che loro la usino contro di noi»

«Le mafie riescono a fare capitalismo prima del sistema economico mondiale e probabilmente anche meglio. L’evoluzione tecnologica è l’ultima frontiera del crimine organizzato. Se non saremo noi a utilizzare l’intelligenza artificiale, e bene, contro di loro, in estrema sintesi saranno loro a utilizzarla contro di noi. Dobbiamo tenere insieme gli strumenti di ieri, quindi la memoria quando diventa sovversiva e non celebrativa, con gli strumenti di oggi, che dobbiamo sapere utilizzare per tempo, prima del sistema mafioso, altrimenti rischiamo di perdere la battaglia, non in Calabria o nel nostro Paese ma a livello globale».

Mafie, oggi, sempre più globalizzate, da combattere nel solco lasciato da Giovanni Falcone. «Noi, Falcone, lo onoriamo – ha detto ancora il prof. Costabile – continuando la sua lotta, non battendo le mani ai video del 1992. Dobbiamo, quindi, comprendere cos’era la mafia di ieri, come si è trasformata oggi e come distruggerla».

«Cetraro va attenzionata perché quella cosca può ridefinire gli equilibri sul traffico di droga»

A Cetraro, Intanto, in Calabria continua a scorrere il sangue. In pieno giorno e all’indomani delle elezioni. Quello di Costabile è un mantra: «Basta liturgie e piagnistei che favoriscono la criminalità. L’indifferenza e la rassegnazione non sono più tollerabili, questa è una terra in cui si afferma la narrazione del silenzio. L’omicidio consumatosi a Cetraro è chiaramente di stampo mafioso, si inquadra nel post Muto, la storica figura del sistema criminale del Tirreno cosentino, luogo di incontro tra la ’ndrangheta e la camorra, dove si sviluppa la cultura della violenza particolarmente aggressiva. Cetraro – ha sostenuto il docente di Pedagogia dell’Antimafia dell’Università della Calabria – va attenzionata perché dall’imposizione di quella cosca si possono ridefinire, attraverso la violenza, gli equilibri criminali legati al traffico di droga».

«I problemi non si risolvono aprendo una caserma ma formando una coscienza collettiva»

«I problemi non si risolvono aprendo una caserma – ha detto ancora – ma col protagonismo dei cittadini che guardano in faccia il mafioso e non hanno paura, i cittadini insieme possono battere qualsiasi sistema criminale, a Cetraro come a San Luca. C’è bisogno di una risposta a quei fatti perché il messaggio che vogliono inviare è chiaro: qui il potere siamo noi. Ed invece, il potere è la democrazia, sono i cittadini».

In conclusione di trasmissione Giancarlo Costabile ha ringraziato il network LaC per «l’impegno, perché decidere di raccontare significa fare antimafia. E fare antimafia è una pratica di resistenza attiva. Il vostro network – il docente si è rivolto a Pier Paolo Cambareri – ha compreso l’importanza di questa battaglia e racconta una Calabria che osa l’aurora, che guarda alla luce in fondo al tunnel».