Paola, anziano dimesso dopo un’operazione e subito dopo ricoverato per un’infezione: «Era in condizioni di essere mandato a casa?»
VIDEO | La denuncia dell'avvocato Abonante che ha attivato tutte le procedure necessarie a far chiarezza sull’accaduto: «Perché se ha problemi psichiatrici e non è autosufficiente è stato dimesso a domicilio pur sapendo che a casa non avrebbe potuto eseguire nessuna riabilitazione né ricevere neppure le minime cure sanitarie?»
Ricoverato nuovamente dopo le dimissioni cui è stato oggetto nei giorni scorsi, un 80enne di San Lucido, si trova adesso nuovamente in ospedale nel reparto di medicina dell’ospedale di Paola ricoverato per un’infezione delle vie urinarie.
Ripercorrendo i fatti che hanno condotto a questa singolare situazione, bisogna partire dall’esposto presentato dall’avvocato Ennio Abonante, ingaggiato dalla famiglia dell’anziano a seguito del trattamento cui è stato sottoposto il malcapitato all’atto di essere congedato dal nosocomio paolano qualche giorno fa.
Questa la ricostruzione del legale: «In oltre quindici anni di attività di volontariato in favore di soggetti diversamente abili, svantaggiati ed indigenti, mi sono occupato di innumerevoli vicende, tutte brillantemente risolte grazie all'ausilio dei mezzi di comunicazione, ma la storia che sto per raccontare è davvero una delle più brutte e vergognose».
Una premessa doverosa, quasi scioccante per un professionista abituato a confrontarsi con il limiti del sistema sanitario regionale, una considerazione preliminare che ossequia le condizioni di vita di un intero nucleo familiare, composto dall’80enne insieme all’anziana moglie e alla figlia disabile, tre persone che oltre all’isolamento, sono state costrette a sopportare una decisione controversa senza che nessuno – prima dell’avvocato Abonante – si prendesse cura del loro caso.
L’ottantenne, come ha specificato il legale, «è affetto da patologia psichiatrica, è allettato ed è reduce da un intervento chirurgico per la frattura del femore, per cui necessita di assistenza continua. La signora (che si è rivolta al professionista, ndr) è figlia unica, da tempo è affetta da una grave malattia degenerativa ed è stata riconosciuta portatrice di handicap grave, ex art 3 comma 3 legge 104/1992, nonché invalida civile al 100% con diritto all'accompagnamento, poiché non è in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; da molti anni è allettata, ed è accudita dalla madre, la quale, per le intervenute precarie condizioni di salute, non è più in grado di attendere oltre alla figlia, anche il marito. A ciò si aggiunga che l'abitazione in cui vivono è particolarmente angusta ed è priva dei fondamentali confort».
«Il 17.7.2023 – ha proseguito il patrocinatore della famiglia dell’anziano – sono riuscito a parlare con il dr Candela (primario del reparto di ortopedia di Paola, ndr), al quale ho esposto la situazione familiare e gli ho chiesto di attivare le cosiddette “dimissioni protette” e, cioè, le dimissioni ed il trasferimento presso un centro riabilitativo. Il giorno successivo ho reiterato la mia istanza tramite messaggi whatsapp, ma non ho ricevuto alcun riscontro».
Quindi il racconto del calvario: «Il 21.7. 2023 ho informato dei fatti la direzione sanitaria dello spoke Paola Cetraro ed il Sindaco di San Lucido, al fine di attivare i servizi sociali comunali, ma, purtroppo il paziente è stato, inopinatamente, dimesso e trasportato a casa e nessuno è intervenuto».
Proseguendo la disamina con considerazioni etiche e giuridiche, l’avvocato Abonante ha rimarcato che «non è umano, infatti, dimettere un paziente senza attivare i servizi territoriali e l'assistenza domiciliare, né i servizi sociali, sapendo che è allettato, non si alimenta autonomamente, ed a casa non può eseguire la riabilitazione, né ricevere le cure necessarie, abbandonandolo, di fatto, al proprio destino. Da un punto di vista giuridico ravviso grande negligenza, imprudenza ed imperizia, visto che il medico dimettente si è assunto una gravissima responsabilità, poiché a conoscenza della situazione familiare del paziente, lo ha esposto e lo sta esponendo ad un grave rischio per la sua incolumità personale, visto che i suoi congiunti sono impossibilitati a prestare le cure, gli viene negato il diritto alla salute poiché non c'è nessuno che lo possa assistere e, per come esposto, non è stata neppure richiesta l'assistenza domiciliare da parte dell'ASP».
«È davvero vergognoso che i pazienti vengano trattati come numeri – è la denuncia del legale – che generano un DRG (Raggruppamenti omogenei di diagnosi, ndr), che è la diaria prevista per le prestazioni mediche, che determina la produttività dei reparti, senza alcuna considerazione sulle reali condizioni. Non voglio credere che il paziente non sia stato trasferito in altro reparto, proprio per non perdere il DRG».
In buona sostanza, la figlia dell’ottuagenario chiede che venga fatta chiarezza su una serie di circostanze: perché il padre, che ha subito la frattura del femore, ha problemi psichiatrici e non è autosufficiente in quanto allettato, è stato dimesso a domicilio, pur sapendo che a casa non avrebbe potuto eseguire nessuna riabilitazione, né ricevere neppure le minime cure sanitarie e non è stata prevista l'assistenza domiciliare?
«I sanitari del reparto di ortopedia dovrebbero spiegare perché il paziente è stato dimesso – è il primo dei quesiti posti dall’avvocato Abonante – ed eventualmente, non è stato trasferito in un altro reparto dello stesso nosocomio? Perché la commissione medica preposta, vista la temporanea indisponibilità di Villa Adelchi, non ha disposto il ricovero presso un'altra struttura, per esempio il Santa Chiara di Paola? Quali provvedimenti ha adottato il sindaco di San Lucido a seguito della mia comunicazione e se tutte queste eventuali omissioni abbiano arrecato sofferenze maggiori di quelle il paziente sta subendo a causa della sua patologia se fosse stato trattenuto in ospedale o ricoverato in un centro riabilitativo».
In conseguenza di questo stato di cose, il legale ha proposto infine il dubbio più importante, riferendosi alle condizioni dell’anziano, al suo stato di salute e alla sua età, ci si chiede se l’uomo «era in condizioni di essere dimesso? Il mancato trasferimento presso una struttura riabilitativa ovvero la mancata attivazione del servizio domiciliare, ha aggravato le sue condizioni e le sue sofferenze?».
Domande alle quali è probabile che risponderanno le autorità, che secondo le prime indiscrezioni avrebbero già provveduto a sequestrare la cartella clinica del malcapitato.