Accolte solo in parte le richieste della procura di Palermo. Per l’ex deputato cosentino viene meno probabilmente la gravità indiziaria
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Un nuovo capitolo giudiziario colpisce la politica e la sanità siciliana. Il gip di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari per l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro, indagato – insieme ad altre 17 persone – per associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione nell’ambito di un presunto sistema di appalti pilotati. La misura, richiesta a novembre dalla Procura, arriva dopo gli interrogatori di garanzia previsti dalla legge.
Il giudice ha invece respinto la richiesta di arresto per Saverio Romano, deputato e coordinatore di Noi Moderati, coinvolto anch’egli nell’indagine ma ritenuto non destinatario di esigenze cautelari. Accolte invece le richieste nei confronti di Roberto Colletti, ex manager di Villa Sofia, e Antonio Iacono, per i quali sono stati disposti i domiciliari; per Vito Raso, storico uomo di fiducia di Cuffaro, è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Identica misura, con in più il divieto annuale di esercitare incarichi direttivi, è stata applicata a Mauro Marchese e Marco Dammone.
Per altri undici indagati – tra cui Antonio Abbonato, Ferdinando Aiello (difeso dall’avvocato Enzo Belvedere), Paolo Bordonaro, Alessandro Caltagirone e Carmelo Pace, capogruppo Dc all’Ars – il gip ha respinto le richieste di domiciliari, non applicando alcuna misura cautelare.
L’indagine della procura di Palermo
Il fulcro dell’inchiesta, coordinata dal procuratore capo Maurizio de Lucia, è la ricostruzione di quello che gli inquirenti descrivono come un meccanismo strutturato di mediazioni, pressioni e scambi di utilità in grado di condizionare per anni l’assegnazione di appalti e incarichi pubblici. Al centro, l’appalto per i servizi di ausiliariato e supporto dell’Asp di Siracusa, nel quale si sarebbe consolidato un asse politico–amministrativo con finalità illecite.
Secondo l’ipotesi accusatoria, l’allora direttore generale Alessandro Maria Caltagirone avrebbe agito «in esecuzione di un medesimo disegno criminoso» sostenuto da Cuffaro, che ne avrebbe sponsorizzato la nomina, e agevolato da Romano, Abbonato e Aiello, incaricati di intrattenere i rapporti con i vertici della Dussmann Service, l’azienda privata al centro della gara. Marchese e Dammone, in rappresentanza della società, avrebbero garantito assunzioni, contratti e subappalti in cambio di atti contrari ai doveri d’ufficio, finalizzati a condizionare la procedura di gara.
L’obiettivo, secondo gli atti, era «turbare il regolare andamento della gara» e assicurare l’aggiudicazione alla Dussmann. Il condizionamento avrebbe riguardato anche la responsabile del procedimento Giuseppa Di Mauro e i membri della commissione aggiudicatrice Bordonaro, Russo e Fazzino, orientati – sempre secondo l’accusa – a favorire l’impresa tedesca dopo pressioni e interventi mirati.
Il quadro tratteggiato dagli inquirenti parla di una rete di collusioni, nella quale Cuffaro e Romano avrebbero offerto appoggi politici e opportunità professionali, mentre Aiello avrebbe curato i contatti operativi con un ruolo di mediatore. Tra gli elementi contestati figura anche l’impegno della Dussmann ad ampliare i lavori della Euroservice, la società dell’imprenditore Sergio Mazzola, presentato come «amico personale» di Romano.
Una seconda ipotesi di reato riguarda la turbativa d’asta aggravata nella cosiddetta gara “ponte”: alcune sedute sarebbero state rinviate con verbali ritenuti falsi, per attendere conferme sulle intese corruttive raggiunte nei giorni precedenti.
L’indagine si estende inoltre alla gestione del Consorzio di Bonifica Occidentale, dove il direttore generale Giovanni Giuseppe Tomasino avrebbe ricevuto somme di denaro dall’imprenditore Alessandro Vetro, tramite Cuffaro e il deputato regionale Carmelo Pace, per garantire favori e corsie preferenziali negli appalti futuri.
Il capitolo conclusivo riguarda la presunta associazione a delinquere, descritta come un “sodalizio politico–affaristico” collettore di rapporti, pressioni e influenze nelle gare pubbliche. Al vertice, secondo la Procura, ci sarebbe stato Cuffaro, affiancato da Pace, Raso e Abbonato. Ruoli, compiti e relazioni avrebbero garantito continuità al sistema contestato, ora al vaglio del giudice del riesame e destinato ad animare il dibattito politico nelle prossime settimane.
La decisione su Aiello (e sugli altri indagati a piede libero), originario di Rogliano ed ex deputato del Pd, nasce probabilmente dall’insussistenza della gravità indiziaria rispetto alle accuse contestate dalla procura di Palermo.



