Operazione Karpanthos

«Prima delle elezioni per lui non ero un mafioso, ora ha vinto e non chiama più»: l’ira del clan contro il sindaco finito ai domiciliari

Secondo gli inquirenti Fabrizio Rizzuti fu aiutato dalla cosca locale a vincere la corsa per la poltrona di primo cittadino di Cerva nel 2017: voto di scambio politico mafioso è l'accusa mossa dalla Procura anche nei confronti di un consigliere comunale e un assessore. Amministratori «a disposizione» per pratiche al Comune

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di Luana  Costa
22 settembre 2023
12:49
Fabrizio Rizzuti, sindaco di Cerva
Fabrizio Rizzuti, sindaco di Cerva

«Chi le ha vinte le elezioni?» retoricamente si domandava Tommaso Scalzi, già condannato per reati di mafia, intercettato dai carabinieri del nucleo operativo del comando provinciale di Catanzaro in riferimento alle elezioni amministrative del 2017 disputate nel Comune di Cerva.

L'inchiesta Karpanthos

Proprio le votazioni finite oggi agli atti dell'inchiesta, istruita dalla Dda di Catanzaro denominata Karpanthos, che ha portato all'arresto di 52 persone a vario titolo accusate di associazione mafiosa, detenzione e porto abusivo di armi, traffico di stupefacenti, estorsione e intestazione fittizia di beni.


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Il sindaco di Cerva

Tra gli indagati figura anche il sindaco di Cerva, Fabrizio Rizzuti, finito agli arresti domiciliari per il reato di scambio elettorale politico mafioso in concorso con Raffaele Borelli (consigliere comunale) e Raffaele Scalzi (assessore comunale), entrambi candidati nella lista civica "Progetto Futuro", che si è riuscita ad imporre con 436 voti contro i 416 dell'avversaria "Unione per Cerva".

La promessa di soldi 

Secondo la ricostruzione della Procura di Catanzaro, «con l'intermediazione di Massimo Rizzuti, (fratello del sindaco, ndr) dipendente comunale si accordavano con Tommaso Scalzi, già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso affinché in forza alla sua appartenenza all'associazione procurasse loro voti promettendo in cambio una somma di denaro e una percentuale sugli appalti pubblici».

A disposizione

Agli atti dell''inchiesta una serie di intercettazioni, «dimostrazione del fatto che il sindaco Fabrizio Rizzuti - annota il gip nell'ordinanza - oltre ad avere un rapporto confidenziale con gli appartenenti alle cosche locali era a completa disposizione essendo pronto anche a piegare la funzione pubblica ai loro interessi».

I presunti favori al clan 

Tra quelli contestati, ad esempio, vi sarebbe «un reato di falso in atto pubblico per consentire ad Antonio Vincenzo Iervasi di celebrare il matrimonio con Luigina Marchio fuori dal comune di residenza». Secondo le ipotesi di accusa, anche Massimo Rizzuti, dipendente comunale, e Raffaele Scalzi, consigliere di maggioranza: «erano a disposizione dello Iervasi per il quale si prodigavano, tra le altre cose, per fargli recuperare la patente di guida - revocatagli in seguito all'emissione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale - ed intervenivano in una pratica a suo nome relativa ad un terreno al mare».

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L'accordo pre-elettorale

Secondo il gip: «Appare incontrovertibilmente provata l'esistenza di un accordo pre-elettorale tra Fabrizio Rizzuti, Raffaele Scalzi, Raffaele Borrelli, Massimo Rizzuti da un lato e Tommaso Scalzi dall'altro». In una conversazione intercettata nel marzo del 2020, traspariva l'irritazione di quest'ultimo per il comportamento assunto nei suoi confronti dagli amministratori locali: «Non è che fanno gli urtati pure. Mi chiamavano "Quello lì" a me! Oh brutti cosi bastardi, che vi tiro la testa io, pezzi di merda che non siete altro! Quando mi telefonavano non ero mafioso, prima delle elezioni, dopo che, appena hanno vinto non mi chiamavano più, hai capito? Che se sono mafioso mo, ero mafioso pure prima! Non obbligo nessuno ad essermi amico - rincara la dose - però nessuno deve venire a cercarmi, se vieni e mi cerchi per i cazzi tuoi, non è che io ti obbligo».

Taratura mafiosa

L'accordo pre-elettorale, secondo la ricostruzione, non sarebbe poi stato mantenuto e Tommaso Scalzi avrebbe chiesto l'intervento di Antonio Vincenzo Iervasi, il quale «gli avrebbe raccomandato di trovare una soluzione assieme agli altri amministratori chiamati in causa e consegnare la somma di 20mila euro». Secondo il gip, nonostante la consapevolezza «della taratura mafiosa dello Scalzi» gli amministratori locali «hanno accettato la promessa di procurare loro numerosi voti tra la popolazione elettrice in cambio di somme di denaro».

Giornalista
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