Approfondimenti su alcune strutture convenzionate che hanno visto crescere in maniera esponenziale il proprio budget negli ultimi quattro anni. Il caso Daffinà: lo stretto collaboratore di Occhiuto non ha un ruolo nella Sanità ma si muove quasi come un dirigente del dipartimento
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Questione di fatturati. E di rapporti politici, burocratici, amicali. L’inchiesta che ha scosso la Regione Calabria, miccia che ha innescato le dimissioni di Roberto Occhiuto, ha un filone che punta ai centri milionari della salute. Nelle stanze della Cittadella continua il via vai dei militari della Guardia di finanza: atti, confronti, riscontri sugli affari di alcune strutture convenzionate.
Due tra quelle degne di attenzione si trovano in provincia di Cosenza: i loro bilanci segnano vistosi incrementi negli ultimi anni. Una è passata in meno di un lustro (tra il 2020 e il 2023) da 11 a 18 milioni e gli investigatori appuntano, in particolare, «a partire dal 2022 un consistente incremento del proprio fatturato verso enti pubblici calabresi».
L’altra ha quasi raddoppiato il proprio budget nello stesso periodo di tempo: da circa tre milioni a quasi sei (ma si difende spiegando di non aver ottenuto in realtà quanto richiesto alla Regione).
Nota a margine: il fatto che l’intervallo a cui si riferiscono gli approfondimenti investigativi sia lo stesso non appare un caso. Segno che il filone ha acceso i fari su un ben preciso periodo gestionale.
Anche i rapporti contano: vicinanze che – dalle due strutture sanitarie – portano alla politica o a professionisti che con la politica hanno un rapporto profondo e datato.
Il caso Daffinà
È uno schema individuato nello spezzone dell’indagine emerso dopo le perquisizioni di qualche settimana fa. Al centro degli approfondimenti c’era Antonino Daffinà. Il profilo è sia politico che professionale: candidato con Forza Italia, commercialista noto e vicinissimo al governatore Occhiuto. Daffinà è nel cuore del cerchio magico: nei momenti più delicati non sono mancati confronti a tre tra lui, il presidente e la compagna Matilde Siracusano. Sua moglie, Marina Patrizia Petrolo, è stata nominata nel dicembre 2022 a capo del dipartimento Organizzazione e Risorse umane della Cittadella.
Il manager della depurazione si occupa di sanità
Ci sono una certezza e un interrogativo. La prima: Daffinà, sub commissario alla depurazione, non ha un ruolo nella sanità calabrese. La domanda, che resta sullo sfondo del decreto di perquisizione che lo riguarda: perché si interessa così tanto delle sorti di alcune strutture sanitarie, dei loro accreditamenti e degli atti del dipartimento Tutela della Salute? La risposta è, in parte, nell’attività professionale svolta dal manager pubblico, che è, come abbiamo detto, anche un importante commercialista del Vibonese.
Il punto è che Daffinà si sarebbe relazionato «ripetutamente» con Tommaso Calabrò, dirigente generale del dipartimento Salute e Welfare della Regione Calabria per chiedere notizie riguardo all’accreditamento di una struttura sanitaria del Vibonese. Altri contatti, secondo gli investigatori, sarebbero avvenuti con Iole Fantozzi, sub commissario per l’attuazione del Piano di rientro.
Si arriva presto al nodo: il sub commissario nazionale alla depurazione «non ricopre cariche in Regione e neppure nella struttura commissariale del Piano di rientro» eppure utilizzerebbe «relazioni esistenti con i vertici amministrativi» del dipartimento regionale per favorire un’azienda da cui «avrebbe ricevuto circa 212mila euro a partire dal 2022 per prestazioni di servizi anche attraverso le due società che sarebbero a lui riconducibili».
Una delle cliniche con le quali Daffinà ha rapporti professionali è tra le protagoniste del boom di fatturato tra il 2020 e il 2023: il dubbio degli inquirenti è che le fatture emesse dalle sue società siano state compilate per operazioni inesistenti.
L’interessamento per il software della società milanese
C’è un altro incrocio tra la Regione e le società riconducibili da Daffinà. Tra queste c’è La Fenice srl: uno dei suoi clienti (dai quali ha ricevuto circa 160mila euro tra il 2021 e il 2025) è una importante società di Milano che esercita attività di consulenza amministrativa, elaborazione di tanti contabili e produzione di software. Proprio uno dei suoi software è disponibile per essere adottato dalle amministrazioni pubbliche. Si tratta di un sistema di contabilità che entra nelle conversazioni intercettate nello scorso mese di aprile. In quella telefonata, Daffinà scopre che la Regione Calabria è l’unica a non aver adottato il prodotto informatico dei suoi clienti e si rende subito disponibile a fare da tramite. Contatta Calabrò, dg della Sanità e gli si rivolge come farebbe un altro manager della Regione: «Questo qua dovete farlo, dovete aggiornare il sistema?». Il punto è che è il sub commissario alla depurazione (per quanto vicinissimo al governatore Occhiuto) a parlare, non un direttore generale aggiunto alla Sanità. Qualcuno ha definito Daffinà un influencer della sanità: espressione molto azzeccata. Il punto è capire perché avesse tutta questa libertà di movimento.