La Calabria è impazzita e il Covid è il colpo di grazia alla sanità mentale di chi ci governa

VIDEO | Ormai le vicende calabresi imperversano sui media nazionali come una serie tv a basso costo ricca di colpi di scena e sostenuta da una sceneggiatura folle. Da Cotticelli a Zuccatelli passando per Pallaria: ecco le ultime “puntate” delle stagioni targate coronavirus (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Enrico De Girolamo
9 novembre 2020
06:55

Ma uno normale proprio non lo trovano? Al netto degli smadonnamenti e degli improperi, è questo il senso della domanda che in tantissimi si pongono in Calabria. Sui social, in famiglia, in ufficio, al supermercato. Tutti ci chiediamo se per caso siamo finiti in una gigantesca puntata di Scherzi a parte.


Che la fantasia ormai superasse la realtà ce n’eravamo accorti, magari mentre il mondo correva verso la seconda ondata di Covid ma in Italia si parlava solo di ombrelloni circondati dal plexiglass, monopattini e banchi con le rotelle. Ma che la realtà calabrese andasse così oltre, ce ne siamo accorti davvero solo in queste ultime settimane, quando la Calabria è diventata il set di una specie di serie tv a basso costo che tiene incollati milioni di spettatori in tutto il Paese, curiosi di sapere quale nuovo colmo sarà superato nella prossima puntata.


 

E l’ultima puntata è andata in onda ieri sera, da Giletti, con la partecipazione a Non è l’arena dell’ex commissario alla sanità Saverio Cotticelli, travolto da uno tsunami di polemiche e rimosso dal Governo dopo l’intervista rilasciata a Titolo Quinto, trasmissione di Raitre, nella quale ha ingenuamente confessato di non sapere che il piano Covid fosse una sua precisa competenza. Chi pensava che il culmine della vicenda fosse stato già toccato, si è dovuto ricredere davanti a un Cotticelli che ha deciso raccontare la sua verità su La7.

 

«Non so cosa mi sia successo durante quell’intervista – ha detto davanti a mezza Italia e tutta la Calabria -. Non ero io. Sto indagando con un medico per capire cosa mi sia capitato in quei momenti, se ho avuto un malore o qualche altra cosa». “L’altra cosa” a cui allude lascia che gliela domandino in studio: è stato forse drogato? «Non lo so, stiamo indagando. So solo che ho vomitato e sono stato male tutta la notte».
Ha esordito così Cotticelli, prima di avventurarsi nella poco velata accusa di complotti che avrebbero portato al suo defenestramento: «In Calabria se tocchi certi interessi devi essere eliminato».

Ed eccola l’altra “verità”, l’altra puntata della Gomorra calabrese che offre una via d’uscita sicura, una possibilità di scrittura e riscrittura della realtà, sempre credibile perché sempre verosimile. Oddio, magari Cotticelli ha ragione, magari lo hanno davvero drogato e l’hanno costretto a dire cazzate a ripetizione davanti una telecamera per la gioia giornalistica di chi lo intervistava. Magari, il piano Covid l’ha fatto davvero, come ha assicurato ieri da Giletti, ma davanti al giornalista di Titolo Quinto il multiverso è collassato per qualche minuto e alle domande ha risposto un Cotticelli proveniente da una dimensione parallela che invece il piano non l’aveva neppure preso in considerazione. Oppure ha avuto una leggera ischemia che ha confuso i suoi pensieri e gli ha fatto dire cose diametralmente opposte alla realtà dei fatti ed è per questo che ora «sta indagando con un medico». Tutto è possibile. Tutto è ammesso in questo canovaccio. Salvo un’assunzione di responsabilità netta e inequivocabile, come se le dimissioni fossero l’estremo lavacro, l’unico scotto da pagare per qualunque colpa, vera o presunta.

 

Ma Cotticelli è un ex generale dei carabinieri, una persona specchiata di cui nessuno mette in dubbio l’onestà ma solo (e non è poco) capacità e competenze. Eppure l’ex generale piuttosto che prendersi un momento per riflettere e magari valutare l’opportunità di andare in Procura a esporre i suoi sospetti (ha parlato anche di 100 milioni di euro di debiti spuntati fuori all’improvviso per danneggiare la sua azione di risanamento), ha preferito scendere nell’arena di Giletti ad appena 24 ore dalle sue dimissioni, trasformando di nuovo tutto in commedia a causa di una confusione che ancora non si era diradata nelle sue parole e nei concetti che cercava di esprimere.

 

D’altronde non ci sono limiti a questa realtà calabrese fuori di testa, capace di passare in un attimo dal dramma di una regione atterrita da una sanità incapace di fronteggiare il coronavirus, alla farsa del neo commissario alla sanità, Giuseppe Zuccatelli, quello che ha preso il posto di Cotticelli, che in un video diventato virale si scaglia contro le mascherine «che non servono a un c…», aggiungendo che per infettarti «ti devono baciare in bocca con la lingua per almeno 15 minuti». Hai voglia poi a smentire, come ha fatto il giorno dopo, dicendo che le mascherine sono importanti e vanno usate, e quel video era estrapolato da una conversazione privata. In un certo senso una pezza peggiore del buco, visto che la “riservatezza” dello scambio rubato dà solo maggiore autenticità al suo pensiero, e non c’è smentita che tenga di fronte a parole pronunciate non con il tono del cazzeggio tra amici, ma con il piglio di quello che la sa lunga e la vuole dire tutta.

Una surreale serie tv, quella calabrese, che conta diverse stagioni. E in quella andata in onda a marzo il protagonista fu Domenico Pallaria, capo della Protezione civile regionale che era alla guida della struttura speciale contro l’epidemia di coronavirus. Il ventennale mega dirigente della Regione Calabria, delegato a suo tempo dalla governatrice Santelli a coordinare tutte le azioni di contrasto alla diffusione del virus, concesse un’imbarazzate intervista a Report durante la quale, tra risatine e ammiccamenti, ammise che lui, di sanità e macchinari salvavita non ne sapeva assolutamente nulla. «I ventilatori per la respirazione assistita? Non so neppure cosa siano», disse a chi gli chiedeva conto dell’acquisto in Calabria. «Mi sono sempre occupato d’altro, di infrastrutture, di lavori pubblici…», si giustificò, versando l’ennesima colata di vergogna sulla Calabria. Il giorno dopo si dimise, secondo il solito copione che prevede la caduta solo se vieni sgamato e non perché ti ha mandato a casa chi ha il dovere di controllare il tuo lavoro.

Tutto in diretta nazionale, tutto ripreso, rilanciato e poi incastonato per sempre nel web, per il diletto di milioni di spettatori che in giro per l’Italia si stanno chiedendo se la Calabria non sia definitivamente impazzita.

degirolamo@lactv.it

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