L’inchiesta

«Festini sessuali, droga e satanismo»: i tormenti di Lisa Gabriele prima di essere uccisa

La ragazza sarebbe finita in un brutto giro, e secondo il collaboratore di giustizia Francesco Galdi a introdurcela fu il poliziotto oggi accusato del suo omicidio (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Marco Cribari
26 ottobre 2022
08:31

Festini a base di sesso e droga, vizi e perversioni, con sullo sfondo qualcosa di più oscuro che rimanda al satanismo. È il brutto giro nel quale sarebbe rimasta invischiata Lisa Gabriele prima di morire, il 7 gennaio del 2005, e a introdurla in quella comitiva poco rassicurante sarebbe stato proprio Maurizio Abate, l’ex poliziotto arrestato ieri perché accusato del suo omicidio. Ad affermarlo è un amico della ragazza, un amico particolare: un ex ’ndranghetista diventato collaboratore di giustizia.

Si tratta del 48enne Francesco Galdi alias “Il dottore” (ha una laurea in scienze dell’amministrazione), truffatore e narcotrafficante che fino al 2012, l’anno del suo pentimento, ha messo la propria intelligenza e il talento criminale al servizio delle cosche cosentine. È lui ad alzare il tiro delle accuse contro l’ex poliziotto, riportando le presunte confidenze ricevute dalla povera Lisa, da lui definita «una perla di ragazza», ma che a causa di una forte depressione si era ridotta «come una tossica». 


L’aveva conosciuta ai tempi in cui lavorava come segretaria di un autosalone rendese, e pochi mesi prima della sua morte, avvenuta il 7 gennaio del 2005, sostiene di averne raccolto lo sfogo. In quella circostanza la Gabriele gli avrebbe confidato di essere finita «in un brutto giro di alcool, droga pesante, festini sessuali», e che a portarla in quel gruppo di perversi era stato proprio Maurizio. Lisa inquadrò quel contesto come una specie «di setta satanica», e a da sé che sulla futura scena del delitto, poco distante dal suo corpo, sarà ritrovato anche una sorta di pentacolo. All’epoca si pensò a un depistaggio, oggi si ritiene non sia stato l’unico.

Nei ricordi di Galdi, comunque, Lisa era terrorizzata da queste persone che l’avrebbero costretta a prendere parte a giochi erotici, anche con l’utilizzo di allucinogeni - «Mi diceva: questi sono malati. Io voglio uscirne» - ma a farle paura era anche Abate. «Era convinta che prima o poi l’avrebbe ammazzata» rievoca Galdi, ma al tempo stesso era come irretita da quel ragazzo in divisa dal quale non riusciva proprio a sganciarsi. «Alla fine tornava sempre là. O lui non la mollava o ne era proprio innamorata».

Giornalista
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