Secondo sabotaggio in meno di 24 ore alle navi della delegazione spagnola impegnata a raggiungere la Striscia con aiuti umanitari. Si tratterebbe di «una granata incendiaria «avvolta in materiali plastici immersi nel carburante»
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Un fermo immagine tratto da un video pubblicato sul profilo Instagram di Global Sumud Flotilla mostra un momento dell'esplosione avvenuta a bordo della nave 'Alma', ormeggiata in acque tunisine. Sul ponte dell'imbarcazione è scoppiato un incendio, che è stato successivamente domato. Non ci sono vittime o feriti. Roma, 10 settembre 2025. HANDOUT GLOBAL SUMUD FLOTILLA ++FOTO DIFFUSA DALL'UFFICIO STAMPA DI GLOBAL SUMUD FLOTILLA- USARE SOLO PER ILLUSTRARE OGGI LA NOTIZIA INDICATA NEL TITOLO - NON ARCHIVIARE – FOTO NON IN VENDITA - DA USARE SOLO PER FINI GIORNALISTICI - NPK+++
Un ordigno incendiario piovuto dal cielo, il ponte in fiamme, gli attivisti in allarme. Dopo la Family, nella notte un altro attacco ha colpito la Alma, una delle navi madri della delegazione spagnola della Global Sumud Flotilla, impegnata a raggiungere Gaza con aiuti umanitari. È il secondo sabotaggio in meno di ventiquattro ore.
«Si sta facendo un’indagine approfondita ma è di tutta evidenza che la nostra flotta sia stata deliberatamente colpita», denunciano dalla Flotilla. I resti dell’ordigno sono stati ritrovati sul ponte. Secondo la relatrice Onu Francesca Albanese, si sarebbe trattato di una granata incendiaria «avvolta in materiali plastici immersi nel carburante». Un’arma rudimentale ma letale, capace di trasformarsi in trappola mortale.
La Alma, 33 metri di lunghezza, battente bandiera britannica, è una delle più grandi navi della delegazione. Equipaggio internazionale, decine di attivisti a bordo, era ormeggiata di fronte al porto tunisino di Sidi Bou Said insieme alla Family, l’ammiraglia che nella notte fra lunedì e martedì era stata messa fuori uso da un attacco simile.
«Ancora una volta è stato un drone a entrare in azione. Il ponte superiore è stato danneggiato dalle fiamme», spiegano gli organizzatori. L’incendio è stato domato rapidamente, nessun ferito, solo tanta paura. «Ero sul ponte, avevo appena iniziato il mio turno di notte – racconta Cosme, una delle attiviste – abbiamo sentito un suono strano che arrivava da Ovest. Abbiamo subito capito che si trattava di un drone. Lo abbiamo visto, ma con il buio non era chiaro se trasportasse qualcosa. Poi l’ordigno è caduto e le fiamme si sono sprigionate in un attimo. Le abbiamo spente subito, tutti stanno bene. Ma questo è il secondo attacco».
Un altro attivista descrive la scena: «Io l’ho visto quel drone, era a meno di venti piedi da me e cinque secondi dopo ha sganciato qualcosa. Le fiamme sono divampate subito. Abbiamo suonato l’allarme per avvertire tutti, mentre cercavamo di spegnere l’incendio».
I danni sono stati riparati in fretta. Ma la sensazione, a bordo, è quella di un accerchiamento. Sul molo si sono radunate centinaia di persone: amici, familiari, attivisti tunisini. Presidiano la flotta, dormono in tenda, cercano di fare barriera con la loro presenza. Ma contro i droni non c’è difesa. «Questi attacchi arrivano mentre si intensifica l’aggressione israeliana a Gaza e sono orchestrati per distogliere l’attenzione da quello che succede lì e per far naufragare la nostra missione. Ma noi non glielo permetteremo», spiega la Flotilla in una nota.
Thiago Avila, uno dei volti più noti della delegazione spagnola, è netto: «Sappiamo che quello che sta succedendo è assurdo, ma non è niente se confrontato con quello che i palestinesi soffrono da ventidue mesi. Per questo andiamo avanti e prendiamo il largo per raggiungere Gaza. Lo vuole e lo spera la maggioranza delle persone del pianeta, che non ne può più di vedere bambini uccisi dalla fame, ospedali bombardati, scuole distrutte».
Greta Thunberg, Yasemin Acar e altri membri del comitato organizzatore, che erano a bordo della Family al momento del primo attacco, hanno ribadito la volontà di proseguire. La partenza è confermata per oggi pomeriggio alle 16, condizioni meteo permettendo.
Il porto di Sidi Bou Said è diventato in queste ore un luogo sospeso, tra paura e determinazione. La Global Sumud Flotilla resta ferma sui suoi obiettivi: rompere l’assedio di Gaza, portare aiuti concreti e testimoniare la solidarietà internazionale. Una missione che si definisce pacifica e non violenta, ma che evidentemente è considerata una minaccia.
Il test di resistenza non è solo tecnico. È politico, umano, simbolico. E si misura nelle parole di un’attivista che, dopo aver spento le fiamme sul ponte della Alma, ha detto: «Volava a pochi metri dalla mia testa. Ho avuto paura, ma ho capito perché sono qui. Non possiamo fermarci».