L’accusa del pentito: «Scopelliti e Sarra incontrarono il boss De Stefano»

“Gotha”, parla Nino Fiume: «Feci campagna elettorale per Scopelliti. Con Sarra erano nella Reggio bene». E svela l’esistenza di una loggia e la creazione di una strana associazione

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di Consolato Minniti
27 giugno 2019
18:45
Alberto Sarra e Giuseppe Scopelliti
Alberto Sarra e Giuseppe Scopelliti

«Giuseppe De Stefano e Giuseppe Scopelliti s’incontrarono al circolo del tennis “Polimeni”. Anche Sarra incontrò De Stefano. Questi non aveva grande considerazione. Io ho fatto campagna elettorale per Scopelliti. Sarra? Lo aiutai ad eleggere Germanò. Caridi era molto vicino a Franco Chirico». È il giorno di Antonino Fiume al processo Gotha. Alla sbarra i presunti appartenenti alla cupola massonico-mafiosa che ha governato le sorti di Reggio Calabria negli ultimi 40 anni. Fiume, ex fidanzato della sorella di Giuseppe De Stefano, parla come sempre con una velocità sostenuta, costringendo il procuratore Lombardo (per lui due udienze pesanti nella stessa mattinata) a continui richiami. Sono troppo importanti i concetti che deve esprimere. Ne va della bontà del processo, tanto per l’accusa quanto per la difesa. 

Scopelliti, Sarra e la “Reggio bene”

Fiume esordisce con una battuta: «Chiamavo Scopelliti e Sarra come i due bronzi di Riace, per via della loro altezza. Entrambi facevano parte della “Reggio bene”». E qui arriva il primo ricordo: «Una sera si volle organizzare una partita a carte, c’era anche Dimitri De Stefano. In questo contesto, c’era una stanza in quella casa, dove entravano ed uscivano persone. In sostanza di vendeva cocaina, tanto che alla fine non si fece nulla della partita. Scopelliti se ne andò e la serata finì male perché non poté sedere allo stesso tavolo con Dimitri. Scopelliti mi disse che questa città non avrebbe avuto futuro fino a quando ci fosse stata gente pronta a vendere stupefacenti». Sempre in tema di “Reggio bene”, Fiume ricorda come l’ex governatore facesse parte di una comitiva – la seconda – in cui c’era anche Dimitri De Stefano, fratello di Giuseppe. 


La campagna elettorale per Scopelliti

Fiume dichiara di aver fatto campagna elettorale per l’ex sindaco di Reggio Calabria. «Eravamo in tanti a sostenerlo. Parlo delle elezioni del 2000, in cui era candidato al Consiglio regionale. Lui sapeva benissimo dei miei rapporti con i De Stefano. Devo dire che però la famiglia non si mosse, ma lo feci io in prima persona». Il punto di ritrovo era L’Oasi, locale simbolo della movida reggina di quegli anni. «Volli capire cosa ne pensasse l’avvocato Giorgio De Stefano, poiché lui a livello politico conosceva bene tutte le situazioni della famiglia. Avevo chiesto di parlare con “zio Giorgio”». Il collaboratore ricorda che gli fu risposto: «Digli a Nino che se lo vuole aiutare non c’è problema, Scopelliti è un bravo ragazzo. Proviene da un partito che, in altri tempi, ci ha dato problemi. Ma l’importante è non mettere in mezzo tutta la famiglia». Fiume rimarca come fu lui a spostarsi assieme a Scopelliti, sulla sua auto. «Andiamo prima a Melito Porto Salvo, dove poi prese grazie a me 250 voti e si avvicinò uno della cosca Iamonte che conoscevo io personalmente e sapeva che fossi dei De Stefano; poi a Siderno, poi ancora a Melicucco dove fu avvicinato dal capo locale che io poi allontanai. Andammo anche a Rosarno, dove Pino Scaramuzzino s’incontrò con Marcello Pesce nel suo bar Cristallo. Pesce frequentava l’Oasi, sapeva del nostro rapporto e voleva sapere a tutti i costi chi fosse l’alter ego di Scopelliti, chi lo manovrasse. Chiese: “Se sono tutti di un partito, perché litigano?”, riferendosi a Sarra». 

L’incontro fra Scopelliti e De Stefano

Fiume non si ferma. Continua nel suo racconto e ricorda come Giuseppe De Stefano volle capirne di più di quel loro rapporto. “Non è che avete fatto un accordo a mia insaputa?”, chiese il capocrimine di Reggio Calabria. Nasce così l’idea di incontrare Scopelliti durante i permessi. L’appuntamento avvenne al circolo del tennis “Polimeni”. «De Stefano classificò Scopelliti come uno che non aveva la stoffa. C’era da imbastire il discorso delle darsene». Poi la precisazione: «Per questo incontro ebbe un ruolo un avvocato, un riservato. Era Fabio Cutrupi. Andò lui con Scopelliti. Ho sempre rammentato che i riservati sono persone che, pur non essendo formalmente affiliate, riescono a muoversi, scambiarsi favori e, all’occorrenza, anche dichiarare il falso in Tribunale. Sono pochi quelli che conoscono la loro identità. Il loro operato è conosciuto solo da capi come Giuseppe De Stefano, Giovanni Tegano, Pasquale Libri e Pasquale Condello». Fiume sottolinea che De Stefano diceva di Scopelliti che fosse «un asino tirato con la corda, che non aveva il potere di andare oltre».

La loggia del Sacro cuore

La narrazione del pentito tocca anche la massoneria. «Raffaele Grilletti, genero della signora Caminiti della clinica a Villa San Giovanni, mi disse che tutti quelli del condominio dove abitava, ad Archi, erano iscritti alla loggia del Sacro Cuore controllata da Giorgio De Stefano e votavano Alberto Sarra. Parlo del condominio che c’è a Pentimele, poco distante dal circolo di società dove abitavano diverse persone fra cui Montesano, Pino Rechichi e suo fratello Rosario. Parliamo ovviamente di massoneria irregolare. Grilletti me ne parlò per convincermi a votare Sarra invece di Scopelliti. Ricordo che Pino Scaramuzzino rimase sorpreso dal fatto che me ne avessero parlato».

L’incontro fra Sarra e De Stefano

Per Fiume, anche Sarra incontrò Giuseppe De Stefano. «Mi disse che aveva un problema con Giuseppe De Stefano. Pare che gli avesse richiesto 80 milioni tramite Mario Audino. Io non potevo certo dirgli come stavano effettivamente le cose. Mi disse che avrebbe voluto parlare con Peppe De Stefano, io risposi che lui doveva pensare ai processi. Di fatto seppi che andò a Messina con Pino Scaramozzino, a chiedere a De Stefano di questa situazione. De Stefano mi disse di stare alla larga da Sarra perché aveva rapporti con i servizi». 

L’associazione per il poligono

E quando si parla di servizi segreti non può che essere evocato il nome di uno dei più conosciuti a Reggio Calabria, il maresciallo Francesco Spanò. Il suo nome viene introdotto quando si parla di Antonio Franco e degli appoggi politici al centrodestra. «Frequentai Spanò per il poligono di tiro. Mi disse se si poteva dare una mano all’avvocato Nino Comi che aveva una sede su Corso Garibaldi. Lo conobbi nel 1987-88, si parlava di costituire un’associazione per la creazione del poligono a Pentimele. Eravamo io, Franco De Carlo, Sgrò istruttore dei Nocs, il vice prefetto Mannino, un colonnello dell’Esercito, Santi Cutroneo, un certo Franco Pace, e poi ancora Riccardo Partinico. E c’era pure il maresciallo Spanò. Alla fine l’associazione fu costituita e in quel poligono venivano a sparare tutti, anche le forze dell’ordine. Però c’era certa gente che non seppi mai chi fosse, in giacca e cravatta, che veniva a sparare senza registrarsi».

Caridi, la conoscenza e l’incontro

Il pentito torna anche sui suoi rapporti con Antonio Caridi, ex senatore imputato al processo “Gotha”. «Conoscevo Antonio. In quella tornata elettorale lui si era candidato nel Ccd di Casini. Lo conoscevo di vista, si salutava con Scopelliti. Una volta, ero su corso Garibaldi, lui era con Casini. Mi fu detto che voleva che io mi iscrivessi al partito. Quando iniziò a fare campagna elettorale, accanto a lui c’era Franco Chirico, il cognato di Paolo De Stefano. Di recente ci siamo incontrati. Lui era senatore. Aveva la sua scorta, io la mia. Si sono incrociati i nostri sguardi, ma non abbiamo detto alcuna parola». 

Chirico l’allenatore

Quanto a Chirico, Fiume ricorda che egli faceva parte della cosca, «ma non era uno che sparava. Aveva iniziato a reclutare ragazzi, perché era allenatore della squadra di calcio di Archi. «Tutti passavano dalle sue mani. Lui è rimasto molto legato al cognato Orazio. So che Franco Chirico e Antonio Caridi erano molto amici. Se Caridi conosceva il suo ruolo in seno alla cosca? Certo, tutti lo sapevano».

Giornalista
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