Per Gratteri ci sono almeno 400 magistrati corrotti ma il suo allarme cade nel vuoto

Nel febbraio scorso il capo della Dda di Catanzaro denunciò l'ampiezza del fenomeno in Italia. Ieri è stato arrestato il procuratore di Taranto. Dalla Calabria invece è partita l'inchiesta che coinvolge il giudice Marco Petrini. Segnali espliciti della fondatezza di quanto affermato dal magistrato antimafia. Eppure i casi che vengono alla luce sono ancora troppo pochi 

di G. D.A.
20 maggio 2020
18:49
Il procuratore Nicola Gratteri
Il procuratore Nicola Gratteri

L’ultimo finito nell’occhio del ciclone è il procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo, da ieri agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione in atti giudiziari. Lo stesso provvedimento è stato eseguito a carico di un ispettore della Polizia in servizio nella Procura tarantina e di tre imprenditori della provincia di Bari. L'inchiesta, cominciata un anno fa, è portata avanti dalla Procura della Repubblica di Potenza. Secondo l'accusa, gli indagati avrebbe compiuto "atti idonei in modo non equivoco" a indurre un giovane sostituto presso la Procura di Trani a perseguire penalmente una persona che gli imprenditori, considerati i mandanti, avevano denunciato per usura. Per la denuncia però, secondo l'inchiesta, non vi erano presupposti né di fatto né di diritto.

Gratteri e le toghe sporche

Era il 9 febbraio scorso quando il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, intervenendo nella puntata di In mezz'ora, la trasmissione curata e condotta da Lucia Annunziata parlò della piaga della corruzione all’interno della magistratura. Affermazioni di peso, riprese dalle agenzie e da tante testate giornaliste. Dichiarazioni contestualizzate in un clima rovente, quello dell’arresto (poche settimane prima) del giudice Marco Petrini, magistrato della Corte di appello di Catanzaro accusato di corruzione in atti giudiziari in taluni casi aggravata da finalità mafiose.


 

In quella sede, il procuratore aveva infatti asserito: «In magistratura c'è un problema di corruzione. Possiamo parlare del 6-7%, non di più. Grave, terribile, inimmaginabile, impensabile, anche perché guadagniamo bene. Io guadagno 7.200 euro al mese, si vive bene, quindi non c'è giustificazione, non è uno stato di necessità, non è il tizio che va a rubare al supermercato per fame. Si tratta di ingordigia». Ma a distanza di mesi, quel discorso cosa ha prodotto? Il clamore ha avuto vita assai breve, brevissima. Qualche ora, qualche lettura sui giornali e poi più nulla. Eppure, ad averle pronunciate è stato un magistrato da anni impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta e alla zona “grigia”, dove rappresentanti politici, delle istituzioni e dell'imprenditoria consentono agli esponenti della criminalità organizzata di mimetizzarsi nell'economia legale.

Eppure, quelle parole, non sono state riferite da chicchessia ma da un procuratore che il sistema del malaffare vorrebbe eliminare. E non in senso metaforico. Basti pensare alle massicce misure di sicurezza recentemente predisposte per Gratteri.

Il procuratore: «Il 6 -7 per cento di magistrati sono corrotti»

Certo, il coronavirus, la crisi economica, il lockdown e tutto il resto potrebbero aver contribuito a rendere quelle dichiarazioni meno efficaci popolarmente parlando. Ovvero, il cittadino non le ha percepite nella loro interezza e gravità. Ma anche ai piani alti l’allarme lanciato da Gratteri pare non aver provocato alcun scossone. Sta di fatto che, come evidenziato in un articolo pubblicato proprio nelle scorse ore su Italia Oggi, ci si attendeva reazioni altrettanto forti o perlomeno richieste di chiarimento. «Possiamo parlare del 6-7%» di magistrati corrotti, aveva specificato il magistrato. Il calcolo l'ha fatto ItaliaOggi: dalle 400 alle 450 toghe. Non numerini, insomma.

 

Gli interrogativi, senza scavare troppo a fondo, si moltiplicano. Il Consiglio superiore della magistratura ha cercato riscontri alle parole di Gratteri oppure ha lasciato che cadessero nel vuoto? E ancora in base a cosa quella percentuale di corruzione è stata confermata? Uno studio o informazioni in possesso del procuratore? Lo scopriremo – si spera – vivendo.

Giornalista
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