L’intervista

Gratteri: «I falsi poliziotti e l’attentato con il Suv: così la ’ndrangheta voleva uccidere i miei figli»

Il magistrato racconta i tentativi di attentato a La Confessione di Peter Gomez. Il commento sul processo Rinascita Scott: «Siamo riusciti a penetrare la zona grigia»

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di R. C.
13 febbraio 2024
20:56

«La ’ndrangheta organizzò un finto incidente stradale per ammazzare mio figlio». Così Nicola Gratteri, ospite de La Confessione di Peter Gomez che, da questa sera, arriva su Raitre alle 23. Vari i tentativi di attentato, non solo a lui come magistrato, ma anche rivolti alle persone a lui più care: a sua moglie, prima che diventasse tale, qualcuno sparò alla porta dell'abitazione con un messaggio: “voi sposate un uomo morto”; a entrambi i suoi figli. Nel 2016 quando il più grande studiava a Messina, due finti poliziotti si introdussero nel palazzo dove viveva. Lui vide i passamontagna e riuscì a chiudersi dentro casa e a dare l'allarme. «Qualcuno in famiglia le ha mai detto: “Papà ma ne vale la pena?”», ha chiesto Gomez.

«Questi problemi li ho avuti nell'età della formazione. - ha risposto il procuratore capo di Napoli -. Anche per l'altro figlio piccolo avevano organizzato un finto incidente stradale - ha proseguito - Avevano deciso dal carcere di Reggio Calabria di farlo mettere sotto con un Suv mentre lui era in moto». Per fortuna tutti i tentativi sono andati a vuoto: «In entrambe le occasioni lo abbiamo saputo prima quindi non è successo niente, ma entrambi i miei figli sono stati messi sotto scorta e questo crea tensione in una famiglia», ha concluso Gratteri.


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Gli attacchi mediatici al processo Rinascita Scott

Il magistrato ha commentato gli attacchi mediatici che lo hanno colpito quando ha istruito il maxi processo Rinascita Scott che si è chiuso in primo grado con 2.200 anni di carcere e 207 condannati, tra cui anche l’ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli condannato a 11 anni di reclusione. Nonostante le condanne, l’accusa è sempre la stessa: Gratteri lancia una rete, ma poi i pesci scappano tutti. Ecco allora i titoli di Unità, Riformista, Foglio, che parlano di “flop” e “fallimenti”. «Già in primo grado ho vinto una causa contro dei giornali che quasi quotidianamente scrivono cose evidentemente false su di me. Poi aspetto l’appello per essere più preciso e approfondito. Non voglio dare materiale». Quanto al processo nello specifico, il primo a tenersi nella nuova aula bunker di Catanzaro, «sono venute televisioni dall’Asia, dall’Australia, dalla Svezia, da tutti i continenti. – ha detto il procuratore –. È un processo che ha destato molto interesse non solo per come è stato strutturato, ma anche per il livello di penetrazione. Si è riusciti a entrare nella zona grigia, i colletti bianchi. I professionisti funzionali al completamento del disegno criminoso da parte delle mafie. Ovviamente siamo sempre in primo grado».

«A Napoli spesi 700mila euro in intercettazioni ma abbiamo recuperato 190 milioni di beni confiscati»

Commentando poi un video in cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio affermava che “la mafia non parla al telefono nemmeno in mezzo a un campo con la Quinta di Beethoven come sottofondo”, Gratteri è categorico: “Mi dispiace per il ministro, ma non posso essere d’accordo su questo. Basta leggere qualsiasi processo di mafia per vedere che ci sono decine di intercettazioni. Oltretutto per me un mafioso conclamato che chiama un incensurato e gli dice: ‘ci vediamo al bar’ per me è un’intercettazione importante perché sta chiamando un incensurato, non sta chiamando un suo affiliato, un solito noto. E quindi è lì che devo andare a lavorare. Quindi i mafiosi parlano al telefono, lo abbiamo visto. Il caso più eclatante? Matteo Messina Denaro è stato catturato attraverso le intercettazioni telefoniche, quindi di che cosa stiamo parlando. Seconda cosa, non è vero che le intercettazioni costano troppo. A Napoli, nel 2023 abbiamo speso 700.000 euro di intercettazioni e abbiamo recuperato 190 milioni di beni confiscati. Quindi di che parliamo?”.

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