Doppia operazione Ghenos- Scylletium che ha visto coinvolte le Procure di Catanzaro e Catania. Complessivamente 56 le misure cautelari. Accertati 67 scavi abusivi tra la Sicilia e altre regioni
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Saccheggiavano sistematicamente importanti aree e siti archeologici per trafugare reperti da vendere sul mercato illegale. Con due distinte operazioni, le Dda di Catanzaro e Catania, a conclusione di indagini dei varabinieri del Comando Tutela patrimonio culturale, hanno smantellato due bande ben organizzate facendo emettere 56 provvedimenti cautelari. Undici - 2 in carcere e 9 ai domiciliari - a Catanzaro e 45 a Catania, 9 in carcere, 14 ai domiciliari, 17 obblighi di dimora, 4 obblighi di presentazione alla Polizia giudiziaria, di cui 2 notificati in territorio estero, e una sospensione dell'esercizio di impresa a carico del titolare di una casa d'aste.
Con tutti i reperti che si sono trovati «si potrebbe aprire uno dei più importanti musei archeologici a livello nazionale». Lo dice in conferenza stampa il procuratore di Catania Francesco Curcio per far comprendere l'ampiezza della doppia operazione Ghenos- Scylletium, effettuata oggi alle prime ore dell'alba dai Carabinieri del Gruppo Tutela Patrimonio Culturale di Roma coordinati dalla Procura Distrettuale di Catania e dalla Procura Dda di Catanzaro, con il supporto dei Carabinieri sul territorio (oltre 200 i militari impiegati). Si è arrivati così al sequestro di oltre a 12mila reperti archeologici, di cui almeno 7 mila monete antiche di epoca greca e romana, insieme, fra gli altri, a anelli, vasellami, fibule.
Un'operazione per la quale sono state emesse 56 misure cautelari verso persone, ritenute a vario titolo responsabili dei reati di associazione per delinquere, violazione in materia di ricerche archeologiche, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, impiego di denaro di provenienza illecita, furto di beni culturali, ricettazione di beni culturali, autoriciclaggio di beni culturali, falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali, uscita o esportazione illecita di beni culturali, contraffazione di opere d'arte, e ricettazione.
Le due indagini, condotte parallelamente dai Nuclei Tpc di Cosenza e Palermo, hanno trovato un punto di confluenza quando è emerso che una squadra di "tombaroli" siciliana, comparsa nell'indagine "Ghenos", operava sia nella regione d'origine che in Calabria, in collaborazione con gli indagati dell'indagine "Scylletium". Da qui la decisione di eseguire contemporaneamente le due ordinanze.
«Sono stati accertati 67 scavi abusivi tra la Sicilia e altre regioni - aggiunge il Pm Francesco Curcio - ed è stato possibile ricostruire, grazie all'eccezionale lavoro dei Carabinieri un'intera filiera illegale, che va dal tombarolo al venditore, fino allo sbocco anche in importanti case d'aste in Italia e all'estero, come in Gran Bretagna e Germania».
In Calabria il gruppo criminale operava pure «allo scopo di agevolare la cosca di 'Ndrangheta chiamata Arena che in tal modo consolidava anche il controllo del territorio nell'area del Crotonese" spiega il procuratore di Catanzaro Salvatore Curcio.
«Siamo felici di aver potuto insieme alla magistratura dare un segnale molto importante rispetto ad un fenomeno che purtroppo è diffuso - sottolinea il generale Antonio Petti, che guida il comando della tutela del patrimonio culturale dei carabinieri -. Contrastarlo significa non soltanto sottrarre alla criminalità, in questo caso anche organizzata, dei canali di finanziamento illeciti ma fare giustizia portando alla fruizione del pubblico ciò che costituisce patrimonio nazionale per sottrarre gli appetiti economici di contesti illegali».
«È una indagine che è durata molto anni e che ha riguardato 79 indagati, 45 dei quali raggiunti da misure cautelari tra di loro anche due appartenenti alle forze dell'ordine. Sono state sequestrate diecimila monete. Sono stati trovati 60 metal detector, un 'esercito', per poter cercare in modo scientifico nei siti e rinvenire le monete preziose. Quelle sequestrati hanno un valore di 17 milioni di euro» – ha aggiunto il procuratore Francesco Curcio.
«I 60 metal detector che sono stati rinvenuti, tutti ad alta tecnologia, li abbiamo dati ai competenti uffici ministeriali perché ne sono privi. Abbiamo dunque i ladri che hanno più mezzi delle 'guardie'» – ha concluso.



