’Ndrangheta stragista

Il pentito Bruzzese: «Piromalli e De Stefano avevano un ruolo di vertice anche in Cosa nostra»

Durante l’udienza di oggi il collaboratore di giustizia ha anche confermato «l’interessamento delle cosche calabresi per la liberazione di Aldo Moro»

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di Elisa Barresi
10 febbraio 2023
17:45

È stato ascoltato nuovamente, dopo aver integrato i suoi ricordi con una missiva, il pentito Girolamo Bruzzese esaminato nel processo “‘Ndrangheta stragista” che si sta celebrando dinnanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria.

Il collaboratore di giustizia ha confermato in aula i presunti legami tra la ‘Ndrangheta e Cosa Nostra per poi soffermarsi sulla «doppia affiliazione», riferendosi ad alcuni esponenti di vertice reggini, come «Paolo De Stefano, Peppe e Mommo Piromalli, Nino Pesce, Pino Mammoliti, Luigi Mancuso, Pino Piromalli, Nino Molè, Nino Gangemi, qualcuno degli Alvaro». «Questi soggetti – ha riferito in aula Bruzzese – avevano un ruolo di vertice apicale anche nella mafia».


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Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, confermando quanto scritto nella missiva, ha ricordato «di un certo interessamento della ‘ndrangheta per ottenere notizie per la liberazione di Aldo Moro»: «Mio padre e con Teodoro Crea, mi confermarono che ci fu un ruolo della ‘Ndrangheta».

Il pentito si è poi nuovamente soffermato su altri dettagli in merito al presunto e già discusso in aula “summit” di ‘ndrangheta al quale avrebbero partecipato Bettino Craxi e Silvio Berlusconi.

Nel corso del controesame tenuto dall’avvocato Salvatore Staiano, difensore di Rocco Santo Filippone, il collaboratore di giustizia è stato invece sollecitato a chiarire i motivi per i quali «solo adesso», a distanza di venti anni dalla sua decisione di pentirsi, abbia chiamato in causa uno dei figli di Filippone, indicandolo come un noto trafficante d’armi. Il penalista, nel suo intervento, ha sollevato dubbi sulle affermazioni di Girolamo Bruzzese, che nel verbale contestato ha voluto scusarsi per quella che ha definito una dimenticanza.

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Il processo, che vede alla sbarra il boss di Cosa nostra, Giuseppe Graviano, e il capobastone di Melicucco (Reggio Calabria), Rocco Santo Filippo, per il duplice omicidio dei carabinieri Vincenzo Fava e Antonino Garofalo del 18 gennaio 1994 nei pressi dello svincolo autostradale di Scilla – fatto di sangue inserito nel ben più vasto progetto di attacco allo Stato deciso da Totò Riina – riprenderà il prossimo 20 febbraio, mentre nelle giornate del 23 e 27 febbraio si svilupperà la requisitoria del Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, con la precisazione dei capi d’accusa, il riassunto dei fatti e la formulazione delle richieste al Collegio giudicante.

Giornalista
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