La sentenza

Inchiesta Lex genucia, tre condanne del tribunale di Lamezia per usura ed estorsione

Si tratta degli ultimi imputati in attesa di giudizio. Gli altri sono stati già giudicati e condannati nel processo in abbreviato

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di Redazione
30 settembre 2021
11:31
Il tribunale di Lamezia Terme
Il tribunale di Lamezia Terme

Il tribunale di Lamezia Terme in composizione collegiale, presieduto dal giudice Luana Loscanna, ha emesso il verdetto con il quale è stata definita la posizione processuale degli ultimi tre imputati rimasti in attesa di giudizio, finiti nella rete delle fiamme gialle nel novembre del 2011 nell’ambito dell’operazione “lex Genucia”.
Si tratta di Bruno Cimino (dipendente dell’Asp) Teresa Ferrise e Giuseppe De Fazio. Tutti imputati per usura aggravata ed il primo anche per estorsione.

La sentenza

Bruno Cimino: 3 anni e otto mesi di reclusione e interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni;
Giuseppe De Fazio e Teresa Ferrise: 2 anni di reclusione. Per la donna il tribunale ha deciso per la sospensione della pena


L’accusa in aula è stata sostenuta dal pm Marica Brucci, la quale aveva chiesto condanne maggiori (sei anni e quattro mesi di reclusione per Cimino e De Fazio, 5 anni, 4 mesi per Ferrise). Il collegio della difesa è stato costituito dagli avvocati Nicola Veneziano e Gabriele Ruffino per Bruno Cimino, Veneziano e Larussa per De Fazio e Ferrise. La parte offesa, invece, non costituitasi parte civile, è stata assistita dagli avvocati Vincenzo Barone del foro di Nola e Alessandro Del Piano del foro di Napoli.

L’operazione “lex Genuncia” fu eseguita dalle fiamme gialle guidate, all’epoca dei fatti, dal maggiore Maurizio Pellegrino e dal brigadiere Vito Margiotta, coordinata dall’allora procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Salvatore Vitello e dal sostituto procuratore Maria Alessandra Ruberto.

Le indagini furono avviate dalla guardia di finanza dopo aver appreso che il commerciante vittima dell’usura si era allontanato dalla Calabria per timore di ritorsioni da parte dei soggetti poi arrestati, con i quali aveva contratto debiti, i quali a fronte delle sue inadempienze avevano iniziato ad esercitare minacce; solo dopo una paziente “opera di convincimento”, fu la moglie del commerciante ad iniziare a confidare alla guardia di finanza i motivi che avevano portato il suo coniuge ad allontanarsi dalla città.

A conclusione delle attività investigative il Nucleo mobile della guardia di finanza di Lamezia Terme aveva proceduto alla cattura di 10 presunti usurai, ritenuti responsabili a vario titolo di usura aggravata, estorsione ed esercizio abusivo del credito, alcuni dei quali affiliati a cosche della ‘ndrangheta lametina.
Cinque di loro (Francesco Pullia, Adriano Sesto, Ferdinando Greco, Francesco Greco, Fabio Zubba) chiesero di essere giudicati con rito abbreviato, all’esito del quale, il 31 gennaio 2013 furono tutti condannati e subirono la confisca dei beni. Bruno Gagliardi patteggiò la pena. Tutte le condanne e le confische dei beni sono state confermate fino in Cassazione.

 

 

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