L’idea ha preso forma grazie alla sinergia tra Amministrazione comunale di Davoli, Asp di Catanzaro e aziende del territorio
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C’è un ragazzo, chiamiamolo Matteo. Vive a Davoli da sempre, in una casa dove la speranza entra ed esce come il vento del mare. Ha vent’anni, qualche competenza che gli brilla addosso, e una neurodivergenza che spesso non è lei il problema, è lo sguardo degli altri. Matteo vuole lavorare, vuole sentirsi utile, vuole rispondere alla domanda che ogni giovane si porta dentro, dove sto andando? Solo che per lui le porte non si aprono. O si aprono a metà, che è peggio. Le settimane tutte uguali. La sua giornata, a un certo punto, sembra diventata un loop.
Come nasce il progetto InDavoli
Nel frattempo, in un altro ufficio dello stesso paese, un Assessore alle politiche sociali vive una tensione diversa. Sa bene che nel territorio ci sono ragazzi come Matteo. Li conosce per nome, volti, famiglie, fragilità, talenti. E sa anche che le politiche sociali non possono essere solo carte e protocolli, devono essere ponti, devono diventare azioni che cambiano il quotidiano delle persone. Così prende forma un’idea. Una di quelle idee che iniziano come un appunto sul quaderno, poi diventano telefonate, poi riunioni, poi progetto. Quell’idea si chiama InDavoli.Il primo passo è stato semplice nella forma e complesso nella sostanza, mappare il territorio per capire chi poteva credere davvero che l’inclusione lavorativa non è beneficenza ma lungimiranza. Ed è qui che succede qualcosa di raro per progetti pubblici, le aziende rispondono. Cinque imprese del territorio dicono sì. Non un sì di cortesia, ma un sì operativo, un sì che profuma di scrivanie da preparare, di tutor da affiancare, di chance concrete. Cinque aziende che firmano una convenzione con il Comune di Davoli e si rendono disponibili ad accogliere ragazzi come Matteo, con rispetto, metodo e pazienza.
Il ruolo dell’Asp
Parallelamente nasce un altro asse fondamentale, la convenzione con l’ASP di Catanzaro. Finalmente un canale strutturato, con professionisti che aiutano a individuare i ragazzi idonei e operatori formati che li accompagneranno nelle prime giornate in azienda. Un modello di inserimento graduale che non lascia nessuno da solo. Ed è qui che le due storie iniziano ad avvicinarsi. Matteo, dopo mesi di attesa, riceve una telefonata. Gli spiegano che c’è un progetto nuovo, che alcune aziende di Davoli hanno aperto le porte, che l’ASP collaborerà per seguirlo passo dopo passo. Gli chiedono se se la sente. Matteo dice sì. Un sì pieno. Perché quando una comunità si muove insieme, il coraggio arriva anche a chi pensava di averlo perso.
L’Assessore vede il quadro finalmente completo. Le convenzioni con le aziende sono firmate, quella con l’ASP è attiva, i ragazzi individuati, gli operatori pronti. Gli inserimenti stanno per partire e ognuno porterà con sé una storia diversa, una famiglia diversa, un futuro possibile.
Tra sogno e realtà
Sono cinque le famiglie che oggi possono guardare avanti con un po’ più di fiducia.
È solo l’inizio, certo. Ma ogni cambiamento significativo parte da un primo passo e questo passo è stato fatto insieme. Il progetto lancia un messaggio forte. Si può costruire inclusione vera, misurabile e replicabile. Un piccolo Comune può diventare apripista per un modello che altri territori potranno adottare. A volte, per cambiare un destino, basta far incontrare due strade. Quella di un ragazzo che cerca il suo posto nel mondo e quella di un’Amministrazione che decide di non voltarsi dall’altra parte.
A Davoli, questo incrocio sta già iniziando a generare futuro.

