Operazione Minefield

La ’ndrangheta riciclava milioni al Nord: i clan di Cutro padroni a Reggio Emilia, sequestrati diamanti e orologi di lusso

Riemerge uno schema di fatture false e società cartiere intestate a prestanomi. Gli investigatori trovano 200mila euro in contanti. Il sistema per portare il denaro in Bulgaria con l’aiuto dei colletti bianchi

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di R. C.
20 febbraio 2024
14:36

Dall'inchiesta “Minefield” della Procura di Reggio Emilia, sono emerse operazioni di infiltrazione nel tessuto economico regionale e nazionale a opera del sodalizio condotto da soggetti calabresi originari di Cutro, professionisti calabresi e campani, alcuni nati a Reggio Emilia e altri originari della provincia di Foggia. Un fiume di false fatture: l’inchiesta ha portato in carcere sette persone, cinque invece sono finite agli arresti domiciliari. L’attività vede coinvolti oltre 100 indagati e 81 società tra Emilia, Calabria, Toscana, Campania, Lazio, Lombardia, Marche e Veneto.

Fatture false per 4 milioni di euro e società cartiere intestate a prestanomi

Le indagini di carabinieri e guardia di finanza - coordinati dalla Procura reggiana - hanno portato a scoprire come il core business criminale fosse legato in misura prevalente alla commissione di reati tributari, mediante l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, con una costante crescita degli "utilizzatori" coinvolti nell'articolato sistema di frode fiscale che si reggeva grazie alle cosiddette “cartiere” intestate a insospettabili prestanomi. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, le fatture false ammontano a circa quattro milioni di euro per sei milioni di euro di imposte evase. L'organizzazione inoltre gestiva un imponente giro d'affari in diversi settori, dalle prestazioni di servizi (cantieristica e manutenzione di macchinari industriali e pulizie), oltre che nel settore del noleggio di autovetture e di commercio all'ingrosso.


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L'associazione riciclava il denaro ottenuto illecitamente tramite un sistema di false fatture e frode fiscale, ripulendolo nell'economia legale, investendo in diamanti, orologi preziosi e auto di lusso acquistate in Austria e poi noleggiate nel territorio reggiano attraverso società riconducibili al sodalizio. Beni di lusso e oltre 200.000 euro in contanti, sequestrati da guardia di finanza e dai carabinieri nell'operazione 'Minefield' che ha permesso di smantellare un'attività illecita contigua agli ambienti della criminalità organizzata portando ad indagare 108 persone (di cui 26 che secondo gli inquirenti sono appartenenti alla 'ndrangheta) con 81 società coinvolte e 251 aziende utilizzatrici delle operazioni inesistenti, tra Emilia-Romagna, Calabria, Campania, Toscana, Lazio, Lombardia, Marche e Veneto. Un giro d'affari di oltre 30 milioni di euro. Sono stati disposti sequestri per oltre 10,5 milioni di euro su richiesta della Procura di Reggio Emilia diretta dal procuratore capo della Repubblica, Calogero Gaetano Paci che ha coordinato l'inchiesta.

Frode fiscale e riciclaggio, i soldi filtrati in Bulgaria

Nel corso delle indagini dell'operazione 'Minefield' della Procura di Reggio Emilia, è stato ricostruito anche il sistema di riciclaggio internazionale utilizzato dall'organizzazione in molti casi: infatti, i proventi illecitamente ottenuti venivano fatti confluire attraverso un sistema di scatole vuote prevalentemente verso la Bulgaria. Da qui, il denaro veniva inviato su ulteriori conti esteri o monetizzato, per essere poi reintrodotto fisicamente in Italia. Inoltre, tra gli arresti messi a segno da carabinieri e guardia di finanza, anche uno in flagranza per detenzione di sostanze stupefacenti dopo essere stato trovato in possesso di 18 chili di hashish e 4 di marijuana. L'inchiesta ha portato ad eseguire complessivamente 15 misure cautelari, cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere, 7 misure degli arresti domiciliari, un obbligo di dimora e tre misure interdittive, di cui due nei confronti di professionisti.

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Percezione illecita dell'indennità di disoccupazione Naspi per un valore di circa 60mila euro e contributi Covid per 72mila euro. C'era anche un sistema di frode al welfare statale nell'attività del sodalizio contiguo alla criminalità organizzata scoperto nell'operazione 'Minefield' condotta da carabinieri e guardia di finanza coordinati dalla procura di Reggio Emilia. Inoltre, alcune delle società 'cartiere' che venivano utilizzate per l'emissione delle fatture false - stando a quanto ricostruito dagli inquirenti - hanno fatto ricorso indebitamente ai contributi pubblici stanziati durante l'emergenza sanitaria in pandemia. Oltre ai reati fiscali, gli indagati sono accusati a vario titolo di estorsione, riciclaggio e auto-riciclaggio di proventi illecitamente ottenuti, bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni pubbliche ed appropriazione indebita. riciclaggio e false fatture 

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