L’intervista

Legge bavaglio, l’ex magistrato Cafiero De Raho spiega le ragioni del No: «La gente deve sapere»

Oggi deputato del Movimento 5 stelle, l’ex procuratore nazionale antimafia ha votato contro l'emendamento che vieta la pubblicazione "integrale o per estratto" delle ordinanze di custodia cautelare: «Giornalisti, associazioni e società civile manifestino per fermare questo disegno»

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di Massimo Clausi
22 dicembre 2023
06:15
Federico Cafiero De Raho
Federico Cafiero De Raho

Il via libera della Camera all'emendamento di Enrico Costa (Azione) alla legge di delegazione europea che introduce il divieto di pubblicazione "integrale o per estratto" del testo dell'ordinanza di custodia cautelare ha creato un acceso dibattito nel Paese. I voti a favore sono stati 160, 70 i no (M5s, Avs e Pd). Iv e Azione hanno votato a favore con la maggioranza.

Ne abbiamo parlato con Federico Cafiero De Raho, deputato del M5s e già procuratore nazionale antimafia, che naturalmente ha espresso voto contrario al provvedimento.


Onorevole De Raho, perché è contrario all’emendamento Costa?
«Sostanzialmente per due motivi. Il primo. Quando i mezzi di informazione diffondono i contenuti di un’ordinanza di custodia, rendono un servizio al pubblico, garantendo la conoscenza dei fatti gravi per cui è stato disposto il provvedimento. Il divieto di pubblicazione impedisce che il cittadino sia informato dai media, che vigilano sull’operato della magistratura».

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C’è chi dice che questo possa essere una tutela per l’indagato…
«Sull’indagato torno fra un attimo. Nel frattempo le ricordo che se il cittadino non è a conoscenza dei fatti che riguardano un'indagine, egli stesso non potrà mettere in atto misure di cautela che gli impediscano di entrare in contatto con certi circuiti. Se il cittadino, ad esempio, sa che in quel bar del suo paese si tengono summit di mafia, anche se il titolare del bar non è indagato, probabilmente eviterà di frequentarlo. Stessa cosa un negozio o peggio ancora una società. Se non so che su quella società ci sono ombre, magari continuerò a trattare, ad assumere obbligazioni verso quella società che magari è ad altissimo rischio. Dobbiamo considerare che si è sempre detto che il modo in cui il cittadino può isolare o contrastare le mafie è recarsi a spendere in quei negozi che hanno un bollino blu o che comunque sono al riparo da certe influenze. Il contrasto sociale alle mafie, in altri termini, riusciamo a raggiungerlo se attorno ad esse, e alle loro attività economiche, creiamo il vuoto»

Veniamo invece alle garanzie per l’indagato. Perché la pubblicazione di un’ordinanza offre garanzie anche a chi è colpito dal provvedimento?
«Guardi, una delle principali caratteristiche dei paesi a regime totalitario è che si fanno arresti senza che se ne sappia il motivo. Allora diciamo due cose. La prima è che essere indagati non significa affatto essere colpevoli. Nel nostro sistema giudiziario si è presunti innocenti fino a sentenza definitiva. La seconda cosa è la lettura dell’ordinanza permette ai cittadini di valutare gli elementi di prova. È importante sapere perché avvengono degli arresti. L’informazione è un valore democratico e tutela i soggetti fragili. D'altronde la giurisdizione si esercita in nome del popolo. Questo obbligo del silenzio sembra quasi una violazione del diritto costituzionale alla libera informazione».

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Il centrodestra invece parla delle esagerazioni che si sono avute da Tangentopoli in poi con persone estranee alle indagini che si sono trovate sui giornali…
«Non è così perché si è intervenuti sulle intercettazioni per consentire che il giudice utilizzi nell’ordinanza solo quelle strettamente rilevanti e collegate direttamente agli indagati. Non possono essere contenute intercettazioni di persone che non rientrano nell’indagine e già questa è una garanzia. Il decreto emanato dal ministro Orlando nel 2017 già adeguava l’Italia alla direttiva europea, che protegge la presunzione di innocenza, compresa una stretta molto rigorosa sulle intercettazioni. L’ordinanza di custodia cautelare è un atto di grande rilevanza perché ovviamente tocca la libertà individuale di un cittadino con riferimento anche a fatti di allarme sociale. L’interesse a conoscere questi fatti è innegabile. Ma i fatti, però, si possono conoscere solo attraverso la lettura dell’ordinanza, qualsiasi altra fonte si riduce ad una interpretazione di quei fatti e per ciò stesso sarebbe fuorviante o riduttiva».

Adesso cosa farete politicamente?
«Abbiamo già espresso il nostro voto contrario in aula. Ma la vicenda va oltre le aule parlamentari per cui l’obiettivo è quello di diffondere queste informazioni affinché anche la società civile, l’Ordine e il sindacato dei giornalisti, le associazioni mettano in campo una grande manifestazione per fermare questo disegno. L’iniziativa della Federazione della stampa (che ha invitato il presidente Mattarella a non controfirmare la legge, ndr) in proposito è importante, perché manifesta l’unità di intenti da parte di tutti i giornalisti. Qui non si tratta di sbattere il mostro in prima pagina, ma del giusto equilibrio tra le garanzie dell’indagato e quelle del cittadino, che solo la libera informazione può assicurare a tutti i soggetti in causa».

Giornalista
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