I clan sono presenti in forze: Bellocco, Mancuso, Morabito, quelli «della montagna». E sono pronti a fare a spallate per inserirsi nei business. Ci sono anche figure di contorno che esibiscono (oppure millantano) parentele con boss e pezzi da novanta. Ma c’è sempre modo di verificare, perché le decisioni strategiche si prendono al Sud.

A Milano non si muove una foglia senza che le famiglie di 'ndrangheta in Calabria avvertano gli spostamenti d'aria.

«Quando fanno qualcosa a Milano arriva subito qua sotto»: la frase del suocero di Antonio Bellocco captata nel settembre 2023 si può rileggere alla luce dei (tanti) filoni dell'indagine Doppia Curva, una discesa nell'abisso di affari criminali che fondono tifoseria e criminalità organizzata. Quando la regola viene enunciata, i business che ruotano intorno a San Siro sono un ingorgo di cosche calabresi, di (veri o presunti) nipoti di boss che sbandierano le proprie parentele per raggiungere un posto al sole. Ci sono (quasi) tutti: da San Luca ad Africo, da Rosarno a Limbadi.

Bellocco, che quel posto lo ha appena raggiunto, è seduto su una polveriera mentre cerca di mantenere il controllo e capire se qualcuno lo sta fregando. Per i pm di Milano, assieme a lui c'è anche un pezzo della sua famiglia.

Antonio e Berto Bellocco: l’analisi sui “furti” di Beretta

Berto Bellocco, fratello di Antonio, rampollo del clan ucciso da Andrea Beretta a Cernusco sul Naviglio, è indagato a piede libero in uno dei filoni dell’indagine Doppia Curva. Per lui i pm avevano chiesto l’arresto, negato dal gip che non considera consistenti le accuse nei suoi confronti.

Secondo la ricostruzione della Dda di Milano, Berto Bellocco avrebbe partecipato alla fase di verifica sui conti degli affari criminali della Curva Nord, cioè alle presunte irregolarità nella contabilità da parte di Beretta. Nel luglio 2023 la questione rischia di esplodere: Bellocco e Marco Ferdico, uno dei vertici del triangolo ultrà che guida la tifoseria interista, non si fidano più del socio. L’ipotesi investigativa è che (anche) il fratello di Totò il nano fosse entrato in quell’orbita: «L’altro giorno, quando è salito mio fratello – dice Antonio Bellocco – è salito a portarmi i conti… mancano 1500 euro».

Bellocco riassume i conteggi e pare riferirsi a un ammanco monstre di 450-550 mila euro che avrebbe già segnalato a Beretta. Poi fa un riferimento ai propri familiari che, «quando sono saliti, mi hanno detto: Marco è a posto? Marco è a posto! Andrea invece sul negozio…».

Lo scontro con gli Irriducibili: «Vi si sono avvicinate 187 famiglie»

La presenza di Berto Bellocco nell’inchiesta non si limita soltanto ai riscontri finanziari sulle attività del merchandising. Per i magistrati antimafia i due fratelli avrebbero fatto da argine all’ingresso di altri esponenti di ’ndrangheta nella gestione delle curve. Un passo indietro: per consentire a Beretta di mantenere il governo della Nord dopo il delitto di Vittorio Boiocchi, Bellocco aveva escluso – grazie al peso del proprio nome – il gruppo degli Irriducibili. Uno di loro lo incontra il 14 settembre 2023 e il rosarnese assume un tono dialogante, si dice certo che tutto si risolverà. Certo, non nega gli attriti ma li riconduce al fatto che troppe famiglie – dice addirittura 187 – si sono avvicinate agli Irriducibili finendo per complicare la situazione. Fa riferimento ai «Santi Luca» per indicare ovviamente le famiglie di San Luca. Per Bellocco, in sostanza, la forzatura per prendere il timone degli affari era stata male interpretata da Irriducibili e Hammerskin che si credevano in prima linea per il dopo Boiocchi e avevano chiesto il supporto di altre famiglie calabresi. È qui che Bellocco spiega che era stato costretto a tenere lontani gli altri «perché entrano di sguincio e poi si mettono di piatto».

Tenere lontano le altre famiglie mafiose era un imperativo in quel momento storico di instabilità: «Noi abbiamo i problemi nostri – spiega Bellocco –, se io gli do il permesso e gli apro la porta, quello vuole entrare nel salone, nella cucina, poi l’ignoranza crea problemi che non si può parlare più, capito».

L’incontro con «quello della Montagna»: «Vengo con la 38»

Tutti quei movimenti attorno al governo della Nord non erano andati giù a Bellocco: sarebbe stato meglio far calmare le acque e poi accordarsi. Qualche giorno dopo, un altro esponente degli Irriducibili chiede un appuntamento al rampollo del clan di Rosarno nel quale sarebbe stato presente un altro uomo, «quello della montagna». Bellocco racconta poi a Beretta di aver già tentato invano un incontro con questa persona e poi incaricato suo fratello Berto. Quest’ultimo, però, non sarebbe riuscito a trovarlo e «gli aveva girato l’ambasciata di scendere a Rosarno». Un pezzo delle trattative per la gestione della Curva Nord dell’Inter si sarebbe dovuto svolgere in Calabria. Rosarno per trattare con «quello della montagna», Soriano per nascondersi dopo il delitto Boiocchi e per pianificare la scalata alla tifoseria: a Milano si fanno affari ma parte delle decisioni critiche viene presa in Calabria.

L’argomento della trattativa per il controllo della curva torna il 20 settembre 2023. Bellocco cena con altri due e rievoca il mancato incontro tra i suoi fratelli e l’uomo del mistero: un nulla di fatto che si sarebbe concluso con un invito esplicito a vedersi rivolto al nipote della controparte («vedi che tuo zio mi sta rompendo le palle»). Da questo dialogo emerge un altro dettaglio sull’avversario: sarebbe un «cristiano di 70 anni»: età – per Antonio Bellocco – alla quale ci si dovrebbe occupare di altro: «Mio padre non parla di queste cose, non fa queste cose. (…) Glielo dico chiaro, a me mi deve lasciare stare! Mi deve sparare subito… e aspetta che poi è tardi, che già quello che dovevo fare l’ho fatto, me lo ha mandato a dire… già siamo pronti al peggio. Non si è fatto trovare la sera». Il rosarnese si dice pronto: «Mettetevi di lato bello bello, non voglio che ci acchiappiamo, senno che venga. Io qua con la 38 vengo».

Ingorgo di clan a San Siro: il nipote di Morabito e quello di Mancuso

«Quello della montagna» non è l’unico calabrese a gravitare attorno agli scontri per assicurarsi il predominio su San Siro. A ottobre emergono anche altre figure. C’è un «ragazzo di Africo che vende orologi a Milano» e poi c’è un uomo non indagato che compare spesso negli atti giudiziari di Doppia Curva. I due hanno incontrato Ferdico: il primo si è presentato come il nipote di una figura di vertice della cosca Morabito di Africo, il secondo ha legami familiari con il clan Mancuso di Limbadi. Intorno alla curva c’è un ingorgo di persone vicine (o presunte) tali a pezzi di ’ndrangheta di serie A: ciascuno rivendica una fetta di torta. L’uomo vicino ai Morabito lo fa per conto degli Hammerskin: compare anche un altro pretendente, un “barbiere” di Africo. Bellocco reagisce con parole esplicite al tentativo di intromissione: «Tu lo sai benissimo che ci sono io. Tu vuoi mangiare sopra di me? Non ce n’è che mangia sopra di me».

L’altro uomo, quello che sarebbe legato alla cosca di Limbadi, non viene considerato un pericolo perché, nonostante le mire sul business, ai calabresi lo scontro non conviene: «Non gli conviene, per sta roba qua ci sono i Pelle, quando fanno qualcosa là (a Milano, ndr) arriva subito qua sotto… qua sotto poi si rompono gli equilibri di tutte le cose», dice il suocero di Antonio Bellocco. E poi esclude anche che i Morabito possano essere coinvolti nel tentativo di proteggere gli Hammerskin. Molto rumore per nulla? Di certo i cognomi di alcune tra le più importanti famiglie di ’ndrangheta ruotavano attorno a San Siro. E c’è quella frase che rimanda direttamente ai centri nevralgici delle ’ndrine: «Quando fanno qualcosa a Milano arriva subito qua sotto».