Arresti a Reggio, gli inquirenti: «Oggi sappiamo chi ha impoverito la città»

VIDEO | Ammonterebbero a 11 milioni di euro i soldi sottratti dalle casse comunali da parte degli imprenditori che gestivano la "Multiservizi". Denaro pubblico che sarebbe dovuto servire alla costruzione e manutenzione delle strade, della rete idrica, di spazi pubblici e case ma che sarebbe di fatto transitato nelle tasche dei clan

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di Angela  Panzera
3 ottobre 2019
14:47

«Questa è un’indagine che era dovuta ai cittadini di Reggio Calabria per far comprendere e dare loro conto come sono stati spesi i soldi per la manutenzione delle strade, dell’illuminazione e della rete idrica. Era un atto dovuto». Così il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, durante la conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell’operazione “Mala gestio”. Secondo l’indagine compiuta dalla Guardia di Finanza sarebbe stato stipulato un patto scellerato tra politici e imprenditori collusi che avrebbe sottratto alle casse del comune reggino 11 milioni di euro senza che venissero erogati i servizi per la città, come la manutenzione delle strade, della rete idrica, ma anche la costruzione e manutenzione di case, scuole e parchi. L’accusa contestata è quella di bancarotta fraudolenta. Otto sono le persone sono finite agli arresti domiciliari mentre altre dieci risultano indagate a piede libero.

Il ruolo dell'ex sindaco Scopelliti

Tra gli indagati anche l’ex sindaco reggino e governatore calabrese Giuseppe Scopelliti il quale così avrebbe permesso alla società “Gst srl” di gestire in via esclusiva la società partecipata del comune “Multiservizi” «per far sì - scrive il gip - che divenisse uno strumento funzionale al soddisfacimento degli interessi economici della ‘ndrangheta e di alcune famiglie di imprenditori ad essa legate». Scopelliti, in qualità di sindaco del Comune di Reggio Calabria dal 20 giugno 2002 al 14 maggio 2010, quindi in qualità di legale rappresentante del socio di maggioranza di “Multiservizi Spa”, il 9 novembre 2004 avrebbe sottoscritto i patti parasociali il cui articolo 6 ha attribuito di fatto al socio di minoranza, “Gst srl”, il potere di scelta dell'amministratore della “Multiservizi”. «Con ciò contravvenendo allo statuto appena stipulato» ha affermato Bombardieri spiegando che al socio di maggioranza, ovvero il Comune, spetta il potere di nomina, e al socio di minoranza il potere di controllo. «Il Comune di Reggio Calabria - si legge nei patti parasociali siglati da Scopelliti - si impegna affinché i componenti del consiglio di amministrazione da esso designati deliberino favorevolmente l'attribuzione, in via esclusiva, di tutti i poteri per la gestione della società a favore dell'amministratore delegato, la cui designazione spetta a Gst srl». Rimborsi spese gonfiati, consulenze, acquisti e pagamenti non giustificati che di fatto avrebbero dilapidato il patrimonio delle due società portandole al fallimento e se non fosse intervenuto il Tribunale gli imprenditori, riportano le Fiamme Gialle, erano pronti a chiedere al Comune altri cinque milioni di euro, ma adesso, sottolineano gli inquirenti, spetterà alla Dda analizzare le eventuali condotte riconducibili alla ‘‘ndrangheta. «Un ingegnoso meccanismo fraudolento» lo ha definito Bombardieri messo a punto da coloro i quali ricoprivano contemporaneamente cariche sociali nelle imprese fallite (Multiservizi e Gst) e in altre ditte a favore delle quali venivano svolte distrazioni di risorse economiche. «Era necessario - ha chiosato il procuratore - portare alla luce questo scenario, lo dovevamo alla Guardia di Finanza tanto quanto ai cittadini di Reggio Calabria».


Urbani: «Nomi e cognomi di chi ha impoverito la città»

«Grazie agli esiti di questa indagine sappiamo che se percorriamo strade disastrate, se a volte nelle nostre case apriamo un rubinetto e non esce l’acqua, se i nostri ragazzi non hanno a disposizione spazi adeguati per lo sport, le responsabilità sono ad oggi note, con nomi e cognome» lo ha detto invece, il colonnello Flavio Urbani, comandante provinciale della Guardia di Finanza. Un lavoro certosino quello delle Fiamme Gialle che ha visto acquisire e incrociare dati, risultanze, fiscali e documentali, delineando di fatto uno scenario inquietante. La “Multiservizi” era stata costituita per fornire appunto servizi alla comunità, servizi primari ma di fatto «a causa del patto scellerato tra politica deviata, imprenditori disonesti e criminalità organizzata» il denaro pubblico, 11 milioni di euro non è servito per garantire i servizi pubblici dei cittadini, ma è finito nelle tasche delle cosche reggine.

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