La Suprema Corte conferma la nullità del lodo arbitrale irrituale che aveva riconosciuto le somme alle strutture sanitarie che sono state condannate anche per responsabilità aggravata da abuso del processo
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Rigettato dalla Corte di Cassazione il ricorso presentato da nove case di cura private contro l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza in merito al mancato pagamento delle prestazioni extra budget. La decisione, emessa il 26 marzo 2025 in camera di consiglio, conferma la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva già sancito la nullità del lodo arbitrale con cui le cliniche pretendevano il riconoscimento delle somme dovute.
Il caso riguardava le case di cura Villa Verde, Villa degli Oleandri, Villa del Sole, Prof. G. Santoro, Santa Lucia, Scarnati, San Francesco, San Bartolo e iGreco Ospedali Riuniti. Le stesse avevano fatto ricorso a un arbitrato irrituale contro l’Asp, ottenendo una pronuncia favorevole, poi annullata in sede giudiziaria.
La clausola irrituale e il principio di legalità della Pubblica Amministrazione
Il cuore della vicenda ruota attorno alla natura dell’arbitrato. La Cassazione ha ribadito il principio – già espresso dalle Sezioni Unite – secondo cui la Pubblica Amministrazione non può avvalersi dell’arbitrato irrituale per risolvere controversie economiche, anche se relative a contratti stipulati con soggetti privati. Tale forma di risoluzione delle liti, infatti, è ritenuta priva di adeguate garanzie di trasparenza e legalità nella selezione degli arbitri, e quindi incompatibile con l’interesse pubblico che guida l’azione amministrativa.
Secondo i giudici, «la P.A. non può affidare la risoluzione della controversia a soggetti privati con potere di incidere sugli equilibri negoziali, in assenza di una procedura formalmente regolata e pubblica». Per questo motivo, sia in primo che in secondo grado, il lodo arbitrale era stato dichiarato nullo.
Tre motivi di ricorso, tutti respinti
Le cliniche avevano articolato tre motivi nel loro ricorso in Cassazione. In primis, lamentavano che la Corte d’Appello non avesse accertato correttamente la natura irrituale del lodo. In secondo luogo, sostenevano che l’arbitrato irrituale fosse ormai compatibile con il nuovo quadro normativo ed infine ritenevano errata la dichiarazione di nullità della clausola compromissoria.
Tutte le doglianze sono state respinte. La Suprema Corte ha ritenuto infondate le obiezioni e ha confermato la legittimità della decisione di merito già assunta a Catanzaro. La pronuncia richiama precedenti giurisprudenziali consolidati, secondo cui l’arbitrato irrituale non può essere strumento utile per le pubbliche amministrazioni, proprio per l’assenza di un iter di nomina trasparente degli arbitri.
Condanna per abuso del processo
Oltre al rigetto del ricorso, la Cassazione ha inflitto alle case di cura una condanna accessoria per responsabilità aggravata da abuso del processo, come previsto dall’art. 96 c.p.c. La decisione è stata presa in virtù della palese infondatezza del ricorso rispetto alla proposta di definizione anticipata formulata dal relatore, confermata in toto dalla sentenza. Le cliniche dovranno dunque rimborsare le spese legali sostenute dall’ASP di Cosenza.