Un anno dopo

«Aveva 17 anni, non ho il coraggio di dire a sua madre che non abbiamo ritrovato il corpo»: a Cutro i familiari delle vittime del naufragio

Tra le testimonianze all'incontro "Noi non dimentichiamo" promosso dalla Cgil e da Arci Crotone quella di Alidad Shiri, cugino di uno dei ragazzi morti nella strage del 26 febbraio: «Aveva il sogno di vivere libero. Siamo qui per chiedere verità e giustizia»

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di Redazione Cronaca
21 febbraio 2024
19:47

«Non è facile tornare. È una cicatrice che si riapre. Siamo qui a chiedere verità e giustizia che non abbiamo visto per una strage che era evitabile». Sono le parole di Alidad Shiri, giornalista di origine afgana che vive e lavora a Bolzano, intervenuto in rappresentanza dei familiari delle vittime del naufragio di Cutro nel quale ha perso un cugino di soli 17 anni.

Alidad Shiri è intervenuto all'incontro "Noi non dimentichiamo" promosso a un anno dalla strage di migranti dalla Cgil insieme ad Arci Crotone ed altre associazioni che si occupano del sociale. «Mio cugino - ha detto - aveva il sogno di vivere libero. Aveva 17 anni e dopo un anno non ho il coraggio di dire a mia zia che non abbiamo trovato il corpo. Se ci fosse una legge europea di ricongiungimento familiare le stragi come quella di Cutro si fermerebbero. Abbiamo chiesto il ricongiungimento, ma dal governo ci sono state solo parole».


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Filippo Miraglia, dell'Arci nazionale, nel corso della manifestazione, ha presentato un dossier sul naufragio di Cutro nel quale vengono ricostruite tutte le fasi dell'evento avvenuto il 26 febbraio del 2023. Miraglia ha evidenziato «la dignità dei famigliari delle vittime e dei superstiti che si contrappone al comportamento vergognoso e disumano del governo italiano. Non siamo disponibili ad avallare queste politiche del governo sui migranti, politiche fatte da gente che è stata eletta inculcando disumanità. Non staremo zitti».

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«Siamo qui - ha sostenuto Maria Grazia Gabrielli, segreteria nazionale Cgil - non solo per non dimenticare, ma per dire che un altro sistema è possibile. Bisogna cambiare approccio alle politiche migratorie perché non siamo davanti ad una emergenza e non servono misure di emergenza per tutelare la sicurezza nazionale».

«Tra narrazione e fatti - ha aggiunto - c'è un abisso. Si possono creare dei corridoi legali, fare entrare persone per studio, ricerca, lavoro. Qui invece si danno tanti soldi per l'accordo con l'Albania e si depotenzia il sistema di accoglienza che permette di includere e integrare persone».

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